Nella notte dei Golden Globe Awards, i premi cinematografici più importanti dopo gli Oscar, trionfa il musical transgender coraggioso, almodovariano, ad alta densità di emozioni Emilia Pérez. Ma l’emozione più grande è quella di Demi Moore, che a 62 anni vince come miglior attrice in un film commedia o musical per The Substance, in cui è una diva televisiva che il terrore dell’invecchiamento porta a sperimentare una misteriosa sostanza, che le permette di ritornare la se stessa ventenne. Che, nel film, è interpretata da Margaret Qualley. "Sono sotto shock. Faccio questo lavoro da 45 anni. Questa è la prima volta che vinco qualcosa come attrice", ha detto Demi Moore. E incredibilmente, è vero: aveva ricevuto altre tre nomination ai Globes, senza mai vincere. Non è mai stata nominata agli Oscar, e non ha neanche vinto a Venezia o a Cannes. "Trent’anni fa – ha proseguito, in un discorso che ha commosso molti – un produttore mi disse che ero un’attrice da popcorn movies. E mi convinsi che potevo fare film di successo, ma che non avrei mai ottenuto un riconoscimento. Questa cosa mi ha corroso nel tempo, fino a quando, qualche anno fa, ho pensato che ero arrivata al capolinea".
Demi Moore è stata uno dei simboli del cinema degli anni ’90, corpo e volto innocente e desiderabile in Ghost, fedele ma vacillante in Proposta indecente, erotica ed eroica in Soldato Jane; seducente, aggressiva e nuda in Striptease. Ed è coraggiosamente nuda, splendida sessantenne, anche in The Substance, film disseminato di specchi, telecamere, persino pomelli di maniglie che riflettono la propria immagine. A ricordarci che, in questi tempi, esistere è soprattutto essere visti. È la rivincita di Demi Moore, questa affermazione ai Globe. Il punto esclamativo su una interpretazione in cui riesce a raccontare la paura, la rabbia, l’incrinatura della sicurezza implicita nell’invecchiare. Uno dei fantasmi del nostro tempo. Demi Moore racconta, in forma di parabola body-horror, la fascinazione, la fede pagana che la nostra società ripone nelle creme anti-età, nella liposuzione, nelle protesi, nei ritocchini, nella farmacologia cosmetica. Ma ci sarà sempre il momento in cui qualcosa rivelerà che la nostra partita col tempo sta continuando, e che vincerà lui.
Niente premi per Vermiglio, candidato per il miglior film internazionale, categoria in cui ha vinto Emilia Pérez. L’Italia si consola con il premio alla miglior colonna sonora a Trent Reznor e Atticus Ross per Challengers di Luca Guadagnino. Intanto C’è ancora domani di Paola Cortellesi è tra i 207 lungometraggi ammessi alla corsa per l’Oscar per miglior film dell’anno: il 17 gennaio saranno annunciati i titoli che andranno alla 97ª notte delle stelle, il 2 marzo.
Premiata Zoe Saldaña come migliore attrice non protagonista, per la sua stratosferica interpretazione in Emilia Pérez. Nel musical di Jacques Audiard, Zoe – che, da Avatar in poi, è stata prigioniera di vari cinematic universes – riesce finalmente a esplodere nel suo immenso talento. Canta, balla le coreografie secche e nervose del film, interpreta con credibilità il ruolo chiave dell’avvocatessa che diviene complice, confidente, amica dell’ex narcotrafficante divenuto Emilia.
Sorprese e delusioni. Brady Corbet viene premiato per la regia di The Brutalist, film-fiume sul sogno di un architetto ebreo negli Stati Uniti. Adrien Brody è stato premiato come miglior attore drammatico per il medesimo film. Fernanda Torres viene premiata come miglior attrice per Ainda estou aqui, il film di Walter Salles sui desaparecidos brasiliani, e batte star come Tilda Swinton e Angelina Jolie. Sebastian Stan vince il Globe per A Different Man, ma non per The Apprentice, il film su Donald Trump giovane, per il quale era ugualmente nominato.
Fra le serie tv, trionfa Shogun, con quattro Globes, mentre The Bear porta a casa solo il premio come miglior attore per Jeremy Allen White. Come miglior attrice in una miniserie o film tv, Jodie Foster vince il suo quinto Globe. All’annuncio, l’ironia di Sofia Vergara: "Nooooo... di nuovo?".