Cannes, 25 maggio 2024 – Prevedere il giudizio e cogliere in anticipo la Palma è solo esercizio di fantasia. Anche se la composizione di quest’anno, presidente Greta Gerwig, può far ben sperare. Se la Giuria segue ragione e sentimento la Palma andrà a Emilia Pérez del francese Audiard, il film più sorprendente, vitale, ironico per tutte le platee; se a prevalere è l’opportunità di sostenere una causa andrà invece a I semi di fico selvatico di Rasoulof in cui attraverso una drammatica vicenda familiare si rammentano le distorsioni del regime iraniano. Se poi la chiave comune non venisse trovata potrebbe uscire a sorpresa vincitore il vecchio Coppola o addirittura una delle opere prime femminili.
Ecco le pagelle
Diamante Grezzo di Agathe Riedinger: 7. Ventenne, bellezza acerba, disagio sociale, trepide pulsioni: sogna di sfuggire agli impicci di una vita povera. Il casting di un reality è solo un miraggio? Interprete strepitosa. Convincente opera prima.
The Girl with the Needle di Magnus Von Horn: 4. 1918: abiezione morale postbellica a Copenaghen. Infanticida seriale specula sulla sofferenza di ragazze madri. Florilegio di umiliazioni, abusi e crudeltà: vano grand guignol. Bianco e nero inutilmente prezioso.
Bird di Andrea Arnold: 7. Provincia inglese, famiglia disfunzionale, pelle tatuata. Dodicenne ribelle appassionata di ornitologia si concilia con la propria femminilità grazie a un androgino alato. Più curioso che coinvolgente.
Megalopolis di Francis Ford Coppola: 7. Il sogno folle, barocco di un ottantenne visionario. Roma antica trapiantata in una New York gotica. Anarchico tourbillon di effetti, citazioni, numeri musicali. Eccesso paralizzante. Stupisce ma non incanta.
Tre chilometri alla fin del mondo di Emanuel Parvu: 6. In un remoto villaggio romeno un’aggressione notturna cela un’omofobia radicata. Storia dolorosa e lacerante di repressione. Famiglia, Chiesa, Istituzioni, Polizia uniti da oscurantismo radicato.
Kind of Kindness di Yorgos Lanthimos: 7. Stone e Dafoe senza gli orpelli di "Povere creature!". New Orleans: tritico glaciale all’humor nero che mette in gioco libero arbitrio, dipendenza affettiva e autorità. Fascio di luce sul fondo nero dell’anima. Conturbante.
Oh Canada di Paul Schrader: 6. Un celebrato documentarista intervistato in punto di morte svela il lato oscuro della sua vita. Il tormento della colpa, il valore della confessione. Il cinema come menzogna. Magnifico regista in pausa.
Emilia Pérez di Jacques Audiard: 9. Folgorante melodramma musicale. Un temibile narcotrafficante messicano vuole diventare donna. Ci riesce, si redime e cambia vita. Cambiare il corpo per cambiare il mondo. Ironia e divertimento tra note e canzoni.
Caught by the Tides di Jia Zhang-Ke: 9. Ventennale odissea di una cantante alla ricerca dell’uomo che l’ha abbandonata. Non ne valeva la pena. Sullo sfondo le trasformazioni epocali che hanno rubato l’anima della Cina e creato un senso di perdita collettivo.
Limonov, la ballata di Kirill Serebrennikov: 8. Limonov, teppista letterato, eroe e canaglia. Colpi d’ala e sbandate del controverso personaggio raccontatati, sulla scia di Carrère, dal miglior regista russo vivente. Né disprezzo né simpatia. Frenesia dell’anima russa.
The Substance di Coralie Fargeat: 6. Body-horror estremo ma superpatinato. Demi Moore si tramuta in Margaret Qualley. Grazie a un prodotto medico segreto tornano forza e bellezza. Effetto a tempo, conseguenze devastanti. Più scaltro che efficace.
The Apprentice di Ali Abbasi: 4. Apprendistato e prima ascesa dell’immobiliarista Donald Trump. Ammansire sindaci e giudici è il suo hobby preferito. Biopic parziale di un futuro politico senza scrupoli. Scolorito tv movie. Guai in vista per lo stupro di Ivana.
The Shrouds di David Cronenberg: 6. I sudari son desideri. un vedovo inconsolabile attraverso un sudario digitale connesso osserva la decomposizione del cadavere della moglie. Ossessioni familiari nascoste e complotti internazionali. Cronenberg autunnale.
Marcello mio di Christophe Honoré: 6. Dramma familiare giocoso, ma non troppo. Chiara Mastroianni oppressa dalla figura paterna si traveste da Marcello con l’aiuto della madre Deneuve. Difficile scrollarsi di dosso una famiglia ad alto tasso di talento.
Anora di Sean Baker: 6. New York: lap-dance-girl sposa il figlio di un oligarca russo perennemente sbronzo. Denaro, alcol e coca a volontà. Gli scagnozzi di famiglia vogliono annullare l’atto. Commedia dal cuore di favola a tratti esilarante. Manca Billy Wilder.
Parthenope di Paolo Sorrentino: 8. Il coacervo delle anime di Napoli attraverso una figura di donna che rinnova il mito della sirena suo simbolo. Vertiginoso flusso d’immagini che illumina che acceca. Cinema di maniera e compiaciuto. Sorrentino se lo può permettere.
Grand Tour di Miguel Gomes: 8. Anni ’20 del 900 ma anche oggidì. Un’odissea asiatica ipnotica. Un funzionario britannico attraversa le colonie del regno scappando da una fidanzata decisa a sposarlo. Sperimentazione ininterrotta di storie, forme, tecniche, mezzi.
Motel Destino di Karim Aïnouz: 8. Brasile tropicale. In un motel immerso nel nulla dove ci si reca per scaricare le pulsioni erotiche più estreme l’arrivo di un giovane in fuga mette in crisi l’equilibrio della coppia che lo gestisce. Thriller dai coloro sgargianti. Insolito.
L’amour ouf di Gilles Lellouche: 4. Melò sentimentale. Pretenziosa sinfonia di muscoli tesi e cuori spezzati: lui alle banchine del porto, lei sui banchi del liceo. Impossibile separare due ventricoli di un unico cuore. Blockbuster inutilmente fracassone.
All we imagine as light di Payal Kapadia: 7. Tre infermiere di Mumbai, diverse per età e censo ma unite da solidale amicizia, si ritrovano ai bordi della foresta che lambisce l’oceano al sud dell’India. Luogo magico che risveglia loro l’anima. Opera prima ammaliante.
Semi di fico selvatico di Mohammad Rasoulof: 8. Teheran. Giudice istruttore del tribunale rivoluzionario si scontra con moglie e figlie decise a esprimere il loro parere. Appassionante dramma familiare sullo sfondo delle recenti proteste femminili. Coraggioso inno alla libertà.
La più preziosa delle merci di Michel Hazanavicius: 6. Cinema d’animazione raffinato ma inerte. Favola amara per raccontare l’odio antisemita che attraversa l’Europa all’epoca dell’olocausto. Progetto ammirevole con passaggi toccanti. Voce del narratore J.L.Trintignant.