Roma, 10 gennaio 2023 - Ancora 20 anni e il buco dell'ozono dovrebbe essere un problema risolto. Quanto meno l'Onu, in un rapporto, fa sapere che la perdita dello strato di ozono è sulla buona strada per essere recuperata del tutto entro il 2040 in gran parte del mondo, mentre si ricreerà completamente entro il 2045 sull'Artico ed entro il 2066 sull'Antartide.
Il buco nello strato di ozono un tempo era il pericolo ambientale più temuto per l'umanità, in quanto senza ozono si ha il rischio di esporre le persone ai dannosi raggi ultravioletti del sole. Dopo l'allarme per la perdita di ozono negli anni '80 (la scoperta di un buco era stata annunciata per la prima volta da tre scienziati del British Antarctic Survey, nel maggio 1985), lo strato di ozono è migliorato costantemente grazie anche al protocollo di Montreal del 1989. Quest'accordo internazionale, infatti, ha contribuito a eliminare il 99% delle sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono, come i clorofluorocarburi (Cfc) che erano utilizzati come solventi e refrigeranti.
I Cfc sono anche gas serra e il loro uso continuato e incontrollato avrebbe innalzato le temperature globali di ben un grado centigrado entro la metà del secolo, peggiorando una situazione già disastrosa in cui i gas che riscaldano il pianeta non stanno ancora diminuendo. Quindi, secondo l'Onu, le azioni intraprese sullo strato d'ozono sono state anche un'arma contro la crisi climatica. "Il nostro successo nell'eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare con urgenza per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l'aumento della temperatura", ha affermato Petteri Taalas, segretario generale dell'Organizzazione meteorologica mondiale.
L'accordo di Montreal dovrebbe essere considerato "il trattato ambientale di maggior successo nella storia e offre incoraggiamento affinché i Paesi del mondo possano riunirsi e decidere un risultato e agire di conseguenza", secondo David Fahey, uno scienziato della National Oceanic and Atmospheric Administration, autore principale della nuova valutazione. I progressi non sono sempre stati lineari: nel 2018 gli scienziati hanno rilevato un aumento dell'uso di Cfc, rintracciato in Cina e infine risolto. Nel frattempo, la sostituzione dei Cfc con un altro gruppo di prodotti chimici industriali, gli idrofluorocarburi (Hfc), è stata problematica in quanto gli HFC sono gas serra, e quindi è stato necessario un ulteriore accordo internazionale, raggiunto a Kigali, per frenarne l'uso.