Venerdì 25 Ottobre 2024
GIOVANNI BOGANI
Cinema e Serie Tv

Giovanni Veronesi sciatore mancato: “Volevo essere Thoeni, ora lo racconto al cinema”

Il regista porta in sala il doc ’La valanga azzurra’ sui campioni degli anni Settanta

Il regista Giovanni Veronesi

Il 62enne Giovanni Veronesi ha diretto commedie di successo come ’Maramao’, ’Viola bacia tutti’ e ’Manuale d’amore’

Roma, 24 ottobre 2024 - Giovanni Veronesi, il regista di ’Manuale d’amore’ e di ’Romeo è Giulietta’, una delle più interessanti commedie di questa stagione, lo sceneggiatore di tanti film di Francesco Nuti, stava per diventare tutta un’altra cosa. Uno sciatore. “Ogni fine settimana, da ragazzino, andavo a fare le gare. Amavo lo sci alla follia: e lo amavo per via di quei campioni, Gustav Thoeni, Piero Gros, Paolo De Chiesa. Le leggende della valanga azzurra. Volevo essere come loro. E stavo diventando bravino, quando in una gara mi sfracellai orrendamente, davanti agli occhi di mia madre”, dice. “Da allora, la mia carriera di sciatore è finita. Davanti a un ‘Ora basta!’ così deciso, pronunciato da mia madre”.

Adesso, tanti anni dopo, Giovanni è tornato a quell’amore, allo sci alpino. Ma da regista. Ha diretto il film ’La valanga azzurra’. Un documentario in cui ripercorre la storia di quelle leggende, che hanno segnato la storia dello sport italiano. Ma sentiamola, questa storia, nelle sue parole.

Giovanni, da dove è nata la voglia di raccontare quegli sciatori, quei campioni, e insieme a loro quell’epoca?

“È nata dalla proposta di un produttore coraggioso, Domenico Procacci. Ma è nata anche da quel me stesso bambino, il me stesso che guardava alla televisione, in bianco e nero, quei campioni scendere sulle piste bianchissime. E pensava: ‘Io voglio essere loro’. Volevo essere Thoeni, volevo essere Gros. Volevo essere tutti”.

Che cosa rappresenta, la “valanga azzurra”, nella storia dell’Italia degli anni ’70?

“Rappresenta il momento irripetibile in cui uno sport d’élite diventò uno sport di massa. In cui tutti gli italiani sognavano di scendere, danzando sugli sci. In cui gli italiani tifavano per Thoeni o per Gros come per Coppi e Bartali o per i Beatles e i Rolling Stones”.

È anche lo strano caso di uno sport individuale vissuto come uno sport di squadra. Com’è stato possibile?

“È stato uno strano miracolo: ognuno sciava per sé, ma al di là della competizione, erano tutti anche molto uniti. Quei campioni scendevano, sì, ognuno da solo, a tu per tu col cronometro e con la neve. Ma poi, sul podio, si trovavano ad abbracciarsi, insieme. Come in quella irripetibile gara di Coppa del mondo del 1974, quando ai primi posti ci furono cinque sciatori italiani. Lì nacque il termine ‘valanga azzurra’, coniato da un giornalista del Corriere della Sera”.

Gustav Thoeni, il capostipite della valanga, il primo ad affermarsi internazionalmente, è anche notoriamente schivo. Come ha fatto, Giovanni, a farlo parlare?

“È stata molto dura. Sono andato nel suo hotel, l’ho fatto bere molto, l’ho invitato a fare molti brindisi, sperando che si aprisse: ma il risultato è stato che mi sono ubriacato io! Allora, ho aspettato. Abbiamo parlato di tutto, abbiamo giocato a scacchi, siamo stati in silenzio insieme. E alla fine abbiamo parlato di sci, di quel periodo travolgente e irripetibile”.

Con Piero Gros com’è andata? “Molto bene: gli ho detto subito che avrei voluto essere lui, la stessa cosa che ho detto a Gustav Thoeni, ma lui non lo sapeva. E mentre parlavo con lui, vedevo ancora il diciottenne che vinceva la Coppa del mondo nel 1973: con i capelli lunghi, spavaldo, con uno stile ‘barbaro’ nello sci, ma così efficace”.

La storia della valanga azzurra è stata anche segnata da molti incidenti.

“Esattamente. Erano tempi in cui le reti di contenimento a bordo pista quasi non esistevano, o erano balle di paglia dure come la pietra. È una storia di ossa rotte e di cadute: come quelle di Franco Bieler, che racconta tre incidenti terrificanti, con altrettanti voli sull’elicottero di soccorso per precipitarsi al più vicino ospedale. Ed è anche la storia di Leonardo David, della sua caduta a Cortina d’Ampezzo nel 1979, poi la sua seconda caduta, pochi giorni dopo, quando non avrebbe dovuto sciare. E gli anni di coma, fino alla fine”.

È anche la storia di un grande allenatore amatissimo. E di un grande manager, non sempre amato.

“È la storia di Oreste Peccedi, l’allenatore, cui il film è dedicato. Un allenatore che ha dato tutto per quei ragazzi, e che si stringeva al cuore il ricordo del giorno in cui se ne è andato: ‘Tutti, ma proprio tutti, mi hanno detto grazie, ed è questo il mio premio più grande’, diceva. Ed è anche la storia di Mario Cotelli, un manager anche duro, polemico, ma che ha saputo dare risalto mediatico a questi ragazzi”. Il film ’La valanga azzurra’ uscirà nelle sale come evento speciale oggi e domani 23 ottobre.