Giovedì 27 Giugno 2024
SILVIA GIGLI
Magazine

Barbie: il film è un successo miliardario. Ecco la storia di Ruth, la donna che creò la bambola

Viaggio nel mito che ha ispirato la pellicola di Greta Gerwig con Margot Robbie: l’idea di un giocattolo per bambine che non fosse un bambolotto, ma una signorina da vestire e con la quale sognarsi già grandi

Roma, 31 luglio 2023 – “Questa Barbie ha un premio Nobel. Lui è solo Ken”: così Malala Yousafzai, la più giovane premio Nobel per la pace, ha postato su Twitter un’immagine di lei dentro il box rosa che pubblicizza il film campione d’incassi. Con lei il marito Asser Malik, imprenditore e General Manager del Pakistan Cricket Board. “Barbenheimer” si conferma un fenomeno anche nel secondo fine settimana dall’uscita. A livello mondiale i due film, ‘Barbie’ e ‘Oppenheimer’, hanno superato il miliardo di incassi.

Margot Robbie nel film "Barbie"
Margot Robbie nel film "Barbie"

Negli Usa, la pellicola diretta da Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling ha incassato 93 milioni di dollari, mentre “Oppenheimer” di Christopher Nolan ha superato i 46 milioni di dollari. Per quanto riguarda gli incassi globali, ‘Barbie’ è arrivato a 775 milioni. “È un numero folle - ha detto Jeff Goldstein della Warner Bros – c’è un pubblico integrato che vuole far parte di questo momento ‘zeitgeist’. Ovunque le persone vestono di rosa. Il rosa si sta impossessando del mondo”. Goldstein sottolinea inoltre che Barbie attrae anche un pubblico che torna a vedere il film una seconda volta, secondo le stime, nel 12% dei casi. La rivoluzione rosa di Barbie continua a macinare incassi e rimane in vetta al box office per la seconda settimana anche in Italia. Da noi Margot Robbie nel film di Greta Gerwig nell'ultimo weekend guadagna quasi cinque milioni e mezzo (portandosi a oltre 18 milioni), tenendo a debita distanza tutti gli altri, in un quartetto di testa che non segna variazioni. Al secondo posto, infatti, con poco più di mezzo milione, c’è ‘Mission: Impossible - Dead Reckoning Parte uno’ (in tre settimane ha superato i 4 millioni).

Ruth Handler, un’ebrea rifugiata negli Usa

Nel film, il viaggio di Margot Robbie culmina con l’arrivo di un'ospite inaspettata: la sua creatrice, la defunta Ruth Handler (interpretata da Rhea Perlman). Barbie era figlia di una donna d'affari ebrea, Ruth Handler, la cui famiglia era fuggita dalle persecuzioni in Polonia. Ruth era nata nel 1916 a Denver, in Colorado, la più giovane di 10 figli. Suo padre, Jacob Moskowitz (poi cambiato in Mosko) era sfuggito alla coscrizione nell'esercito russo, come molti ebrei, all'inizio del secolo, ed era sbarcato negli Stati Uniti nel 1907. Sua madre Ida, che era analfabeta, arrivò l'anno dopo in un battello a vapore. Jacob era un fabbro e trasferì la famiglia a Denver, dove si stavano costruendo nuove ferrovie. Ida era malata quando ha dato alla luce Ruth, quindi la bambina fu mandata a vivere con la sorella maggiore Sarah. Fu nella comunità ebraica di Denver di Sarah che Ruth, a 16 anni, incontrò Izzy Handler a un ballo. Ruth si innamorò subito di Izzy, uno studente d'arte senza un soldo che indossava una maglietta strappata. All'età di 19 anni, Ruth decise di abbandonare l'Università di Denver e trasferirsi a Los Angeles, dove trovò lavoro come segretaria ai Paramount Studios. Izzy la seguì presto. "Mentre attraversavano il paese, lei gli ha chiesto di cambiare il suo nome in Elliot. Aveva sentito l'antisemitismo in quel momento, negli anni '30, e sentiva davvero che sarebbero stati meglio con un nome più americanizzato", racconta una sua biografia. Contro le suppliche della sua famiglia, che sapeva che Elliot era povero, Ruth lo sposò nel 1938. Continuò a lavorare alla Paramount, mentre lui si iscriveva all'Art Center College of Design e accettava un lavoro come progettista di lampade, ma diventarono rapidamente collaboratori.

