Lunedì 2 Dicembre 2024
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Brain Rot: cosa significa la nuova parola inglese approvata dall’Oxford English Dictionary

Il primo uso di questo termine risale al 1854. Viene classificato come una ‘sindrome’ e “rappresenta uno dei maggiori pericoli percepiti della vita virtuale”

Rappresentazione del cervello umano (Ansa)

Rappresentazione del cervello umano (Ansa)

Londra, 2 dicembre 2024 – L’Oxford English Dictionary ha ‘benedetto’ la nuova parola inglese del 2024: si tratta del termine "brain rot". E' un neologismo prodotto dal mondo di internet e degli smartphone che indica una sindrome del "cervello marcio" o "putrefatto" dovuta alla sovraesposizione ai social media, in particolare ai contenuti di bassa qualità.

L'annuncio, ripreso dai media britannici, è arrivato nelle scorse ore, come ogni anno a inizio dicembre. L'Oxford University Press ha rilevato che la diffusione del termine è aumentata del 230% tra il 2023 e il 2024, in particolare come modo per esprimere la preoccupazione per le conseguenze sulle persone del continuo utilizzo dei social. "Rappresenta uno dei maggiori pericoli percepiti della vita virtuale e del modo in cui utilizziamo il nostro tempo libero", ha detto Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages.

Solo su TikTok, l'hashtag della parola "brainrot" è stato usato più di mezzo milione di volte, per indicare, ad esempio, dei video senza senso.

Come riporta il sito ufficiale della Oxford University, il primo uso di 'putrefazione del cervello' è stato registrato intorno al 1854 nel libro ‘Walden’ di Henry David Thoreau Walden, che riporta le sue esperienze di ‘vivere un semplice stile di vita nel mondo naturale’. Nel quadro delle sue conclusioni, Thoreau critica la tendenza della società a svalutare le idee complesse o quelle che possono essere interpretate in molteplici modi, a favore di quelle semplici, e lo considera un chiaro segnale di declino generale dello sforzo mentale e intellettuale: "Mentre l'Inghilterra si sforza di curare il marciume della patata, non si sforza di curare il marciume del cervello? Elemento che prevale in modo molto più diffuso e fatale" , recita un passaggio clou del libro.

I ricercatori la definiscono infatti come una condizione di appannamento mentale. Un neologismo introdotto per la prima volta in rete intorno al 2007, in stretta relazione con quello che i ricercatori dell’Ospedale Pediatrico di Boston classificano oggi come “uso problematico dei media interattivi”.

Secondo il dottor Michael Rich, pediatra e fondatore del Digital Wellness Lab dell’ospedale, il termine riassume gli effetti di un’eccessiva attività online. Gli utenti affetti da “brain rot” tendono a filtrare le loro esperienze quotidiane attraverso la lente dei contenuti su Internet modellando di conseguenza la loro comunicazione e il loro comportamento. Intervistato al New York Times, il dottor Rich ha spiegato: “Molti dei miei pazienti considerano il ‘brain rot’ come una medaglia d’onore, un po’ come il raggiungimento di punteggi elevati nei videogiochi. Fanno a gara a chi passa più tempo sullo schermo, come se fosse un obiettivo a cui arrivare”.