17 ottobre: il Financial Times pubblica la notizia che ad agosto la Cina avrebbe testato un missile ipersonico, capace di fare il giro del mondo per diverse volte alla velocità del suono, con una traiettoria cangiante. Missile che sarebbe in grado di trasportare una testata nucleare. Secondo il quotidiano britannico il test di agosto avrebbe mancato l’obiettivo di 32 chilometri, ma non è questo il punto: il punto è la padronanza della tecnologia, che ha sorpreso – sorpreso è dir poco – i servizi statunitensi. "Siamo preoccupati dalle capacità militari di Pechino che aggravano le tensioni in Asia e nel mondo, questo è il motivo per il quale abbiamo definito la Cina la nostra sfida numero uno", è la dichiarazione del Pentagono al Financial Times.
18 ottobre: il film che ha incassato di più nel mondo in questo momento non è l’ultimo della saga di James Bond, No Time To Die, e neanche il Marvel made in Usa ma acchiappa-fan asiatici Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, né il blockbuster horror statunitense Venom 2. È un film che racconta la battaglia in cui un gruppo di soldati cinesi sconfigge le truppe americane nonostante la grande disparità di mezzi durante la guerra di Corea del 1950-1953. In poco più di due settimane dall’uscita, La battaglia del Lago Changjin ha guadagnato oltre 769 milioni di dollari (dati aggiornati a ieri di Box Office Mojo), record al botteghino mondiale. Molto più avanti in classifica sia di No Time to Die, che di milioni di dollari ne ha incassati finora 447, sia di Shang-Chi (414), o Venom, 284. Va anche detto, però, che il botteghino mondiale in cui domina La battaglia del Lago Changjin è in realtà il “solo“ botteghino cinese, visto che il kolossal è uscito solo nel suo sterminato Paese e in nessuna altra parte del pianeta. Ma tanto basta (la Cina conta una popolazione di oltre 1,4 miliardi di persone; una percentuale infinitesimale vede, forse, film sulle piattaforme streaming) a farne l’imperatore – in questo weekend – degli incassi globali terrestri.
I motivi sono parecchi: come scrive il New York Times, Sun Hongyun, un professore associato all’Accademia del cinema di Pechino, ha definito il film "una straordinaria e perfetta collusione di capitale e propaganda politica". La produzione da 200 milioni di dollari ha ricevuto il sostegno diretto del Partito comunista cinese: 70mila soldati dell’Esercito popolare di liberazione hanno recitato come comparse. Il kolossal – la cui uscita prevista ad agosto era stata rimandata ufficialmente per il Covid – ha debuttato il 30 settembre, in concomitanza con le festività legate alla Festa nazionale della Repubblica, nell’anno in cui il Partito Comunista Cinese celebra il suo centesimo anniversario: gli alti funzionari hanno pubblicizzato la visione del kolossal al pari di un dovere patriottico. Sempre in occasione dell’uscita della Battaglia, i produttori della pellicola si sono strettamente coordinati con le autorità che controllano rigidamente il numero e il tipo di film che possono essere distribuiti: in questi giorni, in Cina, non ci sono né 007 né Dune.
Diretto da tre registi (Chen Kaige, molto noto anche da noi per Addio mia concubina, Palma d’oro a Cannes nel ’93; poi Hark Tsui e Dante Lam), vede tra i protagonisti Wu Jing, già regista e interprete di Wolf Warrior, film d’azione a tema militar-patriottico di gran successo popolare (238 milioni di dollari in una settimana), tanto che per il loro stile sempre più aggressivo, i nuovi diplomatici cinesi – proprio grazie alle pellicole di Wu Jing – sono chiamati ora col nome di “guerrieri lupo”. Infine: vietato criticare l’opera. Il giornalista Luo Changping che via social ha espresso perplessità di ordine storico – gli Stati Uniti non si sono mai dichiarati sconfitti nella Battaglia del bacino di Chosin –, prima ha dovuto chiedere scusa, poi è stato comunque arrestato per “insulto ai martiri”.
L’attacco cinese agli Usa è frontale, la parola d’ordine è risollevare l’orgoglio nazionale (anche al di fuori dei confini), pure alla luce della questione Taiwan. Se non è – solo – col missile ipersonico, intanto la sfida di Pechino a Washington sta passando da Hollywood: nella scacchiera dove si gioca la partita per il dominio degli incassi cinematografici mondiali, gli Usa e la Cina finora non hanno potuto fare a meno gli uni dell’altra. Hollywood – che se non fa film di regime, in colonialismo culturale non scherza – si va adattando sempre più ai gusti del mercato della Repubblica popolare, vedi l’ultimo Shang-Chi della Marvel. La Cina abbraccia stilemi kolossal d’azione tipicamente Usa. Chissà se ora la vittoria della Battaglia del Lago Changjin – anche al cinema – continuerà ad essere rivendicata da entrambi gli eserciti in campo.
Chiara Di Clemente