Mercoledì 2 Ottobre 2024
ETTORE MARIA
Magazine

Brutti, sporchi e cattivi: i nuovi mostri di Roma

Trapper e skater di periferia, modelle e presunti vip nel sottobosco dei palazzi del potere. Due fotografi raccontano la città eterna oggi

di Ettore Maria

Colombo

Brutti, sporchi e cattivi, proprio come nelle baraccopoli di periferia dei primi anni Settanta raccontate dall’impietoso film di Ettore Scola con Nino Manfredi, ma siamo a Roma oggi: tra personaggi e ritratti di comunità, luoghi in luce quanto in ombra, si snoda la cruda realtà della capitale portata alla ribalta da due giovani fotografi, Paolo Cenciarelli e Guido Gazzilli, che hanno avuto due percorsi personali e artistici molto diversi ma che sono nati nello stesso milieu – quello di una Roma bastarda, fatta, e pure strafatta, di abusi e soprusi, glorie e viltà. "Sbagliare la strada, serve a conoscere la strada" è il motto dei due, nati a pochi numeri civici di distanza al quartiere del Torrino, che si ritrovano insieme, nella mostra fotografica dal titolo 24287, ora a palazzo Brancaccio.

I due si sono divisi i compiti: Cenciarelli racconta la Roma dei “nuovi mostri“ aggiornati da Dino Risi (’63 e ’77) e Gabriele Mainetti (il suo ultimo film è su un gruppo di fenomeni da baraccone persi nella Capitale del ’43) fino a noi: rapper, trapper, skater, modelle in cerca di gloria, vip veri e presunti sono ritratti con una fotografia dura, cruda, realista, che ti entra dentro come un uppercut. Gazzilli si dedica ai volti della Roma di strada, delle periferie brutte e infinite.

Entrambi rappresentano, in modo realistico, vero, una Roma che è popolata da “freaks“ di tutte le classi sociali, che hanno invaso allo stesso modo i salotti bene e i quartieri più periferici. E proprio uno dei due autori, Cenciarelli, racchiude in sé la contraddizione massima di una città dove le città si sovrappongono, mischiano e confondono tra di loro. Fotografo di star come di sbandati dall’incerto destino e dagli improbabili lavori, Cenciarelli vive la città che abita e la fotografa tra luci e ombre, lavoratori (pochi) e scansafatiche (tanti), veri perdigiorno e finti vip che affollano i bar e i ristoranti del centro.

Nel ventre malefico e maleodorante – nonostante il nuovo sindaco la spazzatura è ancora tutta lì – di Roma, tra le luci che prendono a sfarfallare d’arancio verso l’imbrunire, tra rovine, chiese, vicoli e palazzi istituzionali, sembra davvero che ogni pietra sia stata messa e collocata proprio per ricordarci la nostra dimensione lillipuziana. Noi che l’abitiamo siamo piccoli, ma Roma è grande. "Questa è Roma!" canta il rapper-trapper Amir Issa in una canzone che ne è diventata l’inno: "Se è Roma che te chiama, te non te nasconde".

Ecco, in una città magmatica e caotica, regno di un potere crepuscolare perso dietro i propri miti e i riti, non esisteno più, o si sono persi la sindrome di Stendhal o lo sdilinquimento di Goethe ai vespri. Oggi la città si dipana silenziosa, cattiva, fredda, matrigna, in una occulta geografia fatta di ragazzi privi di futuro, lavori che non sono veri lavori, espedienti e feste da "far fallire", prima ancora che "far riuscire", come ne La Grande Bellezza di Sorrentino, mezzucci per vivere (o, meglio, sopravvivere) e un potere invisibile ma presente a tutti coloro che Roma la abitano, ma fanno troppa fatica a viverla.

Certo, Roma è anche la Roma del Potere: dei suoi Palazzi (ma ogni singolo palazzo del Potere parla una lingua sconosciuta al comune cittadino) e del sottobosco del Potere, fatto di feste e locali dove la jeaunesse doreé spende i suoi soldi. E poi c’è l’altra Roma, quella proletaria, povera, smandrappata e tossica delle periferie, che non c’entra più nulla con Pasolini, anche se i suoi eroi e anti-eroi ancora quelli sono, pasoliniani e felliniani. È questa “doppia“ Roma la città che raccontano – attraverso volti e luoghi in luce quanto in ombra – Cenciarelli e Gazzilli.