La nascita della Mattel

Elliot Handler iniziò a realizzare oggetti nel loro garage, come fermalibri e posacenere, e Ruth era entusiasta di venderli. Erano soci in affari: Elliott era un creativo tranquillo, mentre Ruth era vivace e senza paura, una persona che si prendeva dei rischi che diceva che la sua prima vendita era come "assumere una droga”. La seconda guerra mondiale mise a dura prova i loro affari. Con l'amico Harold "Matt" Matson, Elliot prese a realizzare cornici in legno e mobili per case delle bambole. Trovarono il successo e chiamarono la loro azienda Mattel, una combinazione dei nomi di Matt ed El(liot). Nel 1946, Matson vendette la sua quota e Ruth Handler divenne il primo presidente della Mattel. L'azienda si ramificata in giocattoli, tra cui un ukulele a misura di bambino chiamato Uke-A-Doodle e pistole giocattolo.

La nascita di Barbie

Un giorno, mentre guardava sua figlia Barbara, da cui sarebbe nato il nome Barbie, Ruth ebbe una nuova idea. Vide che Barbara e le sue amiche giocavano con le figure di donne adulte di carta, cui cambiavano accessori e vestiti, fingendosi a loro volta già grandi: da qui la prima idea, dare a quelle sagome di carta la tridimensionalità. Negli anni '50, le uniche bambole sul mercato erano i bambolotti. Durante un viaggio di famiglia in Svizzera nel 1956, Ruth notò una bambola adulta, formosa, chiamata Bild Lilli. Questo giocattolo, basato su un seducente personaggio dei fumetti del tabloid tedesco "Bild" era stato progettato come sex toy, un regalo sessuale per gli uomini. Ruth la vide come la realizzazione della bambola che aveva in mente, un progetto per Barbie.

Una bambola adulta per bambini era così nuova che i designer di Mattel e persino il marito di Ruth respinsero l'idea, dicendo che le madri non avrebbero mai comprato alle loro figlie una bambola con il seno. Ruth ha continuato a spingere fino a quando la prima Barbie, vestita con un costume da bagno in bianco e nero e tacchi, ha debuttato alla Fiera del giocattolo di New York nel 1959. Molte madri dissero che la bambola era troppo sessualizzata, ma le loro figlie l'adorarono. Ruth comunicò direttamente con i bambini portando Mattel in televisione, rendendola la prima azienda di giocattoli a fare pubblicità in tv, sul ‘Mickey Mouse Club’ della Disney. "Ha cambiato completamente il modo in cui acquistiamo i giocattoli", ha detto il suo biografo. “Fino a quel momento, i bambini vedevano i giocattoli solo quando i genitori gli consegnavano un catalogo. Ma quando i giocattoli sono arrivati ​​alle pubblicità in televisione, allora i bambini correvano dai loro genitori e dicevano: 'Voglio quella cosa che ho visto in tv'". Nel suo primo anno di vita, Mattel ha venduto 350.000 Barbie. Sforzandosi di tenere il passo con la domanda, la società ha creato il fidanzato per Barbie nel 1961 e lo ha chiamato come il figlio degli Handlers, Kenneth, ovvero Ken. 

Le critiche delle femministe

La figura magra e ipersessualizzata di Barbie ha suscitato il contraccolpo delle femministe negli anni '70. "Non sono una bambola Barbie!" divenne un inno per i manifestanti allo sciopero delle donne per l'uguaglianza del 1970 a New York. Gruppi di militanti come la South Shore Eating Disorders Collaborative hanno affermato che se Barbie fosse una vera donna, le sue proporzioni la costringerebbero a camminare a quattro zampe e non avrebbe abbastanza grasso corporeo per le mestruazioni.

Di contro, Ruth ha sempre detto che Barbie rappresentava le possibilità per le donne. Le donne non potevano aprire una carta di credito a proprio nome fino al 1974, ma Barbie poteva acquistare qualsiasi vestito: Astronaut Barbie uscì nel 1965, quattro anni prima che Neil Armstrong camminasse sulla luna e 18 anni prima che Sally Ride diventasse la prima donna americana nello spazio. Ken potrebbe essere il ragazzo di Barbie, ma in più di 60 anni non si è sposata né ha avuto figli. Nel libro di memorie di Ruth “Dream Doll: The Ruth Handler Story”, la Handler ha scritto: “Barbie ha sempre rappresentato il fatto che una donna ha delle scelte. Anche nei suoi primi anni Barbie non ha dovuto accontentarsi di essere solo la fidanzata di Ken o una consumatrice e basta. I vestiti, per esempio, le servivano per lanciarsi in una carriera come infermiera, hostess, cantante di night club”.

