Venerdì 29 Novembre 2024
BEATRICE BERTUCCIOLI
Magazine

Carlo Conti riporta 'La Corrida' su Raiuno. "Corrado è nel mio Dna"

Tornano in tv i dilettanti allo sbaraglio

Carlo Conti (Ansa)

Carlo Conti (Ansa)

Roma, 12 aprile 2018 - Torna in Rai, dopo alcuni anni di assenza e varie edizioni targate Mediaset, “La Corrida - Dilettanti allo sbaraglio”, il programma ideato e portato al successo, prima in radio poi in televisione, da Corrado. Da domani sera su Raiuno, per sei venerdì, condotto da Carlo Conti. Che assicura, sarà tale quale all’originale.

Conti, più rischi o vantaggi nel riproporre un programma come 'La Corrida'?

"Non so se ci sono rischi e non me ne preoccupo. Sono in una fase fortunata della carriera e cerco di divertirmi il più possibile. Non mi preoccupo più se andrà bene oppure no. Penso solamente che è uno dei programmi che ho amato di più nella vita e che ho sempre sognato di fare".

Lo seguiva?

"Da piccolino, avevo 7-8 anni, lo ascoltavo alla radio, perché “La Corrida” nasce esattamente cinquant’anni fa, alla radio, nel gennaio del ’68. Lo ascoltavo ed ero affascinato perché, oltre che dallo studio di Roma, lo trasmettevano anche da Firenze, la mia città".

Cosa, in particolare, le piace del programma?

"La leggerezza di questo variegato mondo di personaggi che arrivano sul palcoscenico e hanno tutti la stessa caratteristica: quella di essere dei dilettanti e di avere voglia di divertirsi. Una leggerezza che forse oggi in molti casi non c’è più, mentre, ho scoperto, c’è ancora molto nella provincia".

Caratteristiche dei partecipanti?

"Ne proporremo circa quindici a puntata, selezionati un po’ in tutta Italia tra cinquemila aspiranti. Più uomini che donne, giovani e meno giovani, con una prevalenza di cantanti, ma anche poeti, ballerini, imitatori. Il talento è secondario, quello che conta è la loro voglia di divertirsi, di fare davanti al pubblico quello che si fa di solito tra amici. E non si vince niente".

Nessun cambiamento?

"Lo riproponiamo esattamente com’era. Se funziona, funziona così, con quelle caratteristiche. Con i protagonisti che sono sostanzialmente due: i dilettanti allo sbaraglio e il pubblico che giudica, con i campanacci, i fischi, le trombette o facendo sentire con gli applausi il proprio gradimento".

Corrado è stato per lei un po’ un modello?

"Noi, generazione di cinquantenni (continuiamo a chiamarci così anche se il tempo passa) siamo cresciuti con la televisione in bianco e nero fatta da Corrado, da Pippo Baudo, da Mike Bongiorno, da Enzo Tortora, da Vianello, e quindi, credo che ciascuno di noi abbia, incosciamente, nel proprio Dna, qualcosa di questi grandi. A me, quando faccio il varietà, mi dicono che “baudeggio”. A Corrado mi accomuna, forse, questo apparente distacco, questo guardare con una velata presa in giro. Ma sempre, durante “La Corrida”, con grande rispetto per i concorrenti".

Aveva mai incontrato Corrado?

"Poche volte, perché io ero in Rai e lui era già a Mediaset quando io iniziavo. Ma nel ’92, quando ho vinto il Telegatto per “Big!”, della tv dei ragazzi, mi ritrovai tra tutti i grandi. Andai a salutare Corrado e lui mi fece sentire già uno di loro".

Quanto è stato difficile riprendere la conduzione dell’'Eredità' dopo la scomparsa di Fabrizio Frizzi?

"Una delle prove più difficili della mia carriera. Cosa ho detto esattamente in quella prima puntata, nemmeno lo so, perché ho fatto parlare il cuore. Avrei voluto essere in qualunque altra parte del mondo. Io odio il freddo, ma sarei stato più volentieri al Polo Nord, piuttosto che in quello studio televisivo. Poi ho messo una sorta di pilota automatico, dovuto al mestiere, e con il mestiere si va avanti, ma con una ferita nel cuore".