Un recente studio condotto dall'Università Ebraica di Gerusalemme, in collaborazione con le Università di Edimburgo e St Andrews, ha evidenziato un'affascinante connessione tra il canto delle balene e il linguaggio umano. Analizzando otto anni di registrazioni delle megattere nella Nuova Caledonia, i ricercatori hanno individuato schemi ricorrenti nelle vocalizzazioni di questi cetacei, suggerendo una struttura organizzata in grado di evocare gli schemi dietro alla comunicazione umana.
Strutture ricorrenti e apprendimento
Utilizzando modelli ispirati al modo in cui i bambini individuano le parole nel parlato, lo studio ha scoperto che le megattere riproducono e trasmettono culturalmente sequenze di suoni complesse. Queste strutture, mai osservate prima in altre specie animali, potrebbero facilitare l'apprendimento e la trasmissione della 'lingua' tra generazioni di balene, similmente a quanto avviene negli esseri umani.
Implicazioni dello studio
La scoperta solleva nuove domande sull'unicità del linguaggio umano e sulla capacità di altre specie di sviluppare forme di comunicazione articolate. Sebbene non si possa ancora affermare che le balene abbiano un vero e proprio linguaggio, la presenza di schemi ripetuti e strutturati nel loro canto suggerisce una forma avanzata di comunicazione che merita ulteriori approfondimenti.
Curiosità sulla comunicazione delle balene
Le megattere sono note per i loro canti complessi, che possono durare fino a 30 minuti e ripetersi per ore. Ogni popolazione mostra di avere un proprio "dialetto" che evolve nel tempo. Le balene possono emettere suoni a frequenze molto basse, permettendo loro di comunicare su distanze di centinaia di chilometri. Inoltre, alcune specie, come i capodogli, utilizzano l'ecolocalizzazione per navigare e cacciare, emettendo clic che rimbalzano sugli oggetti circostanti.
I capodogli comunicano anche con sequenze di suoni chiamate "codas", che variano tra i diversi gruppi sociali e potrebbero rappresentare una forma di linguaggio complesso.
Dagli studi emerge che le balene adattano i loro richiami a seconda delle condizioni ambientali. Tuttavia, il rumore prodotto da navi e attività umane sta modificando il loro modo di comunicare, costringendole a emettere suoni più forti o a cambiare frequenza per farsi sentire.
Codas: il linguaggio segreto dei capodogli
Le "codas" sono sequenze di clic emesse dai capodogli per comunicare tra loro, simili a un codice Morse. Questi suoni variano in ritmo, durata e numero di clic, creando una vasta gamma di combinazioni. Il progetto CETI (Cetacean Translation Initiative), guidato dal biologo Shane Gero, ha analizzato oltre 9.000 "codas" registrate tra il 2005 e il 2018 nelle acque dei Caraibi orientali.
Utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e machine learning, i ricercatori hanno scoperto che i capodogli modulano sistematicamente alcuni aspetti delle loro "codas" in base al contesto della conversazione, variando la durata dei richiami o aggiungendo clic ornamentali.
Queste scoperte suggeriscono che la comunicazione dei capodogli è molto più sofisticata di quanto si pensasse, con un sistema combinatorio che consente loro di costruire un ampio repertorio di vocalizzazioni distinte. La decifrazione del significato delle "codas" al momento è ancora in corso.
Schema linguistico e ricorrenza sistematica
La ricorrenza sistematica di strutture è una caratteristica fondamentale di tutte le lingue conosciute ed è parte di quello che in linguistica si chiama struttura gerarchica e combinatoria. Questo significa che i suoni e le parole non vengono organizzati casualmente, ma seguono regole precise che permettono la creazione di significati più complessi. Uno schema linguistico è un insieme di regole e strutture ricorrenti che organizzano il linguaggio.
In tutte le lingue umane, infatti, le parole si combinano in frasi seguendo regole grammaticali precise, e gli elementi fonetici (suoni) sono organizzati secondo schemi che mostrano di essere ripetitivi, riconoscibili e interpretabili. La ricorsività è ciò che permette di costruire espressioni di lunghezza e complessità virtualmente infinite.
Nel caso delle balene, la scoperta della ricorrenza sistematica nei loro canti suggerisce che i cetacei utilizzino una struttura comunicativa non casuale, con elementi ripetuti e organizzati in sequenze precise. Ciò non significa che necessariamente abbiano una grammatica simile alla nostra, tuttavia gli studi indicano la possibilità che esistano modelli prevedibili, i quali potrebbero avere una funzione comunicativa simile a quella delle parole o delle frasi che vengono utilizzate nel linguaggio umano.
Il canto delle balene e il mistero della comunicazione
Negli anni '60, il biologo marino Roger Payne scoprì che le megattere emettono canti complessi e strutturati. Nel 1970, il ricercatore pubblicò l'album "Songs of the Humpback Whale", che contribuì a sensibilizzare il pubblico sulla complessità della comunicazione di questi cetacei. Questa scoperta ha avviato una nuova era di ricerca sulla bioacustica marina, portando a una maggiore comprensione del ruolo dei suoni nella vita delle balene.
Più recentemente, Daniel DeLeon, studente dell'Università Politecnica della California, ha utilizzato il machine learning per analizzare i canti delle balene. Collaborando con l'Istituto Oceanografico MBARI, ha applicato TensorFlow per tracciare i richiami delle balenottere azzurre e comuni, rivelando schemi di comunicazione ancora più complessi di quanto si pensasse. A delinearsi è un orizzonte su cui c’è ancora moltissimo da indagare.