I buu ad Anna Netrebko? E vabbè, cose note in quello strano luogo che è il loggione della Scala. Un sacco di registrazioni dal vivo conservano ineffabili perle sul tipo "povero Verdi, questa è una banda" indirizzato a Carlos Kleiber (Kleiber!!) direttore di “Otello“ da parte del notissimo pelatone che per anni ruppe i cosiddetti con berci quinci e quivi: e come lui, diversi plotoni di guastatori per professione, tante lumache di Trilussa convinte di passare alla storia perché strisciavano sbavando sullo storico obelisco.
La recita del 7 dicembre s’era deciso di dedicarla a Renata Tebaldi, sicché al termine dell’aria “Me pellegrina ed orfana” – cesellata con arte infinita da Anna –, s’è sentito blaterare "Povera Tebaldi": al che, il mitico e riconoscibilissimo Marco Vizzardelli (quello del "Viva l’Italia antifascista" all’inaugurazione scorsa, al termine dell’inno nazionale cui assisteva accanto a Mattarella la neo-compagine governativa) ha fatto udire una sonorissima e prolungata risata omerica: unica risposta sensata a una palese idiozia. Ma si sa: purtroppo circolano nei teatri patetiche figure di cantanti in varia guisa falliti o mai stati su di un palcoscenico, che – altrettante lumache trilussiane – sfogano come possono il loro livore con la fregola offerta da una ripresa audio o video.
Se invece i buu sono politici, indirizzati a chi è russo, non so che dire: non ho idea di come mi sentirei se fossi ucraino. Ricordo bene quei quattro strapelati che a Salisburgo, sotto una gelida pioggia, gridavano "No Netrebko" prima e dopo la recita di “Gioconda“: un po’ li ammiravo, poverini, ma erano all’esterno e non disturbavano nessuno; questi invece, che al calduccio anonimo d’un loggione se la prendono con una grande cantante che è anche somma artista, francamente suscitano solo una gran rottura di scatole. Ci saranno sempre, purtroppo. Ma passano, "passano come le nuvole sul mare", direbbe Butterfly.