Martedì 11 Febbraio 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Cosa c'entra il canto delle balene con il linguaggio umano? Lo spiega la scienza

Un nuovo studio rivela sorprendenti analogie tra le vocalizzazioni dei cetacei e le strutture linguistiche umane. Sequenze di suoni come il codice Morse: la scoperta sorprendente

Un recente studio condotto dall'Università Ebraica di Gerusalemme, in collaborazione con le Università di Edimburgo e St Andrews, ha evidenziato un'affascinante connessione tra il canto delle balene e il linguaggio umano. Analizzando otto anni di registrazioni delle megattere nella Nuova Caledonia, i ricercatori hanno individuato schemi ricorrenti nelle vocalizzazioni di questi cetacei, suggerendo una struttura organizzata in grado di evocare gli schemi dietro alla comunicazione umana.

Strutture ricorrenti e apprendimento

Utilizzando modelli ispirati al modo in cui i bambini individuano le parole nel parlato, lo studio ha scoperto che le megattere riproducono e trasmettono culturalmente sequenze di suoni complesse. Queste strutture, mai osservate prima in altre specie animali, potrebbero facilitare l'apprendimento e la trasmissione della 'lingua' tra generazioni di balene, similmente a quanto avviene negli esseri umani.

Implicazioni dello studio

La scoperta solleva nuove domande sull'unicità del linguaggio umano e sulla capacità di altre specie di sviluppare forme di comunicazione articolate. Sebbene non si possa ancora affermare che le balene abbiano un vero e proprio linguaggio, la presenza di schemi ripetuti e strutturati nel loro canto suggerisce una forma avanzata di comunicazione che merita ulteriori approfondimenti.

Curiosità sulla comunicazione delle balene

Le megattere sono note per i loro canti complessi, che possono durare fino a 30 minuti e ripetersi per ore. Ogni popolazione mostra di avere un proprio "dialetto" che evolve nel tempo. Le balene possono emettere suoni a frequenze molto basse, permettendo loro di comunicare su distanze di centinaia di chilometri. Inoltre, alcune specie, come i capodogli, utilizzano l'ecolocalizzazione per navigare e cacciare, emettendo clic che rimbalzano sugli oggetti circostanti.

I capodogli comunicano anche con sequenze di suoni chiamate "codas", che variano tra i diversi gruppi sociali e potrebbero rappresentare una forma di linguaggio complesso.

Dagli studi emerge che le balene adattano i loro richiami a seconda delle condizioni ambientali. Tuttavia, il rumore prodotto da navi e attività umane sta modificando il loro modo di comunicare, costringendole a emettere suoni più forti o a cambiare frequenza per farsi sentire.

Codas: il linguaggio segreto dei capodogli

Le "codas" sono sequenze di clic emesse dai capodogli per comunicare tra loro, simili a un codice Morse. Questi suoni variano in ritmo, durata e numero di clic, creando una vasta gamma di combinazioni. Il progetto CETI (Cetacean Translation Initiative), guidato dal biologo Shane Gero, ha analizzato oltre 9.000 "codas" registrate tra il 2005 e il 2018 nelle acque dei Caraibi orientali.

Utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e machine learning, i ricercatori hanno scoperto che i capodogli modulano sistematicamente alcuni aspetti delle loro "codas" in base al contesto della conversazione, variando la durata dei richiami o aggiungendo clic ornamentali.

Queste scoperte suggeriscono che la comunicazione dei capodogli è molto più sofisticata di quanto si pensasse, con un sistema combinatorio che consente loro di costruire un ampio repertorio di vocalizzazioni distinte. La decifrazione del significato delle "codas" al momento è ancora in corso.

Schema linguistico e ricorrenza sistematica

La ricorrenza sistematica di strutture è una caratteristica fondamentale di tutte le lingue conosciute ed è parte di quello che in linguistica si chiama struttura gerarchica e combinatoria. Questo significa che i suoni e le parole non vengono organizzati casualmente, ma seguono regole precise che permettono la creazione di significati più complessi. Uno schema linguistico è un insieme di regole e strutture ricorrenti che organizzano il linguaggio.

In tutte le lingue umane, infatti, le parole si combinano in frasi seguendo regole grammaticali precise, e gli elementi fonetici (suoni) sono organizzati secondo schemi che mostrano di essere ripetitivi, riconoscibili e interpretabili. La ricorsività è ciò che permette di costruire espressioni di lunghezza e complessità virtualmente infinite.

Nel caso delle balene, la scoperta della ricorrenza sistematica nei loro canti suggerisce che i cetacei utilizzino una struttura comunicativa non casuale, con elementi ripetuti e organizzati in sequenze precise. Ciò non significa che necessariamente abbiano una grammatica simile alla nostra, tuttavia gli studi indicano la possibilità che esistano modelli prevedibili, i quali potrebbero avere una funzione comunicativa simile a quella delle parole o delle frasi che vengono utilizzate nel linguaggio umano.

Il canto delle balene e il mistero della comunicazione

Negli anni '60, il biologo marino Roger Payne scoprì che le megattere emettono canti complessi e strutturati. Nel 1970, il ricercatore pubblicò l'album "Songs of the Humpback Whale", che contribuì a sensibilizzare il pubblico sulla complessità della comunicazione di questi cetacei. Questa scoperta ha avviato una nuova era di ricerca sulla bioacustica marina, portando a una maggiore comprensione del ruolo dei suoni nella vita delle balene.

Più recentemente, Daniel DeLeon, studente dell'Università Politecnica della California, ha utilizzato il machine learning per analizzare i canti delle balene. Collaborando con l'Istituto Oceanografico MBARI, ha applicato TensorFlow per tracciare i richiami delle balenottere azzurre e comuni, rivelando schemi di comunicazione ancora più complessi di quanto si pensasse. A delinearsi è un orizzonte su cui c’è ancora moltissimo da indagare.