Lunedì 10 Febbraio 2025
PIERO DEGLI ANTONI
Magazine

I viaggi di Alberto Angela: “Nella tenda in Congo fui ricoperto di formiche”

Il divulgatore scientifico: “A Mont Saint Michel uscii dalle sabbie mobili. Da bambino ero irrequieto, da grande sono scampato a iene e rinoceronti”. Il 17 febbraio torna Ulisse

Alberto Angela, 62 anni, in una foto del programma “Ulisse“, che ripartirà il 17 febbraio. Focus sui luoghi di Montalbano

Alberto Angela, 62 anni, in una foto del programma “Ulisse“, che ripartirà il 17 febbraio. Focus sui luoghi di Montalbano

Milano, 10 febbraio 2025 – Alberto Angela, il 17 febbraio torna ‘Ulisse’ con una puntata speciale. Di che si tratta?

“In occasione del centenario della nascita di Andrea Camilleri abbiamo realizzato un appuntamento sui luoghi del commissario Montalbano, con tutti i protagonisti della serie”.

Intanto è ripreso anche ‘Passaggio a Nord Ovest’, che va in onda ormai da 27 anni, ora al sabato su Raiuno alle 15.

“Con due nuove rubriche: una dedicata a Pompei, e l’altra alle mostre e ai musei. E una nuova, sorprendente scenografia tra una storia di Indiana Jones e un film di fantascienza. I viaggi da fare sono ancora molti e sempre più affascinanti”.

Quando era paleontologo, in Africa trovò un osso risalente a due milioni di anni fa e pensò si trattasse di un ominide... Invece era una scimmia. In questo campo sono più le gioie o le delusioni?

“Faccio un paragone col calcio: è come segnare un gol che poi viene annullato dal Var per un fuorigioco millimetrico. Ma l’azione è stata bella lo stesso. Non è mai una sconfitta”.

Ha raccontato di quando sfuggì alla carica di un ippopotamo, e un’altra volta a un branco di iene. Però dovette affrontare anche un’invasione di formiche...

“Ero in Congo. Mi svegliai di notte. La tenda era stata avvolta da decine di migliaia di formiche legionarie, formiche molto grosse che si spostano in continuazione. Da una piccola apertura nella lampo della tenda erano entrate dentro e mi avevano ricoperto, soprattutto in testa. Uscii fuori camminando su un tappeto vivente di formiche, ma con molta circospezione, per accertarmi che in giro non ci fossero leoni o altri animali”.

E come riuscì a levarsele di torno?

“Non puoi levartele, devi solo aspettare che se ne vadano. Tornai nella tenda tre giorni dopo. In Africa devi spostare le tende ogni due-tre giorni perché le termiti scavano sotto”.

Lei è stato ricoverato in ospedale undici volte. Può raccontare la più grave?

“Da bambino ero piuttosto irrequieto. Una volta – avevo 5 anni e mezzo - caddi su un bambù tagliato a punta. Mi si conficcò nel collo a mezzo centimetro da vasi sanguigni importanti. In ospedale mi tennero fermi mani e piedi mentre mi ricucivano senza anestesia. Un’altra volta un’infermiera, vedendomi, si stupì: ‘Ti ho fatto l’antitetanica poche settimane fa, cosa ci fai ancora qui?’”.

E i suoi genitori?

“Ormai erano abituati. Al telefono mi chiedevano soltanto: ‘In che ospedale sei? Ti veniamo a prendere’”.

Mai un rimprovero?

“Un genitore non deve mai dire ai figli cosa devono fare, ma solo quello che non devono fare. Non bisogna essere opprimenti per non perdere il contatto, ma senza diventare amici. Ne hai comunque la responsabilità. Stimolare la loro curiosità senza tarpargli le ali”.

Nella sua vita alquanto avventurosa ha affrontato anche le sabbie mobili...

“A Mont Saint Michel, quando la marea si ritira, si formano zone di sabbie mobili. Girammo una scena per dimostrare come si può uscirne. Buona la prima: non c’era possibilità di replicare l’azione!”.

Come si esce dalle sabbie mobili?

“Bisogna fare dei passi all’indietro, ruotando un poco il ginocchio. È come risalire una scala al contrario, creando gradini artificiali”.

Spero che ci fosse almeno una corda di sicurezza...

“Nessuna corda. Mi avevano spiegato il metodo e per fortuna ha funzionato”.

Ho letto una sua frase bellissima: le mani sono la punteggiatura dei pensieri. Vale solo per gli italiani?

“Soprattutto per gli italiani. Siamo i migliori per far passare un’informazione non solo con la voce ma avvolgendola di emotività. Pensi a un Sms: ti comunica qualcosa ma senza emozione”.

È vero che suo padre Piero, quando lavoravate insieme, le rimproverava di essere troppo ‘precisino’?

“Non è così. Lui era un giornalista, io un ricercatore, e quindi io sottolineavo l’aspetto scientifico. Avevamo due approcci diversi”.

Pochi lo sanno: lei ha debuttato alla tv di Svizzera, e a quella italiana è arrivato quasi per caso...

“Quasi per gioco, direi. Non pensavo di fare questo mestiere, quando la tv svizzera mi invitò per parlare degli scavi a cui stavo collaborando. Visto che me la cavavo bene davanti alle telecamere, mi proposero un programma, ‘Albatros’, di scienza ed esplorazione. Il programma venne poi comprato dall’allora Telemontecarlo, a mia insaputa. Quando io e mio padre abbiamo acceso la tv e mi sono visto in onda, ci siamo guardati per la sorpresa. A quel punto ci siamo detti, tanto vale andare avanti”.

Suo padre era un ottimo pianista, sua madre una ballerina della Scala. Qual è il suo rapporto con la musica?

“Purtroppo quel talento ha saltato una generazione. Ho provato a suonare la chitarra, ma... Invece i miei figli sono bravi. Io ascolto qualsiasi genere di musica, mi piacciono le belle voci, i bei brani. Nelle mie trasmissioni la musica è molto importante, facciamo una ricerca accurata. Ad aprile avremo una puntata di ‘Ulisse’ veramente particolare, direi quasi sperimentale, una specie di ibrido proprio con la musica”.