Il successo mondiale della serie tv 'Chernobyl' ha riacceso l'attenzione sul tema del nucleare, che porta con sé dubbi e timori sempre vivi. Ad arricchire il dibattito, arriva ora il lavoro di un team della Columbia University, che ha condotto delle indagini nelle Isole Marshall, nell'Oceano Pacifico, dove gli Stati Uniti hanno condotto decine di test atomici dopo la seconda guerra mondiale. Il responso, pubblicato in due diversi studi, è che in alcune zone i livelli di radioattività superano quelli lasciati in eredità proprio dal disastro di Chernobyl.
Test nucleari made in USA
Tra il 1946 e il 1958 le Isole Marshall, che oggi sono una repubblica indipendente dell'Oceania, hanno ospitato 67 esperimenti atomici ad opera dell'esercito statunitense, all'interno di quello che era stato nominato Pacific Proving Grounds. Tra questi, il più famoso fu il "Castle Bravo", con sede nell'atollo di Bikini, che risulta ancora oggi il più grande test nucleare mai condotto dagli Stati Uniti. Nonché uno dei più controversi: la detonazione avvenne infatti senza evacuare gli atolli vicini, che furono investiti dal fallout radioattivo, con conseguenze per la popolazione locale.
Isole radioattive
In 38 campioni di suolo prelevati da 11 isole diverse, il gruppo della Columbia University ha rilevato la massiccia presenza di elementi radioattivi, tra cui due tipi di plutonio, il cesio e l'americio. In diversi luoghi, proprio l'isotopo americio-241 abbonda più di quanto riscontrato a Chernobyl tramite le misurazioni del 2009. Com'era facile attendersi, la più alta dose di radiazioni riguarda specificamente l'atollo Bikini, dove sono emerse contaminazioni da plutonio fino 1000 volte superiori rispetto a Chernobyl o Fukushima.
Peggio di Chernobyl
I ricercatori hanno inoltre scoperto che diversi frutti contengono una quantità di cesio-137 che sfora gli standard di sicurezza imposti dalla comunità internazionale. Per rendere l'idea, in alcune isole i livelli di questo isotopo sono maggiori di quelli trovati a Chernobyl a 10 anni dall'incidente. Nel complesso, i dati raccolti documentano che quattro isole settentrionali, ossia Runit, Enjebi, Bikini e Naen, sono più contaminate delle aree limitrofe alla centrale di Chernobyl. Per fortuna, le località in questione sono per la maggior parte disabitate: gli scienziati avvertono tuttavia che gli abitanti delle altre isole dovrebbero evitare di passare tempo in quei siti. I risultati dello studio sono stati pubblicati su PNAS, qui e qui.