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Elisa, 42 anni
Milano, 8 aprile 2019 - "Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo animale libero ucciso, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro". Forte, diretta, inequivocabile, la citazione sullo schermo del capo Sioux Orso In Piedi durante un momento ad alta emotività del nuovo show di Elisa spiega le ali a quel vento ambientalista che sembra tornato a soffiare in hit-parade. Dopo essersi voltato dall’altra parte in troppe occasioni per mancanza di coraggio o, peggio, per calcolo, preso dalle sue feste in spiaggia e dai suoi party in piscina, il pop recupera un senso civile facendosi carico della responsabilità morale di mandare messaggi.
Eros Ramazzotti nel suo spettacolo mostra, tra una canzone l’altra, video che mettono in guardia sull’inquinamento da plastica degli oceani e (con dati terrificanti) su quello atmosferico. Nell’attesa di varare il suo Atlantico Tour, Marco Mengoni sposa invece la causa della campagna del National Geographic “Planet or plastic?” diventandone ambasciatore per l’Italia. Pure Levante, dal canto suo, nel suo nuovo singolo Andrà tutto bene gioca la carta dell’impegno, ramazzando cause civili a destra e a manca per parlare di politica della paura, di Stefano Cucchi, di eutanasia, di morti in Mediterraneo, d’inquinamento dei mari, di surriscaldamento globale. E se otto anni fa i Têtes de Bois s’erano inventati il “palco a pedali”, uno show ecosostenibile portato in scena col sudore di 128 volontari che, in cambio dell’ingresso gratuito, producevano pedalando l’energia necessaria a luci e amplificazione, oggi ci sono realtà dell’indie come i piemontesi Eugenio in Via di Gioia che fanno della loro ultima fatica Natura viva un esempio di album ambientalista «per svegliare i nostri coetanei dal disagio e dal torpore». Insomma, quel punto di non ritorno che ci troviamo davanti, Orso In Piedi l’aveva già intravisto un secolo e mezzo fa. "Non dico le cose puntando il dito, la mia è solo una preghiera" spiega Elisa che, oltre al capo Sioux, durante lo spettacolo rivolge pure un pensiero a Greta Thunberg, la mini-pasionaria svedese divenuta l’icona di un ambientalismo militante sempre pronto ad alzare quell’indice verso le latitanze della politica. "L’auspicio è quello di riuscire a conquistare una coscienza ambientalista pure nel nostro quotidiano; penso – aggiunge Elisa – che la natura rappresenti la forma d’intelligenza più alta esistente sul nostro pianeta e non ci si può arrendere al fatto che comportamenti pregiudizievoli per l’ecosistema vengano accettati come normali".
Un bel passo avanti per un paese come il nostro, terribilmente a corto di esempi eclatanti in materia come quelli di Leo Di Caprio, con le sue donazioni (milionarie) al Wwf, Matt Damon, Neil Young, Paul McCartney, i Pearl Jam, i Radiohead, con la scelta di privilegiare la vendita in digitale dei loro album per ridurre al minimo l’incidenza del packaging e di tenere concerti in zone altamente servite dai trasporti pubblici per scoraggiare l’uso dell’auto riducendo così le contraddizioni della categoria spesso portata a cantare "per l’Amazzonia e per la pecunia", come cantava De André, ma non sempre in linea coi propri propositi. "Alzino la mano quanti di noi oggi non sono arrivati col loro jet privato" disse Simon Le Bon, rivolto ai colleghi, sul palco del Live Earth una delle ultime Woodstock ambientaliste capaci di mobilitare gli stati generali della musica. Parole sante.