
Rachel Zegler alla première di Los Angeles
Uscirà nelle sale italiane il 20 marzo Biancaneve, il remake con attori in carne e ossa del capolavoro Disney del 1937, tratto dalla fiaba scritta all’inizio dell’Ottocento dai fratelli Grimm. E già prima che esca, sono polemiche. Polemiche feroci. Perché? Ci sono almeno tre fronti di polemica. Uno riguarda il colore della pelle di Biancaneve, uno riguarda la decisione di non usare attori nani, e il terzo riguarda le posizioni riguardo al conflitto in Palestina da parte delle due protagoniste del film. Tre controversie “politiche”, segno che nessun film – tanto meno quelli Disney – può sottrarsi dal confronto con il suo tempo.
Disney sceglie il low profile

Nel frattempo, la Disney – che ha investito una cifra enorme sul film: si parla di 270 milioni di dollari, senza contare le spese per la promozione – ha ridotto al lumicino le anteprime stampa. Première americana a Los Angeles, sabato 15 marzo, senza red carpet, senza possibilità di intervistare il cast, e riprese permesse solo alla troupe Disney. Première europea all’Alcazar di Segovia, con pochissimi giornalisti selezionati, e niente prima di gala a Londra. Si parte a fari spenti.
La scelta della protagonista, Rachel Zegler
Qual è il problema? Le prime polemiche riguardano la scelta della protagonista. Disney, che da anni sta molto attenta all’inclusività, scegliendo eroine multietniche come Pocahontas, Mulan e Moana, ha scelto per il ruolo di Biancaneve – forse in un eccesso di tensione verso l’inclusività – l’attrice Rachel Zegler, americana di origine colombiana. Ventiquattro anni, vincitrice del Golden Globe per il suo ruolo in West Side Story, Rachel Zegler sembra piuttosto lontana dall’immagine consegnata dal testo dei fratelli Grimm, che ci dicono che Biancaneve si chiama così perché ha “la pelle bianca come la neve”. Molti si sono già scagliati contro questa scelta: un’attrice latina per un personaggio definito proprio dalla pelle bianchissima.
La storia cambiata
Gli sceneggiatori hanno anche cambiato la storia: attingendo, dicono, a un’altra leggenda, la ragazza si chiama Biancaneve perché, quando era neonata, era sopravvissuta a una tremenda tempesta di neve. “Il re e la regina decisero di chiamarla così in omaggio alla sua resilienza”, spiega in un’intervista Rachel Zegler. La quale vede la sua Biancaneve come un’eroina resistente e determinata, che “sogna di diventare la leader che sarà”, e che non sogna affatto il Principe azzurro. Il quale, sempre nelle parole della Zegler, “la stalkerizza”. Temperamento e personalità non mancano a Rachel Zegler. Che nei suoi post sui social media non manca di mostrare solidarietà alla causa palestinese. In un post su X all’indomani dell’uscita del trailer, ha chiuso con un “E ricordate sempre, free Palestine!”.
Palestina-Israele, il conflitto anche tra le due attrici

A complicare le cose, e a schiantare in due parti contrapposte i fan del film e delle due attrici, ci sono le posizioni di Gal Gadot. La ex Wonder Woman, che in Biancaneve interpreta la Regina cattiva, è israeliana, ha fatto il servizio militare nell’esercito israeliano, e in un recente discorso a New York, a un summit dell’Anti-Defamation League sull’antisemitismo, ha parlato dell’orgoglio di sentirsi israeliana ed ebrea, e ha invocato la liberazione degli ostaggi israeliani: “Sono orgogliosa di provenire da un popolo antico, con una storia antica in una terra antica”, ha detto Gal Gadot. “E qui, oggi, dobbiamo invocare la liberazione di ogni singolo ostaggio, dobbiamo riportarli tutti a casa, testimoni dell’orrore che stanno vivendo”. Non una parola sugli altri. Sulle decine di migliaia di morti a Gaza. A migliaia, sui social, non l’hanno presa benissimo. Le due si sono viste insieme sul palco del Dolby Theatre, lo scorso 2 marzo, a presentare l’Oscar per i migliori effetti speciali: ma secondo la rivista People, le tensioni fra le due attrici non mancano.
I nani? Realizzati con la computer graphic
L’altra controversia riguarda il mancato utilizzo di attori nani. In un film con attori in carne e ossa, i sette nani sono realizzati con la CGI, la computer graphic. Scelta discriminatoria, che esclude gli attori nani dalla possibilità di avere un ruolo importante in un film importante. Peter Dinklage, l’attore affetto da nanismo, vincitore di un Golden Globe e di quattro Emmy per Il trono di spade, senza mezzi termini ha detto: “Mi lascia sbigottito il fatto che sono tutti orgogliosi di aver scelto un’attrice latina per Biancaneve – ha detto al podcaster Marc Maron – ma stanno pur sempre raccontando la storia di Biancaneve e i sette nani: e se sei progressista da una parte, non lo sei dall’altra”. Ancora più chiari, gli attori Choon Tan e Blake Johnston. Il primo dice: “Che cosa c’è di sbagliato a dare il ruolo di un nano a un attore affetto da nanismo? È anche un’opportunità per certi bimbi piccoli di vedere qualcuno affetto da nanismo, che magari non hanno ancora visto. Ci hanno portato via un’opportunità”. E Johnston ha dichiarato: “Un sacco di attori nani muoiono dalla voglia di interpretare ruoli come questo: la Disney ha tolto loro lavoro”. Insomma. Forse l’incrocio fra una narrazione germanica e una protagonista latina rischia di non essere così armonioso e naturale. O forse, era difficile mettere insieme un’eroina più bianca del bianco, salvata da un Principe azzurro, in un momento in cui Hollywood – e la società – si stanno allontanando da tutto questo. O forse, Disney è il bersaglio più grande e più visibile nelle guerre culturali di oggi. Vedremo, da giovedì, come la prenderà il pubblico.