Lunedì 7 Ottobre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Magazine

“Attosecondi“ da Nobel, la luce ultraveloce

Premiati per la fisica gli studi di tre scienziati sugli impulsi capaci di “fotografare“ il moto degli elettroni. Le radici italiane della ricerca

“Attosecondi“ da Nobel, la luce ultraveloce

“Attosecondi“ da Nobel, la luce ultraveloce

Veloce, velocissimo, ultraveloce. E infinitamente piccolo. Il Nobel per la fisica, come ogni anno, conduce i profani su terreni quasi incomprensibili, ma sempre ricchi di suggestioni. Stavolta l’Accademia di Svezia ha premiato tre scienziati – una francese che insegna in Svezia e fa parte della nostra Accademia dei Lincei; un ungherese passato per Vienna e ora direttoe di un centro di ricerca a Monaco di Baviera; un altro francese passato per l’Olanda e ora docente negli Stati Uniti – "per i metodi sperimentali che generano impulsi di luce di attosecondi per lo studio della dinamica degli elettroni della materia". Stiamo parlando di movimenti rapidissmi di elettroni all’interno degli atomi: un attosecondo corrisponde a un milionesimo di milionesimo di milionesimo di secondo. Difficile da capire, figuriamoci da distinguere. Su Le Scienze online, ieri, per spiegare di che tipo di ricerche si tratti, hanno consigliato di "pensare a fenomeni che in natura si svolgono in modo estremamente rapido, come il movimento delle ali di un colibrì (80 battiti al secondo). Dato che l’occhio umano non è in grado di distinguere nulla più del corpo dell’uccello fermo nell’aria, per distinguere i movimenti delle ali occorrono riprese video con tempi di esposizione estremamente brevi, più brevi della durata di un battito".

Ecco, tutto questo nella fisica atomica va moltiplicato, anzi estremizzato e perciò gli esperimenti dei tre neo Nobel sono così importanti: hanno dimostrato che si possono ottenere impulsi di luce di brevissima durata, utilizzabili per misurare il moto degli elettroni in atomi e molecole. Anne L’Huillier, 65 anni, oggi all’Università di Lund in Svezia, cominciò negli anni Ottanta facendo transitare la luce laser a infrarossi attraverso un gas nobile; proseguì Pierre Agostini, 82 anni, da ultimo docente alla Ohio State University, con il suo gruppo di ricerca francese dedicandosi allo studio di impulsi di luce successivi (“treno di impulsi“); Ferenc Krausz, 61 anni, attuale direttore del Munich Centre of Advanced Photonics, al tempo del suo impegno al Politecnico di Vienna riuscì a selezionare un singolo impulso all’interno di un treno. È un Nobel per la fisica, dunque, che premia un intero filone di ricerche; stiamo capendo molte cose importanti che avvengono nell’infinitamente piccolo, un campo di indagine sulla materia giudicato molto promettente per le possibili ricadute pratiche.

Caterina Vozzi, direttrice dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr, ha detto che le "potenziali applicazioni vanno dallo sviluppo di nuovi materiali alla comprensione dei meccanismi di protezione del Dna dall’irradiazione solare". Altri, pensando alla possibilità – quasi fantascientifica – di controllare il movimento degli elettroni, hanno ipotizzato sviluppi nell’elettronica molecolare, quindi dispositivi sempre più miniaturizzati o celle solari di straordinaria efficienza. Altre possibilità dovrebbero aprirsi nella diagnostica medica.

Giorgio Parisi, che il Nobel per la fisica lo ha vinto nel 2021 e ieri era particolarmente contento per Anne L’Huillier, dal 2021 socia straniera dell’Accademia dei Lincei, ha sottolineato anche le “origini italiane“ del campo di ricerche premiato dall’Accademia svedese, ricordando le intuizioni e gli esperimenti condotti da Orazio Svelto, uno dei padri del laser in Italia, con la sua scuola al Politecnico di Milano, a cominciare da Mauro Nisoli e Sandro De Silvestri. "Fra le applicazioni più strabilianti della tecnica inventata da Svelto – ha spiegato Parisi – va ricordata la “fotografia” del moto degli elettroni in molecole di idrogeno o di interesse biologico. Il laser fu inventato nel 1960, da allora sono più di venti gli scienziati premiati con il Nobel per lo sviluppo e l’utilizzo di questa tecnologia, che, come si disse, “era una soluzione in cerca di problemi”. Il futuro della scienza, e quindi della vita di tutti, dipende anche da queste ricerche".

Il citato Mauro Nisoli ieri ha ricordato la collaborazione del suo gruppo di ricerca del Politecnico di Milano con il neo Nobel Krausz e non ha nascosto la propria soddisfazione: "In Italia siamo gli unici ad avere un centro di ricerca dedicato, grazie alla lunga tradizione sui laser a impulsi ultrabrevi che risale agli anni Settanta con il professor Svelto".

C’è un po’ di ricerca italiana, in questo Nobel.