Roma, 16 settembre 2023 – E' mistero sulla nuova causa (“appena nata”) che sarebbe stata intentata da Mogol, 87 anni, secondo quanto lamenta la vedova di Lucio Battisti, Grazia Letizia Veronese, in una lettera aperta resa pubblica ieri. Di certo c'è solo che la battaglia legale sul patrimonio del cantautore dura da anni, ed è stata segnata da continui colpi di scena. Non ultimo, la vittoria degli eredi ottenuta in tribunale contro la Sony solo il 6 settembre scorso. Vittoria che ribadisce il ruolo attivo di vedova e figlio nella gestione dell'eredità artistica di Lucio, e che quindi potrebbe tornare in qualche modo utile per riprendere in mano anche il contenzioso in atto con Mogol.
Ma andiamo per ordine. Nell’ultima intervista rilasciata a un giornale italiano, nel 1978, Lucio Battisti disse: non voglio essere giudicato per la mia faccia, sono un artista, d’ora in poi per me parleranno solo le mie canzoni. Una missione che la sua famiglia ha preso alla lettera, a partire dalla moglie Grazia Letizia Veronese, 80 anni, che – con il figlio Luca Carlo Filippo – ha deciso di non autorizzare la diffusione della musica del marito se non per vinili e cd, divieto di sfruttamento per pubblicità, colonne sonore, omaggi, perfino festival. E che da anni combatte in tribunale, cause su cause, perché queste volontà vengano rispettate.
Fin dall'inizio delle battaglie legali al centro del contendere c'è stata la Acqua Azzurra, la società fondata il 5 marzo 1969 da Battisti e Mogol, che prende il nome da uno dei brani più celebri della coppia e sulla quale è combattuta una guerra serratissima tra azionisti che non hanno mai avuto intenzione di scendere a patti. Tre in tutto: da un lato la società Aquilone, della moglie di Battisti e del figlio della coppia, da un altro lato la casa discografica Universal e infine Mogol, al secolo Giulio Rapetti.
La vittoria di Mogol nel 2016
Nel 2016 tutti quanti erano in causa con la Acqua Azzurra perché volevano fare valere interessi spesso contrapposti e difficilissimi da conciliare e proprio in quell'anno arrivò una prima sentenza: Mogol ottenne una vittoria davanti al Tribunale civile, dopo aver contestato il veto imposto dalla Veronese su qualsiasi iniziativa riguardante l'eredità musicale del marito che vanificava le possibilità di guadagno di Mogol. I giudici dichiararono l'inadempimento della società Acqua Azzurra edizioni musicali, di cui la Veronese era amministratore unico e socia di maggioranza, "ai contratti di edizione conclusi con Giulio Rapetti Mogol". La società venne condannata in primo grado a pagare al paroliere 2,6 milioni di euro –Mogol ne aveva chiesti 8 – a titolo di risarcimento per il mancato sfruttamento commerciale del catalogo musicale.
La Acqua Azzurra in liquidazione
Cifra che però la Acqua Azzurra non era in grado di sostenere e di conseguenza la società venne messa in liquidazione anche dopo il mancato raggiungimento di un voto a maggioranza tra le parti in cui era suddivisa. Alla fine il Tribunale affidò all’avvocato Gaetano Maria Giovanni Presti la guida dell’Acqua Azzurra dandogli tra le altre cose il potere di concedere licenze di sfruttamento economico delle opere “anche online” e “senza necessità di autorizzazione alcuna da parte dei soci”. Questo spiega come mai il 29 settembre del 2019 il repertorio di Battisti è sbarcato online e sulle piattaforme digitali: prima era impossibile trovare le canzoni sul web, canale non apprezzato dagli eredi.
La battaglia con Sony
Intanto, tra gli attori in scena nella querelle, è entrata anche la Sony Music, che pubblica il materiale di Battisti. E il 6 settembre scorso, ecco il colpo di scena: i giudici della Corte d'Appello confermano la sentenza di primo grado, che aveva già respinto la richiesta di maxi-risarcimento da 8,5 milioni avanzata dalla major discografica, condannandola al pagamento delle spese legali.
I fatti risalgono al 2017, quando la Sony aveva intentato l'ennesima causa contro gli eredi di Battisti, con la stessa accusa mossa contro di loro anni prima da Mogol: aver opposto un diritto di veto a qualsiasi forma di sfruttamento economico delle opere musicali di Battisti. In particolare, gli eredi erano stati accusati dalla Sony di aver revocato il mandato alla Siae per l'utilizzazione online delle opere di Battisti (impedendo, così, di diffonderle sulle principali piattaforme digitali, Spotify su tutte) e di averne ostacolato l'uso per sincronizzazioni (bloccando, quindi, la possibilità di usare le registrazioni fonografiche delle canzoni nelle pubblicità di noti marchi, Fiat e Barilla su tutti).
“No all’uso per spot delle registrazioni di Battisti”
La decisione della Corte milanese è invece risultata "significativa per almeno tre ragioni", ha spiegato Simone Veneziano, legale degli eredi di Battisti. Innanzi tutto perché chiarisce, per la prima volta, che i contratti stipulati da Battisti oltre cinquant'anni fa con i produttori fonografici non consentono, "senza adesso il consenso" degli eredi o dei suoi editori, l'utilizzazione online o in pubblicità commerciali delle "registrazioni fonografiche che incorporano le interpretazioni a suo tempo eseguite da Battisti". In secondo luogo perché, ha sottolineato ancora Veneziano, se fosse stata accolta la tesi di Sony, sarebbe stato affermato il "principio eversivo secondo il quale l'utilizzazione economica di un'opera musicale, anziché dall'autore (o dall'editore musicale), sarebbe governata dal produttore fonografico". Insomma, "a 'comandare' sulle opere musicali non sarebbero più gli autori (o gli editori musicali), ma le case discografiche. Chiunque invece sa perfettamente che chi voglia utilizzare, per esempio in uno spot pubblicitario, una qualsiasi canzone deve farne richiesta, separatamente, sia al titolare della registrazione fonografica, sia all'autore (o all'editore musicale)" e che "ciascuno di tali soggetti è assolutamente libero di decidere se, a chi e per quale corrispettivo concedere la licenza". In terzo luogo, perché gli eredi sono stati assolti dall'accusa di aver violato "gli obblighi di diligenza nei confronti di Sony Music".
Un nuovo contenzioso all’orizzonte
La lunga vicenda è comunque lontana dal concludersi: il 6 settembre Sony ha annunciato il ricorso in Cassazione, gli eredi hanno fatto sapere che "attenderanno con serenità anche questa decisione". Il valore del patrimonio di Battisti (nato il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone e morto 25 anni fa, il 9 settembre 1998) è stimato in 16 milioni di euro. E ieri sera, nella lettera di Grazia Letizia, la rivelazione di una nuova battaglia in questa guerra legale.