Alla Festa del cinema di Roma, è stata presentata ieri sera la miniserie Avetrana – qui non è Hollywood, diretta da Pippo Mezzapesa per Disney+. La serie, quattro episodi di un’ora ciascuno, sarà disponibile sulla piattaforma dal 25 ottobre prossimo.
Raccontare il delitto di Avetrana. Cioè una delle vicende più cupe e strazianti della storia recente italiana. Sarah Scazzi aveva quindici anni quando venne uccisa. Era l’agosto 2010 quando scomparve: in ottobre, dopo un drammatico interrogatorio dello zio, Michele Misseri, il corpo della ragazza venne trovato in fondo a un pozzo, nelle campagne di Avetrana, vicino a Taranto. Era stata strangolata. Per quell’omicidio sono state condannate in Cassazione la cugina, Sabrina Misseri, e la zia Cosima Serrano. Stanno scontando l’ergastolo, continuano a proclamarsi innocenti. Lo zio, Michele Misseri, è stato condannato a 7 anni per soppressione di cadavere. Scontata la pena, adesso è fuori. Ma si proclama colpevole.
Fin qui i dati di fatto. Poi, questa estate, escono il trailer e il manifesto che annunciano l’uscita della serie. E divampano le polemiche. Prima di tutto per quel manifesto, con i tre indagati circondati dai microfoni. Una grafica che sembra simile a quella di un film comico di Maccio Capatonda, Omicidio all’italiana.
I commenti social sono furiosi: "Irrispettoso", "una locandina da commedia con Steve Martin", "imbarazzante". Nel settembre scorso, si scaglia contro il film il sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi. Che sui suoi social disconosce "la scelta di utilizzare il nome del comune nel titolo della serie", e dice: "Da anni il comune cerca di allontanare da sé i tanti pregiudizi dettati dall’omicidio. Questo nuovo ritorno su un fatto così grave è uno stop al processo di rinascita di un’intera comunità".
Adesso, dopo la proiezione dei primi due episodi, è il tempo delle risposte. "Abbiamo cercato di avvicinarci il più possibile all’umanità di questa storia", dice il regista della serie, Pippo Mezzapesa. "Di entrare nel profondo di questa vicenda, di entrarci con grazia, rispettando le persone che questa vicenda racconta. Si sa che il male è banale: è comprenderlo che è complesso", dice il regista.
"Quali erano i rischi di approcciarsi a questa vicenda? Il rischio era quello di approcciarsi in modo morboso, voyeuristico a questa storia. L’intento invece è stato quello di andare nel profondo dei personaggi, di esplorare le fragilità di ciascuno, che hanno portato a quella tragedia".
Dice ancora Mezzapesa: "Noi ci siamo attenuti ai fatti. Ci sono tre gradi di sentenze giudiziarie, e ci siamo attenuti a quelle. Non siamo giudici, né investigatori o giornalisti d’inchiesta. Siamo narratori di storie. E a partire da quello che è stato acclarato, abbiamo raccontato una storia. La storia di una famiglia che si disgrega, in un conflitto che diventa insanabile".
Interviene il produttore, Matteo Rovere: "Il nostro compito non è raccontare un mondo in cui il male non esiste e pacificare tutto. Dobbiamo guardare in faccia anche il male, e usare l’audiovisivo per una analisi critica". E puntualizza: "Abbiamo comunicato con la famiglia Scazzi: c’è chi ha avuto volontà di essere con noi, chi ha preferito di no. Ma li ringrazio, in ogni caso".
La fiction narra la vicenda dal punto di vista di ciascuno dei protagonisti, sviluppando ogni punto di vista in un singolo episodio. Mentre la storia si sviluppa, e prosegue verso la tragedia. Federica Pala è nel ruolo della giovane vittima, Vanessa Scalera nei panni di Cosima Misseri. Paolo De Vita interpreta Michele Misseri e Giulia Perulli – ingrassata di 22 chili per il ruolo – è Sabrina Misseri.