Sabato 12 Ottobre 2024
LINDA MEONI
Magazine

"Cadute, errori, coraggio: come ci si salva dai social"

L'attrice Ludovica Di Donato racconta la sua vita tra successi e difficoltà, invitando alla gentilezza e alla libertà. Riflette sull'impatto dei social e sull'importanza di essere centrati per affrontare l'ignoto della recitazione.

I tatuaggi, il gay pride, il veganesimo, il motorino, i compiti, la dieta. A inveire c’è una mamma, occhiali calati sul naso e vestaglia, che con quel suo piglio finisce per incarnare la mamma di tutti. E poi ci sono i "Pov" (point of views, punti di vista), le pillole di teatro, le challenge, un mucchio di contenuti originali e comici fino alle lacrime in vetrina sui social (TikTok e Instagram soprattutto) in cui a metterci la faccia è Ludovica Di Donato. Romana, 38 anni, attrice in tv (L’uomo delle stelle, Ritoccati2, Suburræterna), cinema (Pensati sexy) e teatro (ha debuttato ora con I 7 Re di Roma di Enrico Brignano), Ludovica è appena uscita per Giunti con il libro Tutto quello che non dovrei essere, nient’altro che la sua vita tra salite e discese, una storia che invita alla gentilezza. Prima di tutto verso noi stessi.

Perché raccontarsi così a cuore aperto?

"Lo spunto è arrivato osservando i ragazzi e le ragazze ai quali ho insegnato, le persone che mi seguono sui social. Mi chiedevano consigli su cosa fare della loro vita. Allora ho cominciato a osservare me stessa, i miei coetanei. Ho realizzato la forte pressione sociale cui siamo esposti. Raccontare la mia storia, tra cadute, ripensamenti su chi sarei diventata da grande, far capire che non c’è niente di sbagliato in tutto questo l’ho ritenuto d’aiuto agli altri. Come dico io, non esiste una Bibbia dei tempi, non un elenco di cose da fare a scadenza".

Quanto è stato centrale il rapporto con gli altri nel definire chi è lei oggi?

"Moltissimo. Ogni incontro che facciamo è un ponte verso qualcos’altro. Anche in negativo. Per anni fin da piccola ho agito sempre e solo in funzione dell’altro, per soddisfare l’altro, perché gli altri erano sempre qualcosa più di me. Poi è arrivato il Covid e quindi il lockdown. Non sono rinata: sono nata per la prima volta. Ho messo brutalmente tutto il mondo fuori e ho ritrovato la mia libertà".

I social sono molto presenti nella sua vita. Come farne un uso non patologico?

"Occorre una forte centratura della persona. Il social può essere anche causa di malessere per quel continuo bombardamento, per quella imposizione costante di un confronto. Da giovani è difficile mantenere la distanza. Magari un segnale nelle scuole, un’ora di educazione social. Quando eravamo noi al liceo i nostri idoli erano motivo di sana venerazione. Oggi se non diventi “quella cosa lì“ si creano ansia e malessere".

Ha scritto che recitare è un atto di coraggio verso l’ignoto: com’è questo ignoto?

"È divertente, eccitante. Facciamo un lavoro tanto strano, noi attori, qualcuno dice inutile. Non opereremo a cuore aperto in senso chirurgico, ma in senso emotivo sì. Perché una storia ha questo potere, agire sul cuore. Ma è comunque un ignoto nel senso che senza equilibrio difficilmente si va avanti. Tanti no, tante attese, tanto precariato. In quest’ignoto a volte neppure Google Maps sa dove andare".