Cannes, 25 maggio 2024 – Questa sera, durante la cerimonia di premiazione, riceverà la Palma d’oro d’onore. Venerdì pomeriggio, nella salle Debussy strapiena, George Lucas ha ricevuto una standing ovation di quelle memorabili. E si è raccontato al pubblico. Il direttore del festival, Thierry Frémaux, lo presenta senza lesinare i superlativi: "Ha rinnovato il cinema di Hollywood, e del mondo intero", dice. E in effetti, Lucas, 80 anni compiuti dieci giorni fa, qualche cosetta per rinnovare il cinema l’ha fatta. Ha creato la saga di Guerre stellari, ha ideato Indiana Jones per poi affidare la regia dei film all’amico Steven Spielberg, ha prodotto gli ultimi capolavori di Kurosawa. E ha venduto alla Disney la sua Lucasfilm per una cifra da capogiro.
"Ma noi non volevamo fare soldi: volevamo fare cinema", ripete durante l’incontro. "Noi" sono i cosiddetti “movie brats“, i ragazzi che hanno cambiato Hollywood all’inizio degli anni ’70. "Eravamo io, Coppola, Spielberg, Schrader, tutti giovani, tutti con una voglia incredibile di fare film. È stato Easy Rider, costato pochissimo e diventato un enorme successo, a permetterci di esordire come registi. Gli Studios avevano capito che quel fenomeno poteva ripetersi: è stata la nostra grande occasione". È sempre dall’adolescenza che si parte: è sempre lì, il nucleo di ogni cosa. Anche per George Lucas. "Ero un ragazzo di provincia, nato a Modesto, in California, una cittadina dove c’erano solo due sale cinematografiche. Non sapevo niente del cinema: poi sono andato a Los Angeles, ho fatto una scuola d’arte, ho studiato fotografia. Ho scoperto che insegnavano il cinema all’università! Fu una folgorazione. Da quel momento, non pensai che al cinema".
"Che cosa serve a un regista? Una dote soltanto: la tenacia". Perseverance è la parola che usa. "Sono sempre stato un ragazzo testardo. Ho fatto un cortometraggio di fantascienza, THX 1138, nel 1971. Fu preso a Cannes: ma la produzione non ci pagò il biglietto d’aereo per accompagnare il film. Racimolai un po’ di soldi per arrivare a Cannes. A Cannes il mio film lo davano in una sala minuscola. Entrai senza biglietto, di nascosto, alla prémière. E non partecipai alla conferenza stampa, perché non sapevo che cosa fosse una conferenza stampa!".
Nel frattempo, diventa amico di un ragazzo appena più grande, Francis Ford Coppola. "Ho fatto il suo assistente per diversi anni: eravamo gli unici nelle maestranze con meno di 60 anni! Poi, per fortuna, negli Studios qualcosa cambiò". Nel ’69, insieme a Coppola, fondano la Zoetrope. Poi la svolta, la scommessa di American Graffiti: "Andavo agli Studios a proporre il mio film, nessuno ne voleva sapere, poi alla Universal accettarono, con molte perplessità. Uscì dapprima in 30 sale, d’agosto, il mese peggiore: ma insospettabilmente fece 25 milioni di dollari in un weekend, rimase nei cinema per oltre un anno, e divenne un successo da 100 milioni di dollari incassati!".
Come nacque Guerre stellari? "Francis stava girando Il padrino, lo Studio voleva cancellare il film, lui era disperato. Io pensavo di fare un film da Flash Gordon, ma i produttori non me lo volevano far fare: “lo daremo a Fellini“, dicevano. Capii che dovevo farlo da solo. E scrissi Guerre stellari, che all’inizio uscì in poche sale: ma come per American Graffiti, al pubblico piacque. E io, nel frattempo, avevo già scritto il sequel. Qual è il segreto che esce da tutta questa storia? Persistere. Spingere, spingere senza arrendersi. Io non faccio film per i soldi: non ditelo a nessuno, ma io i film li avrei fatti anche gratis! Li faccio per il cinema, e per il pubblico".