Ruth Handler nel film

Nel film dagli incassi record, dopo aver passato due ore a confrontarsi con la dura realtà – realtà in cui le Barbie non hanno risolto davvero tutte le disuguaglianze; in cui la nostra scopre che, di fatto, le Barbie stesse sono guidate da un gruppo di uomini seduti nei loro uffici in cima a un grattacielo – Barbie è incredula nell’apprendere che in realtà la sua vera creatrice è stata una donna, moltissimi anni prima. Un'ebrea. “Io sono Mattel", proclama Ruth. Per poi aggiungere: “Almeno fino a quando non ho avuto problemi con le tasse”. Clamorosa rivelazione che certo non interesserà molto ai bambini. Ma la vera storia di Barbie è complessa. Come mostra con intelligenza Barbie nel prologo – una rielaborazione fotogramma per fotogramma della celebre sequenza "L’alba dell’uomo” di ‘2001: Odissea nello spazio’ – la bambola rappresentava qualcosa di totalmente nuovo, quando è apparsa alla fine degli anni ’50. Prima del suo arrivo, le opzioni di giocattoli per bambine erano essenzialmente limitate a bambolotti con cui immaginarsi solo nel ruolo di madre. Barbie rappresentava una visione diversa della donna, in linea con l’emergente consumismo americano. Non dovevi essere solo una casalinga, potevi essere una donna di mondo con tantissimi abiti alla moda. E potevi persino avere le curve. L'ispirazione nacque, si è detto, da una bambola per uomini tedesca vista in Svizzera, incarnazione di un personaggio di un fumetto che manteneva un lussuoso stile di vita attraverso gli scambi sessuali con uomini facoltosi. Una storia naturalmente “inappropriata” per la barbie successiva, quindi quella Mattel fu presentata alla nascita come una “modella adolescente”.

I guai con la legge

Come suggerisce l’apparizione di Ruth Handler alla fine del film su Barbie, la donna fu a suo modo una pioniera. La sua eredità è rimasta molto presente anche dopo la sua morte, nel 2002, ma il suo effettivo controllo creativo su Barbie fu interrotto all’inizio degli anni ’70. Dopo che lei ed Elliot furono incriminati con l’accusa di aver gonfiato i bilanci delle vendite per aumentare il valore delle azioni Mattel, Handler fu licenziata e condannata a cinque anni di libertà vigilata. Lei ha sempre sostenuto di essere innocente, finché non venne riassorbita dalla Mattel nel 1994, quando Jill Barad – la prima delle due uniche Ceo donne dell’azienda fino ad oggi – la assunse come portavoce del marchio. Con il passare dei decenni, le Barbie sono diventate gradualmente disponibili in una vasta gamma di razze e tipologie di corpo, un’evoluzione che si riflette nella Barbieland “alternativa” nel film di Gerwig: l’evoluzione è però partita solo in tempi abbastanza recenti. E’ stato infatti nel 2016 che la Mattel ha finalmente iniziato a produrre modelli di bambole “plus-size“, e le Barbie attuali sono disponibili in cinque diverse tipologie di corpo.

Il film campione d’incassi

Uno degli elementi migliori del film Barbie è la capacità della regista Greta Gerwig di raccontare una storia di formazione femminile senza che il suo stile sia influenzato dalle logiche dei grandi Studios. Utilizzando Barbie e Ken come elementi chiave di una satira sull’ansia, sempre presente della nostra cultura, riguardo alle norme di genere, Gerwig e il marito regista e sceneggiatore Noah Baumbach si divertono a scrivere le battute forse migliori per i personaggi secondari della storia: dalle bambole ormai fuori produzione come l’amica incinta di Barbie, Midge (Emerald Fennell), allo sfortunato “amico” di Ken, Allan (Michael Cera); fino alla Barbie Stramba di Kate McKinnon, perfetta sintesi delle bambole senza capelli e tutte scarabocchiate dimenticate da decenni in moltissime cantine. Verso la fine del film, tutti questi “reietti” hanno il loro momento di gloria. C’è l’Earring Magic Ken del 1993, che sfoggiava un accessorio che il critico del Chicago Reader Dan Savage ha trovato molto simile ai cock ring preferiti dagli uomini gay all’epoca; lo Sugar Daddy Ken del 2009, chiamato così sicuramente a causa del suo cane, ma dal nome comunque equivoco; la Barbie Video Girl del 2010, la cui videocamera incorporata era supercool, almeno finché l’FBI ha notato che poteva essere usata per la pornografia minorile; e la Growing Up Skipper del 1964, ovvero la bambola che sviluppa il seno se si ruota il suo braccio sinistro.

Eppure, nonostante le rassicurazioni della narratrice, Helen Mirren, sul fatto che Barbie ora è “ogni donna”, è significativo che, quando la Barbie stereotipata di Margot Robbie inizia a funzionare male dopo aver assorbito le crisi esistenziali della sua proprietaria umana, uno dei cambiamenti più eclatanti _ e preoccupanti per la povera Margot _ sia la comparsa sulle sue lunghe gambe perfette dell’ombra della cellulite.