Giovedì 9 maggio esce nelle sale cinematografiche italiane il film documentario 'Che fare quando il mondo è in fiamme?', con il quale il nostro Roberto Minervini continua il suo attento e validissimo racconto degli Stati Uniti e grazie al quale ha l'occasione di affrescare uno spaccato dell'irrisolta questione razziale. Un lavoro che è stato accolto molto bene al Festival del Cinema di Venezia 2018 e che merita di essere visto, anche se verrà distribuito in relativamente poche sale. CHE FARE QUANDO IL MONDO È IN FIAMME?, IL FILM Girato in un bellissimo bianco e nero, il documentario segue alcune storie parallele che fanno da controcanto ai cruenti omicidi avvenuti nel Sud degli Stati Uniti durante l'estate del 2017: uccisioni di afroamericani compiute da bianchi ed ennesimo campanello d'allarme di un razzismo mai completamente sopito. Queste storie si svolgono a Baton Rouge, capitale della Louisiana. LO SGUARDO DI ROBERTO MINERVINI Come già evidenziato grazie a titoli molto apprezzati come 'Low Tide' (2012), 'Stop the Pounding Heart' (2013) e 'Louisiana: The Other Side' (2015), Roberto Minervini ha messo a punto uno stile di regia che sfocia nel film etnografico: ha infatti la rara capacità di farsi accettare da comunità e persone ai margini, spesso diffidenti nei confronti di chi arriva da fuori, e di riprenderle con grande onestà e naturalezza. Per certi versi sa di essere lo spettatore privilegiato di situazioni sconosciute al proprio pubblico e realizza i suoi film in modo da coinvolgere anche noi in questa visione intima. IL TRAILER 'CHE FARE QUANDO IL MONDO È IN FIAMME?': LE RECENSIONI In media il documentario di Minervini è stato accolto positivamente, grazie soprattutto alla sua capacità di mettersi accanto ai protagonisti, senza giudicarli dall'alto e senza farli diventare il megafono di un discorso che non appartiene loro: è la logica del cinema etnografico ed è rispettata anche in questo caso. Alcune perplessità sono state avanzate perché in certi momenti sembra che Minervini eviti consapevolmente alcune delle ambiguità e sfaccettature che gli si presentano: un comportamento comprensibile, perché era necessario dare uniformità a un documentario che, in fondo, dura un paio d'ore e non può allargare troppo lo sguardo. Ma insieme un comportamento che ha lasciato alcuni critici insoddisfatti, come se avessero assistito a un film con più potenzialità di quelle effettivamente espresse. Leggi anche: - Blinded by the Light, il film con le canzoni di Bruce Springsteen - Willow, il sequel in una serie tv. Torna l'amatissimo Warwick - The Hateful Eight, Quentin Tarantino ne fa una miniserie per Netflix
Magazine"Che fare quando il mondo è in fiamme?", il documentario di Minervini