Giovedì 27 Febbraio 2025
AMALIA APICELLA
Magazine

Balanzone e non solo. Sandrone e Papagnoco ’Maschere’ senza età

’Semel in anno licet insanire’. Significa, letteralmente, che una volta all’anno è lecito impazzire. Riassume lo spirito del Carnevale e...

’Semel in anno licet insanire’. Significa, letteralmente, che una volta all’anno è lecito impazzire. Riassume lo spirito del Carnevale e...

’Semel in anno licet insanire’. Significa, letteralmente, che una volta all’anno è lecito impazzire. Riassume lo spirito del Carnevale e...

’Semel in anno licet insanire’. Significa, letteralmente, che una volta all’anno è lecito impazzire. Riassume lo spirito del Carnevale e perdona le follie innocue e passeggere cui è lecito macchiarsi in questo periodo dell’anno. Mascherarsi potrebbe essere una di queste. Magari da dottor Balanzone (in bolognese Dutåur Balanzån), la più celebre maschera regionale che affonda le radici nella commedia dell’arte. Dottore in Legge, saccente e presuntuoso, dalle grosse gote rosse. L’abito è quello dei professori universitari: toga nera, colletto e polsini bianchi, un gran cappello e il mantello nero.

Provengono da Bologna anche maschere originarie del teatro dei burattini come Fagiolino, servitore arguto e intraprendente. Indossa un berretto da notte con un grosso fiocco, una giacca corta, la camicia con una cravatta a farfalla e calze bianche a righe rosse. Il nome deriva forse da ‘fagiolo’, legume presente sulle mense povere. Ci sono poi la moglie, Brisabella, il suo amico Sganapino, pavido e ingenuo, e Flemma, l’indolente.

A Modena è nato Sandrone, un contadino simpatico e arguto. Il tipico costume è una grande giubba scura, sotto la quale porta un gilet a pois e un berretto da notte a righe rosse e bianche. Tasi è invece la maschera protagonista del famoso e storico Carnevale di Cento. Riconoscibile perché tiene al guinzaglio una volpe. Leggenda narra che, costretto a scegliere tra la moglie e un buon bicchiere di vino, non ci pensò due volte: optò per il secondo. Inventato dal maestro burattinaio Riccardo Pazzaglia nel 2001 è Lazzarone, un quindicenne nato nei primi del ’90 a S.Lazzaro di Savena (nel Bolognese). Il nome è anche un aggettivo dialettale con cui si indicano i monelli.

Se ci spostiamo nelle Marche, Mosciolino diventa il simbolo del carnevale anconetano. Maschera nata nel 1999 grazie ad un concorso, vinto dall’illustratore Andrea Goroni. Prende nome dal ’mosciolo’, la cozza, che si attacca su tutti i suoi vestiti. Maschere più tradizionali sono quelle di Papagnoco, contadino fustigatore dei liberi costumi cittadini, e di Burlandoto, guardia daziaria e dunque controllore delle merci che i contadini portavano in città. Quest’ultimo prende il suo nome dall’appellativo con cui il popolo apostrofava con disprezzo gli ausiliari devoti al Papa durante il decennio di occupazione austriaca (1849-1859).

Il Rabachen (baccano) e la sua compagna Cagnèra (lite) sono originarie di Pesaro. Il primo indossa un alto cappello a cilindro, lei una veletta che copre interamente il viso e innumerevoli nastri che decorano il vestito. Il guazzaró è la maschera tradizionale di Offida (Ascoli Piceno). Viene dall’abito da lavoro che i contadini usavano per pulire le botti: un saio di tela bianca con fazzoletto rosso al collo. Durante il carnevale di Ascoli Piceno è invece facile trovare lu sfrigne, allegro venditore di aringhe che pendono da un ombrello, abbigliato da pezzente. A Fermo la maschera tradizionale è Mengone Torcicolli, comparso nell’Ottocento. Infine, caratteristico del carnevale di Fano è il Vulon, che schernisce tutti i gradassi e i vanitosi. Ideato nel 1951 da Melchiorre Fucci, trarrebbe origine dall’usanza di Napoleone di promulgare le leggi con editti le cui prime parole erano Nous Voulons (’noi vogliamo’).