Mercoledì 11 Dicembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

‘Buy Now’ di Netflix svela i lati oscuri del consumismo

Sia le aziende che i consumatori hanno responsabilità nelle distorsioni attuali del mercato

Shopping- Crediti iStock Photo

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Roma, 11 dicembre 2024 – Sono in tanti coloro che provano un brivido di piacere quando mettono mano al portafogli e fanno un nuovo acquisto. Che si tratti di borse firmate, capi di abbigliamento, gadget tecnologici all'avanguardia o qualsiasi cosa sugli scaffali, c'è sempre un altro articolo in vendita che sembra fatto appositamente per soddisfare, all’istante, i propri gusti ed esigenze. Ma la maggior parte degli articoli, oggi, ha breve durata. E, a quanto pare, tutto questo è progettato ad arte. È quello che emerge dal documentario ‘Buy Now! The Shopping Conspiracy’, disponibile su Netflix, uscito in Italia con il titolo ‘Buy Now – L’inganno del consumismo’.

Fenomeno preoccupante

I numeri presentati nel documentario fanno impressione: ogni anno grandi gruppi aziendali attivi nell’abbigliamento introducono migliaia di nuovi capi. Ci sono poi le nuove imprese di fast fashion che vendono solo online e che arrivano a produrre oltre un milione di articoli in dodici mesi. Se un tempo la moda si seguiva con collezioni stagionali, oggi ogni settimana escono nuove linee. Il che ha un impatto devastante sull’ambiente. Grazie a simulazioni basate sull’intelligenza artificiale, si è ipotizzato che nel 2050, con il ritmo di produzione attuale, si produrrà il doppio di quanto si fa oggi. Le conseguenze sono devastanti: in prospettiva, intere città, come Tokyo, verrebbero riempite solo con scarti tessili.

Discariche a cielo aperto

Il documentario rompe il velo dell'illusione, rivelando il lato oscuro del nostro stile di vita. Con una narrazione distaccata e glaciale, il lungometraggio conduce lo spettatore in un viaggio tra montagne di rifiuti, spiagge invase da vestiti scartati e discariche abusive nei luoghi più remoti del mondo. Non si tratta solo di puntare il dito contro le multinazionali. ‘Buy Now’ mette il pubblico di fronte alle responsabilità individuali, svelando il ruolo di acquirenti e consumatori in un sistema che ci spinge a comprare, accumulare e gettare senza sosta. Ex dipendenti e dirigenti di colossi del mercato che si rivelano “pentiti”, rivelando i meccanismi di marketing che sfruttano le debolezze delle persone per indurle a consumare, promettendo felicità e soddisfazione illusoria. E dietro ci sono tante menzogne. Si pensi, per esempio, a quelle politiche aziendali che offrono sconti in cambio di vestiti usati promettendo di riciclarli. Peccato che la realtà sia ben diversa: la maggior parte di questi vestiti finisce in discariche, come quelle sulle spiagge del Ghana, dove ogni settimana arrivano più di 15 milioni di indumenti. Tanto che il Paese africano che sta diventando la più grande discarica di abiti al mondo.

Obsolescenza programmata

In ‘Buy Now’, inoltre, viene denunciata anche la pratica dell’obsolescenza programmata, secondo cui i prodotti vengono progettati per durare poco al fine di incentivare nuovi acquisti. Un ex ingegnere di una grande azienda tecnologica racconta come alcuni dispositivi, nella sua precedente compagnia, fossero progettati appositamente con batterie a vita limitata o non rimovibili. Ogni anno vengono "gettati via" milioni di telefoni e dispositivi elettronici, contribuendo a un problema che non si limita solo alle discariche locali, ma che coinvolge anche l’esportazione illegale di rifiuti elettronici in Paesi come la Thailandia, dove vengono smaltiti in condizioni tossiche e pericolose.

Riflessioni collettive

Il documentario invita a riflettere tutti – aziende e consumatori – sulla necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui vengono prodotti e consumati i beni, per tutelare l’ambiente e le nuove generazioni. Come sottolineato da un esperto di business come Paul Polman, finché il successo sarà misurato solo in termini di crescita dei profitti e della produzione, si continuerà a peggiorare la situazione. I danni ambientali causati dai rifiuti non si fermano nelle discariche, ma si disperdono nell’ecosistema, provocando malattie e danni irreversibili. Per affrontare questo problema, è necessario puntare a un modello di produzione che favorisca la durabilità, la riparabilità e la sostenibilità di prodotti e servizi, anziché continuare a produrre senza pensare alle conseguenze per il pianeta e le nuove leve.