Domenica 12 Gennaio 2025
COSTANZA CHIRDO
Cinema e Serie Tv

‘Here’, una graphic novel al cinema

Il film di Robert Zemeckis con Tom Hanks è basato sul “fumetto che ha cambiato la storia dei fumetti”

'Here'

'Here'

Roma, 12 gennaio 2024 – In un’intervista rilasciata al Los Angeles Times nel 1994, in occasione dell’uscita di “Forrest Gump”, il regista Robert Zemeckis aveva dichiarato che gli effetti speciali dei film, nella sua testa, non erano altro che “un’estensione dell’illusione del cinema”, e che nel futuro sarebbero stati “comuni quanto un microfono su un set”. Alla luce dell’arrivo nelle sale di “Here”, l’ultimo film di Zemeckis nei cinema italiani dal 9 gennaio, e, soprattutto, della sua ricezione da parte di critica e pubblico, l’affermazione del regista sembra avere una certa risonanza.

“Here” non è un film qualsiasi. Basato sul “fumetto che ha cambiato la storia dei fumetti” di Richard McGuire, la sua peculiarità è che la storia si svolge sempre nello stesso spazio, visto sempre dalla stessa prospettiva – “qui”, appunto – ma in intervalli temporali diversi. Si passa infatti dalla preistoria alla rivoluzione americana nel tempo di un cut tra una scena e l’altra, dal secondo dopoguerra alla pandemia di Covid e così via. L’intenzione di adattare questo tipo di graphic novel per gli schermi quindi era ambiziosa già in partenza. Del film già si discuteva prima che uscisse, principalmente per due motivi: il fatto che sarebbe stato basato su un’unica inquadratura, con la cinepresa ferma sempre nello stesso punto per circa un’ora e quaranta; e l’utilizzo dell’ I.A. per gli effetti speciali, in particolare per ringiovanire i due attori principali, Tom Hanks e Robin Wright, che nel film appaiono per un intervallo di tempo che copre quasi l’intera durata delle loro vite. Sempre questi due motivi sono infatti alla base delle recensioni, positive e negative, ora che il film è uscito.

L’utilizzo di un’unica inquadratura fissa è sicuramente, da un lato, spiazzante. Quasi sembra di assistere ad un’opera teatrale, messa in scena su un palco dove tutto succede e tutto cambia, ma che lo spettatore non può che osservare sempre dallo stesso punto. Una scelta registica interessante, forse una scommessa, che per molti non è riuscita però a superare il grande rischio che portava con sé: che il film risultasse statico, e di conseguenza, noioso. Sicuramente, una certa staticità c’è. Ma c’è anche un grande lavoro di editing creativo nel passare da una scena a un’altra, che riprende stilisticamente la grafica del fumetto attraverso l’apparizione di riquadri che, come finestre su un’altra dimensione, mostrano cosa succede in quello stesso spazio – che nel film è principalmente un salotto – in momenti diversi nel tempo. Il tutto è reso poi dinamico ovviamente dall’azione, i personaggi, la musica, l’attenzione per i dettagli che riempiono quello spazio. Ma per alcuni non è stato abbastanza per intrattenerli.

Anche l’utilizzo degli effetti speciali, di cui Zemeckis è stato pioniere, non è stato risparmiato dalla critica. L’effetto dell’I.A. utilizzato per ringiovanire Hanks e Wright è stato definito “brutto”, così come altri dettagli che a livello estetico forse non sono risultati abbastanza realistici. La verità è che probabilmente il pubblico è ormai abituato agli effetti speciali del cinema, e ciò che poteva stupire negli anni ’90 adesso non ha più lo stesso impatto agli occhi dello spettatore e risulta quasi scontato. Forse le aspettative dinanzi al nuovo film del regista pluripremiato erano troppo alte. “Here” però non è un film pretenzioso. È la trasposizione su schermo di una storia che offre un punto di vista diverso, quello di uno spazio, e suscita riflessioni su come esso possa cambiare nel tempo, a seconda di chi lo abita, e del valore che gli viene attribuito.

“Here” è una foresta, una strada, e molto altro prima di diventare il salotto di una casa che verrà vissuta in modi diversi da diversi personaggi, e cambierà con loro. Che questo tipo di prospettiva possa piacere o meno è ovviamente soggettivo, ma forse anche quello è un giudizio che con il tempo può cambiare. La stessa Margaret (Robin Wright), più volte parla di voler cambiare casa, di trasferirsi da un’altra parte, finché non lo fa veramente.

Ma alla fine del film, Richard (Tom Hanks) porta Margaret a rivedere quel salotto. I due sono ormai vecchi, la casa è in vendita, e Margaret è affetta da Alzheimer e dura fatica a ricordare molte cose. Ma quel salotto dove ha trascorso così tanto tempo e che per così tanto tempo ha voluto lasciare lo ricorda, e il film si conclude con un close-up su di lei che, commossa, dice: “Mi ricordo qui. Mi piace qui”.