Voce delicata e testi che guardano oltre. Erica Mou con le sue canzoni trasforma il sentire della vita ordinaria in poesia. Interprete della Neve sul mare – titolo anche di una delle sue prime canzoni – è reduce dal tour con il suo ultimo disco Cerchi e dalle presentazioni del romanzo Una cosa per la quale mi odierai, edito da Fandango. Progetti artistici che mostrano un grande amore e debito nei confronti della scrittura e della musica come risposte alle difficoltà della vita.
Che valore ha per lei la scrittura? "È una sorta di bussola che mi orienta nelle cose delle vita, con un valore molto più solido di quello che immaginiamo. Scrivere è per me un fatto concreto. Nomina e orienta".
Di una canzone la colpisce prima il testo o la musica? "La meraviglia della canzone è che unisce entrambi. Quando sentiamo un verso familiare, subito la memoria ci rimanda al suono. La musica è sempre portatrice della parola e viceversa. Nel mio percorso di autrice provo a dare pari importanza a entrambi. A volte, però, devi cedere e smussare da un lato e dall’altro. La potenza avviene quando i due aspetti vengono portati insieme".
Quali sono gli incontri che l’hanno segnata a livello personale e professionale? "Il primo concerto di cui ho memoria, lo cito anche nel romanzo, è quello di Battiato. Avevo quattro o cinque anni. Tante le esibizioni che mi hanno mosso dentro, come quella di Emiliana Torrini all’auditorium di Milano. Moltissimi gli artisti che hanno ispirato e influenzato la mia produzione artistica. Senza l’incontro con Concita De Gregorio, con cui ho portato in scena lo spettacolo Un’ultima cosa, il mio ultimo romanzo non sarebbe potuto essere così. Quello che ci siamo dette fuori e sul palco ha lavorato dentro di me, smuovendo molte parti".
Ha vissuto in Gran Bretagna, Francia, Milano e Roma. Ora è tornata in Puglia, nel suo paese natale. Che rapporto ha con il tempo e con la terra? "É complicato (ride). Non c’è un’evoluzione lineare. Il rapporto con il tempo cambia a seconda di come siamo noi. Il disco si chiama Cerchi perché non è detto che gli eventi della nostra vita siano messi in riga. Fatti lontanissimi accaduti chissà quando e chissà dove, hanno spesso dei risvolti nel presente. A volte delle cose ritornano, emergono anche aspetti di un passato che non è il nostro. L’eredità generazionale del tempo,per esempio. Ci facciamo carico di un tempoche non è propriamente nostro, eppure ci colpisce e torna nel presente sotto forma di possibilità. Tuttavia, però, è possibile modificarne gli esiti. Con la terra ho un rapporto complesso. La geografia è un fatto molto intimo, riguarda più che altro il modo in cui ti senti in relazione a quel luogo, per questo la percezione che noi dei luoghi abbiamo, è destinata a cambiare con noi. Dieci anni fa non sarei mai potuta tornare a vivere a Bisceglie, in Puglia. Oggi riesco perché sono cambiata io. Amo ancora viaggiare e partire e la valigia è sempre difronte all’ingresso, come dico nelle mie canzoni. Allontanarsi è importantissimo per amare il posto in cui si è. Credo che arrivi anche un tempo della vita in cui avere un posto diventa un fatto fondamentale. Un posto più lento in cui stare".
Il suo sogno? "Vivere scrivendo e cantando tutta la vita e non perdere mai la voglia di farlo".
Nel 2012 si è classificata seconda a Sanremo giovani. Le piacerebbe tornare all’Ariston? "Sì, moltissimo. È una grande emozione".
Nel disco si rivolge alla se stessa del passato. Cosa è cambiato? "Del passato si conserva sempre qualcosa e quel che resta per me abita la voce. Luogo metaforico di archivio. Un nastro che registra. I fatti modificano la voce che si alza, abbassa, trema. È l’impronta digitale dell’animo. La voce è per me la soluzione, infatti “canta che ti passa“ è il solo modo di dire che apprezzo. Il canto è la cura ai fardelli e io l’ho vissuto diverse volte. Non solo nei momenti di dolore emotivo, ma anche nei momenti di dolore fisico, in cui ho notato che il canto mi aiutava".