di Anna
Mangiarotti
Incredibile, anche l’arte contemporanea ha bisogno di restauri. E Sara Abram, che il prestigioso Centro conservazione restauro “La Venaria Reale“ (accanto a Torino) sovrintende come segretario generale (titolo specifico in una Fondazione), ce lo conferma.
Non è un paradosso?
"Per niente, gli artisti del Novecento hanno scombinato secoli di tradizione, incominciando a utilizzare metodologie e materiali non convenzionali".
Che arrugginiscono, ammuffiscono, scoloriscono, si spengono, si essiccano, fermentano... infestati dagli insetti.
"Al restauratore sono richieste perciò competenze scientifiche e savoir- faire manuale".
Siamo all’ultima frontiera?
"Intanto, mi ci sono appassionata. E dopo aver seguito il percorso formativo di storica dell’arte concentrandomi su questo arco cronologico, sono entrata nella Fondazione dalla sua nascita, nel 2005".
Oggi?
"Sono da poco tornata da Addis Abeba, dove, con l’inaugurazione, si è concluso il progetto della nostra prima candidatura internazionale: assegnato dall’ONU, il restauro di un’opera contemporanea, all’interno del ripristino dell’Africa Hall".
La sede dell’Uneca, Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa...
"Prima, era sede dell’Unione Africana (Oua), perciò ha un grande valore simbolico questo edificio monumentale. Fu eretto nel 1961 per volere di Hailé Sellassié, l’imperatore. Centosessanta metri quadrati di pannelli murali dedicati alla diversità della flora africana chiese a una donna di realizzare".
Ci stupisce.
"Ancora sconosciuta al grande pubblico (ma apprezzata dai critici, Sgarbi in primis) è la savonese Nenne Sanguineti Poggi. Scomparsa a 103 anni nel 2012. Artista senza confini. Il suo infaticabile pennello, per 70 anni, ha catturato l’anima dell’amata Etiopia. Offrendo un prezioso lascito di un mondo che per molti aspetti sta rapidamente scomparendo".
Il restauro del suo Floral mural si aggiunge a quanti vi hanno impegnato finora?
"All’incirca duemila progetti d’intervento; ottomila opere, con duecento cantieri".
Speciali ostacoli quando?
"Il tragico rogo scoppiato nel Museo nazionale del Brasile, a Rio de Janeiro, nel 2018, distrusse anche frammenti di dipinti murali pompeiani che una Borbone si era portata in dote, sposando nell’Ottocento l’imperatore".
Nuovo scavo tra le macerie delle sale?
"Sì, per recuperare i “frammentini” deformati e scoloriti. Spediti quindi a Venaria Reale, dove ci abbiamo lavorato per settimane e settimane".
Spettacolari le specchiere del milanese Museo Poldi Pezzoli da poco pulite e consolidate. Altre storie, altre avventure?
"Il Buddha con la bomba, il Chewing Gum di Cupido, la Lampadina rotta in mille pezzi (su cui si testa la pazienza e la stoffa dell’apprendista restauratore). Esperienze nascoste dietro le quinte dei nostri laboratori, che sveliamo".
Come?
"Con attitudine contemporanea negli strumenti e nelle tecnologie, nel nuovo Centro visitatori, o “Il Ristoro delle Arti“ (aperto ampliando il percorso nella Reggia di Venaria): vedere la Parete dei fatti, la Parete delle cose, e appunto la Parete delle storie, raccontate in dieci sportelli".
Il vostro organico?
"Contiamo più o meno duecento tra professionisti e studenti. Come borsista di ricerca, mi piace citare adesso Mohammad Homam Hariri, il giovanissimo nipote di Khaled al-Asaad, pioniere del’archeologia siriana, eroe di Palmira dove è stato trucidato dall’Isis".
Della vostra presenza a Gerusalemme cosa possiamo dire?
"Il restauro della pavimentazione del Santo Sepolcro, a cui collaboriamo, avviene in pieno spirito di comunione delle tre religioni cristiane con diritto d’accesso. Anche far conoscere l’importanza di preservare e conservare la storia, tanto più in momenti di crisi, è tra gli obiettivi perseguiti aprendo il Centro al pubblico, per contribuire a diffondere la cultura della pace".