Sabato 19 Ottobre 2024
ANDREA SPINELLI
Magazine

Alice De André: “Papà, il mio amico fragile. Mi disse solo: non cantare”

L’attrice, nipote di Faber e figlia di Cristiano, sul palco coi ragazzi di ’Asperger’: “Sogno un viaggio nel Paese delle meraviglie, tra i personaggi del nonno”

Alice De André, 25 anni, ultimogenita di Cristiano e della l’ex ballerina della Scala Sabrina La Rosa, è attrice e autrice di teatro

Alice De André, 25 anni, ultimogenita di Cristiano e della l’ex ballerina della Scala Sabrina La Rosa, è attrice e autrice di teatro

Milano, 19 ottobre 2024 – Una carezza quando era ancora nel ventre materno è tutto quel che resta ad Alice De André di nonno Fabrizio. Venuta al mondo quattro mesi dopo la tempesta che s’è portata via l’autore di ‘Via del Campo’, Alice è l’unica dei quattro figli di Cristiano a non essersi seduta sulle sue ginocchia. Ma Faber rimane lo stesso una presenza immanente nella sua vita. E non solo per quel cognome lucente e pesante come il marmo che si porta sulle spalle. Nata nel ’99 a L’Agnata, l’agriturismo di famiglia a Tempio Pausania, in Sardegna, la piccola di casa per i genitori è sempre stata una testa dura. Con quella caparbietà ha provato a farsi largo nel campo del teatro, memore anche di un consiglio paterno prezioso come l’oro visto l’albero genealogico: nella vita fai quel che credi, tranne che la cantante.

Non è facile chiamarsi De André e suo padre Cristiano lo sa, forte e fragile allo stesso tempo. Lei pensa di averlo capito?

“Siamo legati da un rapporto meraviglioso. Probabilmente quello che entrambi, per 25 anni, abbiamo sperato di raggiungere. Non siamo solo padre e figlia, ma anche colleghi, complici, amici. Se mamma (Sabrina La Rosa, ex ballerina della Scala) è la mia migliore amica, con papà c’è una connessione profonda, quella che nasce dall’essersi parlati, ma soprattutto ascoltati, tanto. Ho capito le sue fragilità e, anche se non riesco a giustificare tutte le sue scelte, non posso neppure biasimarle, perché so che ha sempre fatto il meglio che poteva”.

Quando ha raggiunto questa coscienza?

“Quando ho capito che i genitori sono stati a loro volta figli”.

Come definirebbe papà?

“Il mio amico fragile. E io sono la sua amica fragile. In fondo, due fragilità messe assieme possono diventare una forza”.

Su papà sua sorella Francesca (nata nel ’90, assieme al gemello Filippo, dalla relazione di Cristiano con Carmen de Cespedes già madre nel 1987 della primogenita Fabrizia) ha espresso posizioni dure. E l’ha fatto in tv.

“Quello è un mondo che non mi appartiene. E ne sono felice. A casa la televisione neppure ce l’ho”.

Lei è autrice e regista dello spettacolo ‘Take Me Aut, l’eroe che è in me’ in scena questa sera al Teatro Gerolamo di Milano in collaborazione con Fondazione Un Futuro per l’Asperger Onlus.

“L’ho fatto per Roberto, figlio del compagno di mia madre,Massimo Montini, che considero un fratello. È affetto dalla Sindrome di Asperger e consapevole dei suoi blocchi; crescendo assieme, mi sono resa conto che parte delle sue difficoltà derivano dalla mancanza degli strumenti necessari a superarli. Così ho cercato un modo per poter essere d’auto a lui e a quelli nella sua condizione”.

Come?

“Puntando su una terapia d’urto come il teatro, fatto di contatto fisico, visivo, emotivo. Cose che per questi ragazzi sono, non dico impensabili, ma sicuramente difficili. Così, due anni fa, ho proposto alla Scuola Futuro Lavoro, fondata proprio dal padre di Roberto, un ciclo di incontri e, davanti ai buoni risultati, mi sono detta: proviamo ad andare sul palco”.

In che modo?

“Il tema dell’eroe è venuto fuori spontaneamente, quando durante un laboratorio ho chiesto a questi ragazzi chi fossero per loro gli eroi e mi sono sentita rispondere Batman, Spiderman e simili accorgendomi, però, che il loro fascino sui ragazzi non scaturiva dai super poteri, ma dall’essere umani”.

Tra le cose fatte finora, quale le ha lasciato i segni più profondi?

“Il 3 luglio a villa Grimaldi Fassio, nei parchi di Nervi, ho condiviso per la prima volta il palco con mio papà. Presentavamo una serata-tributo per il nonno intitolata ‘Il nostro Amico fragile’, con diversi ospiti, tra cui Morgan, Dolcenera, Eleonora Abbagnato e la regia di Sergio Iapino, per il venticinquennale della scomparsa”.

C’era Enzo Paci, con cui un anno fa ha girato ’Com’è umano lui!’, il film per la tv su Paolo Villaggio, grande amico di suo nonno. Gino Paoli dice che Villaggio era una persona triste.

“L’idea che mi sono fatta di lui nasce dai racconti di famiglia, a dire il vero sempre abbastanza goliardici, a dalla preparazione del mio personaggio per il film, un’amica di gioventù di Maura, la moglie. Villaggio lo vedo più una persona riflessiva e realista. Casomai, più che triste, dava ogni tanto come l’impressione di aver perso la fiducia. Ma forse era solo un’impressione, visto che se un artista perdere fiducia non trova più il senso di fare dell’arte. C’è molta speranza in questo mestiere”.

Cosa vede ora nel suo futuro?

“Un laboratorio teatrale con ragazzi neurotipici e ragazzi con la Sindrome di Asperger, al Grandinetti di Lamezia Terme, per provare ad unirli sullo stesso palco”.

E il sogno da realizzare?

“Vorrei scrivere un monologo mio e portarlo in giro. Giocando sul nome, ho in mente una specie di favola formato ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’ in cui incontrare i personaggi delle canzoni di mio nonno per scansarmi dal cono ombra e dire: sono sì sua nipote, ma prima di tutto sono Alice”.