Giovedì 24 Ottobre 2024
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Bret Easton Ellis: "La serie tv su 'Le schegge'? Problemi sul compenso di Guadagnino"

L’autore di “American Psycho“ torna al romanzo dopo 13 anni. Una storia di teenager come nel libro d’esordio, ma con lo sguardo della maturità. "Sono un vecchio ragazzo. Scrivere libera dal dolore"

Bret Easton Ellis

Bret Easton Ellis

Roma, 19 ottobre 2023 - Con il suo nuovo romanzo Bret Easton Ellis ci riporta nella Los Angeles anni ’80 degli adolescenti ricchi, vuoti, disperati, dannati e perduti di Meno di zero. È tra quegli stessi ragazzi del suo fulminante esordio, pubblicato nell’85 da Ellis ventenne – American Psycho sarebbe arrivato nel ’91 – che lo scrittore californiano ambienta adesso il monumentale Le schegge (Einaudi). Lo fa tra amori gay, etero e indecisi, tra feste e sballi e solitudini di teenager e imprese orripilanti di serial killer, tra i suoi due poli “classici“: l’estetica dell’insensibilità e l’orrore della perdita dell’innocenza. Traccia la sua linea d’ombra viaggiando nel tempo – ora il Bret 17enne, ora il Bret maturo – perché è uno dei nuclei della sua poetica cercare una prospettiva di sé stessi. Cercarla tra il romanticismo e la violenza fino allo strazio, perché – "questa era la vita, questa era la morte, alla fine non importava a nessuno, eravamo soli" – una prospettiva afferrabile, salvifica, non c’è.

Verso la fine del libro, il Bret del presente scrive, citando vari brani anni ’80 tra cui Vienna degli Ultravox (“It means nothing to me“): "molte di quelle canzoni ormai suonavano come un desiderio disperato e un rifiuto e una fuga. Se quelle canzoni parlavano come un tempo avevo pensato, di un bambino che diventava uomo, ora parlavano anche, per il 56enne che ero, di un uomo che era rimasto bambino".

Signor Ellis, è questa la definizione di sé stesso adesso?

"È una definizione di me e di molti uomini perché spesso si pensa di essere diventati adulti, ma spesso ci si rende conto che si è rimasti nel profondo ragazzo o ragazza. Quando sono arrivato alla fine della scrittura di Le schegge, che è in parte autobiografico e in parte no, c’è proprio un momento molto reale in cui mi rendo conto che per molti aspetti sono diventato un adulto ma per molti altri sono ancora un teenager. Io questo libro l’ho pensato nel 1982, già a 18 anni avevo provato a scriverlo senza riuscirci. Sono riuscito a scriverlo ora, tra il 2020 e il 2022, a 56 anni, e tutte le riflessioni che avevo fatto all’epoca su cosa significava essere un teenager le ho rivissute dalla prospettiva di un uomo più grande. Più vecchio".

Lei è consapevole della forza emotiva e persino “fisica“ che con la sua scrittura esercita sul lettore?

"Non solo ne sono consapevole ma sono “il Maestro“ nel farlo, io sono il grande burattinaio – scherza Bret Easton Ellis, ieri di passaggio a Firenze per un incontro in serata con i lettori al Teatro della Pergola; oggi sarà a Torino – . In realtà io non scrivo il romanzo per il lettore e infatti questo libro è dedicato a nessuno, dedica che volevo usare da tanti anni. Io sono un outsider. Non scrivo per il mio agente, per la mia casa editrice, per i lettori, scrivo per me stesso. E questo libro è nato dopo 13 anni in cui non era nato in me nessun romanzo. Io scrivo quando un romanzo mi arriva, quando sento del dolore, quando devo tirarlo fuori, liberarlo. Nel caso di Le schegge era liberare la frustrazione che mi attanagliò a 17 anni anni quando mi resi conto che essere gay mi avrebbe portato un’infelicità risparmiata agli eterosessuali; per loro il mondo era aperto, per me no: infelicità. E allo stesso tempo volevo dar voce alla nostalgia per un mondo che prometteva di essere libero. Non sono consapevole degli effetti dei miei libri sui lettori. Peraltro Le schegge non era neanche nato come libro, ma come podcast, esperienza piacevole oltreché remunerativa".

L’Intelligenza Artificiale può cambiare il modo letterario?

"Occorrerà ancora un po’ di tempo ma ce la farà a sostituirsi agli scrittori: con un King, un Patterson sarà più facile, c’è tanto materiale da cui può imparare; più difficile con altri autori. Per scherzo, con alcuni amici, abbiamo provato a farle scrivere anche qualcosa di mio: è venuta fuori roba tipo “sto guidando la mia Mercedes, strafatto, ascoltando i Duran Duran, sono stato a un party dove ho fatto sesso con numerose persone, sono un bisessuale molto triste“... Una cosa del genere, forse è online anche su YouTube. Però che l’AI sostituisca scrittori come Franzen o Toni Morrison ho i miei dubbi, perché nella scrittura la differenza non la fa la trama, la fanno lo stile e la coscienza. Vedo di più un utilizzo nell’industria delle traduzioni: anche lì dipenderà da quanto vorranno investirci le multinazionali. Mi preoccupa di più non vedere, oggi, il grande romanzo americano Millennial: dov’è? Sta su TikTok?. Ho paura che i giovani scrittori si autocensurino per paura che il “politicamente scorretto“ li escluda dal mainstream: anche il mio editore voleva insistessi di più su alcuni personaggi di Schegge, la governante ispanica, il maggiordomo nero... Ma non aveva senso nel mio contesto. Scrivere non è fare servizio pubblico, è reimmaginare, è proprio calarsi proprio nei panni di chi non sei. Non è guardarsi allo specchio, è aprire una finestra" .

Qual è l’ultimo film che ha visto?

"Al cinema? Barbie. L’ho adorato. Poi Oppenheimer e Asteroid City di Anderson. Ma l’ultimo è Mamma Roma su Criterion".

Le schegge sarà una serie tv con la regia di Luca Guadagnino?

"Hbo aveva già acquistato i diritti mesi prima dell’uscita del libro. Tutti, io per primo, eravamo entusiasti che a dirigerla sarebbe stato Guadagnino. Poi si è creato uno stallo per questioni legate al suo compenso. Speriamo di risolverlo: dovrebbero essere tre stagioni di trenta episodi. Speriamo che Guadagnino diriga almeno i primi tre".