Venerdì 3 Gennaio 2025
MATTEO MASSI
Magazine

C’era un ragazzo che raccontava l’Italia smarrita

Trent’anni fa la scomparsa di Pier Vittorio Tondelli: con lui la letteratura visse la rivoluzione di una voce autentica, tra pubblico e privato

di Matteo Massi

"Non sono uno scrittore selvaggio, al massimo uno scrittore selvatico, non sono uno di quei soggetti emarginati che negli anni Settanta sono venuti fuori a dire loro". Quasi sicuramente la lezione di Pier Vittorio Tondelli, a trent’anni dalla sua morte, sta tutta qui, in quello che disse a Natalia Aspesi in un’intervista di 42 anni fa. Era dentro quell’epoca definita il “riflusso”. Tondelli ha staccato, in fretta, il cordone ombelicale con gli anni Settanta. È figlio illegittimo di quel decennio ideologico, così dogmatico da sfociare nella violenza. Frequenta il Dams, quando sui muri di Bologna scrivono "Ecò coiffeur pour dames".

Gli incensi Jasmine e i manifesti di Zabriskie Point sono alle spalle e li cita proprio nel racconto che dà il titolo alla raccolta (che poi è un romanzo) Altri libertini: il suo debutto (1980) che scandalizza l’Italia, per il linguaggio. Ma che ancora di più sconvolge una scena letteraria che nel decennio precedente, spesso, si era guardata solo l’ombelico, salvo rarissime eccezioni, per emettere poi il proprio giudizio senza mischiarsi in quel flusso di coscienze e di slogan, immobilizzata in una narrazione in terza persona, perfino troppo asettica.

Tondelli si mischia col suo tempo, fisicamente (senza risparmiarsi), cerca in cuor suo di decifrarlo quando non è così semplice farlo, ma non vuole essere tacciato come autore generazionale, né come l’uomo che rivelerà ai posteri che cos’è successo. E il sottotitolo di Weekend postmoderno – Cronache dagli anni ’80 – vale più di tante spiegazioni. No, lui non ha raccontato l’Italia e i giovani degli anni ’80, lui ha raccontato un Paese in trasformazione che non si sapeva che direzione prendesse. E in questa indecifrabilità tra pubblico e privato, in questo ultimo caso con tutti gli abissi connessi (a iniziare dai buchi dell’eroina), sta l’impasto della lingua di Tondelli. Una lingua vera, mangiata, spesso cantata e molto citata. Tondelli arriva in anticipo – se non altro perché è nato una decina di anni prima – rispetto a Breat Easton Ellis, anche se lo definirà nel recensire Le regole dell’attrazione: "sia detto senza delirio: bravissimo".

Ma Vicky, così come lo chiamano i suoi amici e come si firma nelle prime pubblicazioni sui fogli dell’Azione Cattolica e dell’Acli, declina anche in maniera fattuale quella che era pura enunciazione in un celebre titolo di Francesco Guccini (spesso citato): Tra la via Emilia e il West. La provincia non è più "inculoalmondo" ma un punto di partenza: la bisettrice Correggio-Berlino, così come descritta in Autobahn (e l’Autobahn è l’A22 del Brennero), non è ipotetica, ma reale. La stessa direzione che prenderanno, autonomamente, qualche anno dopo Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni: da Reggio Emilia a Berlino e ritorno, per diventare i Cccp, destinati a segnare la scena musicale di quella stagione. Lo stesso Zamboni confesserà che puntò su Berlino, dopo aver letto proprio Altri libertini. Un decennio creativo, forse ancor di più di quello precedente ben più celebrato. Basti pensare a solo quello che Tondelli crea, al di là dei romanzi: la rivista letteraria Panta, che si trasforma in appassionato dialogo con autori americani, e l’antologia Under 25 che lancerà una nuova generazioni di scrittori.

Lo sguardo di Tondelli è immerso nel suo tempo, ma non è (appunto) uno sguardo distaccato. È in grado di saltare da un posto all’altro, da Correggio – dov’è nato – a Milano, poi a Firenze, poi a Roma. Un muoversi vorticoso: in questo unisce la mondanità di Alberto Arbasino e la voglia di conoscere di Pier Paolo Pasolini (ma senza la devozione all’ostracismo che aveva PPP). Basta un concerto, un vernissage (come si chiamavano al tempo) per muoversi, per mettere gli occhi su qualcosa di diverso. In un’intervista a Fausto Pezzato uscita su il Resto del Carlino (con cui collaborò, così come con La Nazione) e riportata ne Il viaggiatore solitario (Bompiani editore), volume curato da Fulvio Panzeri (recentemente scomparso), Tondelli dice: "Chi sono gli altri libertini? Gente in cerca d’identità, di felicità, gente che si gioca il tutto per tutto. Amori, esperienze quotidiane, sbragature, speranze di giovani fin troppo allo sbando, sempre disposti ad andare in fondo". Nonostante tutto, fu così anche per lui, che morì giovane (aveva 36 anni) di Aids, esattamente trent’anni fa.