Giovedì 13 Febbraio 2025
BEATRICE BERTUCCIOLI
Cinema e Serie Tv

Miriam Leone è Oriana Fallaci: “Così nasceva una stella”

L’attrice interpreta la giornalista e scrittrice degli anni ’50 e ’60 in una serie tv: "Ammiro il suo coraggio di donna e la sua continua ricerca della verità"

Miriam Leone interpreta Oriana Fallaci

Il piglio è già quello che ha poi sfoderato in tante occasioni, come inviata di guerra o intervistando i potenti della Terra, affermandosi come una delle firme del giornalismo italiano più note al mondo e come scrittrice tradotta in venticinque lingue e con venti milioni di copie vendute. Ma è un’Oriana Fallaci giovane, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, quella raccontata in Miss Fallaci, serie in otto episodi da cinquanta minuti, prossimamente su Paramount+. Ieri si girava la scena in cui Oriana fa ritorno nella casa di Firenze, ricostruita negli Studi di via Tiburtina, depressa per la fine della storia con Alfredo Pieroni, e convalescente dopo l’aborto spontaneo e il quasi suicidio, non si sa quanto casuale o voluto, provocato dall’ingestione di farmaci e alcol. Già protagonista del corto che ha ispirato la serie, ‘A cup of coffee with Marilyn’ di Alessandra Gonnella, Miriam Leone è Oriana Fallaci.

Miriam, quale Fallaci si racconta?

"È l’Oriana meno conosciuta, quella che, dopo l’esperienza come partigiana, deve farsi largo in un mondo completamente maschile. Prende in mano il suo destino e, da fiorentina caparbia, parte verso gli Stati Uniti. Quindi l’avventura di New York, la pubblicazione de ‘I sette peccati di Hollywood’ con la prefazione scritta addirittura da Orson Welles, suo primo grande successo internazionale che la consacra una star. Raccontiamo quindi una storia di formazione professionale e umana".

Come si è preparata?

"Tranne un’intervista, non esiste materiale video di questa fase che io chiamo ‘becoming Oriana’. Quindi ho soprattutto letto molto, visto foto, visitato la casa di Milano che il nipote Edoardo Perazzi, figlio della sorella Paola, unico erede, ha trasformato in una sorta di museo dove sono conservati l’archivio, gli oggetti e anche l’elmetto della Fallaci, la sua pelliccia. Comunque, l’ho dovuta in qualche modo anche immaginare".

Per la prima volta firma, con altri, la sceneggiatura. Come nasce questo nuovo tipo di impegno?

"Nasce da tanti anni di esperienza sul set, tanta serialità anche di qualità fatta con bravissimi sceneggiatori ai quali, a volte, ho un po’ rubato il mestiere e che mi hanno dato spesso la possibilità di dire la mia sui testi".

Ha trovato punti di contatto tra lei e la Fallaci?

"Era una donna molto impegnata nel lavoro e nella carriera, come sono stata io negli ultimi dodici anni. Mi ha fatto da specchio della mia vita personale, facendomi rendere conto che a volte tralasciavo delle cose, nei rapporti, per l’amore assoluto, pazzo, che provo per questo lavoro. Mi ha regalato una nuova consapevolezza".

Cosa la colpisce di più della Fallaci?

"Ammiro molto il suo grande coraggio, quello di una donna che, in quell’epoca, riusciva a far sentire la propria voce, uscendo dal coro delle mogli e delle madri, certo anche sacrificando molto. E poi questo continuo bisogno e ricerca della verità".

Recita con accento toscano?

"Sì, ma solo un pochino, perché all’inizio non parlava più di tanto fiorentino. Com’è successo a me che, andata via dalla Sicilia, cercavo di non parlare in siciliano, e non solo per il lavoro che faccio. È un modo di staccarsi dalla provincia. Di solito è più tardi, nella vita, che ci si riappacifica con le proprie radici".