Giovedì 2 Gennaio 2025
Alberto Mattioli
Magazine

4 ristoranti, l’Italia si svela a tavola: unica e conservatrice

Il programma di Alessandro Borghese nei ristoranti da Nord a Sud: un viaggio nei sentimenti profondi del Paese. Con qualche sorpresa

Alessandro Borghese, 48 anni, conduce 4 ristoranti, in onda su Sky

Alessandro Borghese, 48 anni, conduce 4 ristoranti, in onda su Sky

Roma, 30 dicembre 2024 – Così Alessandro Borghese – 4 ristoranti è arrivato alla decima edizione, iniziata il 22 dicembre su Sky Uno, mentre su Tv8 imperversano le repliche: finora, 107 puntate. La formula è ben nota: quattro ristoratori si sfidano votandosi a vicenda, sotto la supervisione di Borghese che fa ironie e ispeziona cucine: e sì, c’è incredibilmente chi ancora non etichetta gli avanzi e si ostina ad appendere i coltelli invece di riporli. La forza del programma sta nella sua implacabile ripetitività: cambiano i posti, le località, il piatto oggetto di bonus, ma tutto il resto è l’eterno ritorno del sempre uguale, comprese le frasi di Borghese, che del resto assomiglia sempre di più alla sua imitazione, quella di Max Giusti per i Gialappi.

D’accordo: si tratta dell’ennesima manifestazione dell’attuale cucinomania televisiva, per cui ogni volta che clicchi sul telecomando c’è sempre qualcuno che spignatta. Però tutto questo andare e assaggiare dalle Alpi alle Piramidi finisce per diventare un racconto dell’Italia vista dai suoi ristoranti, una sociologia minima, se volete, ma non priva di sorprese. “La cucina è bricconcella”, ammoniva uno dei tre italiani che l’Italia l’hanno fatta davvero, Pellegrino Artusi (gli altri due, ovviamente, sono Verdi e De Amicis): ma è anche sincera. Andiamo per punti.

Primo. L’Italia si conferma un Paese conservatore. Il format del programma aiuta, perché il famoso bonus viene assegnato a chi ammannisce meglio il prodotto locale o il piatto tipico. Ma, fateci caso, di solito chi fa sfoggio di creatività perde. Non c’è titolare della vecchia trattoria che non ci informi che lui il ragù o il brandacujun o i culurgiones li fa esattamente secondo la ricetta della cara nonna o della povera zia, che a sua volta l’aveva avuta dalla bisavola e via risalendo nell’albero genealogico fino alla Wilma dei Flintstones e al suo celebre brasato di dinosauro. L’innovazione non deve diventare mai rivoluzione, la novità va accuratamente centellinata, dosata, decantata. Non a caso, il Pd con Prodi vinceva e con Schlein per il momento perde. Moriremo democristiani.

Secondo. Il général De Gaulle, in un momento di sincerità, o forse solo di lucidità in mezzo ai fumi della grandeur, si chiese una volta: “Come si può governare un Paese che ha 246 varietà di formaggio?”, anche se il numero varia a seconda delle fonti. Bene: in Italia dovrebbero essere 487, quindi se governare la Francia è difficile, governare l’Italia è impossibile (o forse inutile, come sosteneva invece Mussolini). In effetti, dopo un secolo e mezzo di Unità, il nostro resta un Paese dove ogni venti chilometri cambia tutto, paesaggio, dialetto e cucina, con gente che da un borgo all’altro spacca il capello in quattro (e anche qualcos’altro) in asperrime discussioni sul ripieno degli anolini o la consistenza dei canederli.

Vale anche per il costo della vita: nella puntata sulla Basilicata (oggetto di bonus: la salsiccia lucanica), il conto per una cena luculliana di tre portate era inferiore a quello per una pizza mediamente cattiva a Milano. Quindi forse passare dal vecchio centralismo napoleonico a un minimo di autonomia non è una cattiva idea (scrivendo magari un po’ meglio le leggi, però…).

Terzo. I famosi giovani di cui tanto si blatera sono probabilmente meglio di quel che si pensa, e soprattutto di quel che si vede. Cioè non sono soltanto degli aspiranti influencer o gieffini o Tony Effe ma anche ragazzi che lavorano con impegno, anche perché per mandare avanti un ristorante ce ne vuole molto. Il giovane chef che ha vinto la puntata della Lunigiana (ovviamente con un agnello – se ben ricordo – cotto nell’ancestrale pentolone secondo la veneranda ricetta già apprezzata da Dante di passaggio in loco) era perfino commovente per la passione con cui ne parlava. E di conseguenza…

Quarto. Forse invece che essere pieni di laureati in Scienze della comunicazione che poi rispondono ai call center sarebbe meglio essere pieni di laureati, in Scienze della comunicazione ma anche in altro, che vanno a chiudere dei tortellini. Fra l’altro, oltre a risultare meno frustrante sarebbe anche più remunerativo: la mia pusher, ormai, me li mette a 45 euro al chilo.

Quinto. Tutto questo girovagare conferma comunque che c’è un posto dove infallibilmente non solo i piatti ma anche i paesaggi, i vestiti, i monumenti e in generale tutto risulta più bello e più buono che nel resto del mondo. Si chiama Italia.