Giovedì 21 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
Magazine

L’uomo che salva gli alberi (e li porta a teatro): "Ecco i nostri errori e i loro record"

Lucio Montecchio, botanico e scrittore: "Non basta piantarli, li dobbiamo amare". Dalla quercia del Parlamento alla palma di Goethe (che non è un albero)

Roma, 27 dicembre 2022 - L’uomo che salva gli alberi - così lo ha definito il Financial Times, e quella citazione lo segue come un’ombra, tanto più in questo tempo di cambiamenti climatici -, è innamorato di una quercia, in Inghilterra, "distante qualche chilometro da quella famosissima di Sherwood, non se la fila nessuno. La trovo bellissima e maestosa". Lucio Montecchio, 59 anni, professore di patologia vegetale all’università di Padova e scrittore che porta gli alberi nei reading a teatro, stravede per le piante oltre che per il suo cane Meg, "14 anni e razza incerta". 

Lucio Montecchio (foto Giacomo Cosua)
Lucio Montecchio (foto Giacomo Cosua)

L’importanza degli alberi

Tornando all’abc: "Gli animali in genere, compreso l’uomo, non avrebbero l’ossigeno senza le piante. Ma gli alberi, oltre che produrre ossigeno, accumulano l’anidride carbonica che adesso è un’emergenza. Di fatto, costruiscono il loro corpo di quello". E dovremmo provare a ricordarcelo ogni giorno dell'anno, non solo quando non troviamo il solito albero di Natale perché magari la siccità ne ha ridotto la produzione. 

A questo link il blog di Lucio Montecchio

La quercia del Parlamento

Montecchio - divulgatore e convinto da sempre che l’accademia debba uscire dalle mura dell’Università - ama scoprire la bellezza anche su ciò che spesso resta ai margini. Lavora molto nel Regno Unito - ecco una sua foto con Re Carlo - e si è entusiasmato per quella che gli inglesi chiamano "quercia del Parlamento". La racconta così: "Mi fa tenerezza perché si trova a pochi chilometri dalla famosissima quercia di Sherwood e sostanzialmente nessuno sa che esiste".

La palma di Goethe

Un’emozione paragonabile solo a quella che gli ha provocato la palma di Goethe, custodita nell’orto botanico di Padova, "ha ispirato un trattato meraviglioso", si emoziona il professore. E poco importa che dal punto di vista botanico come ogni palma non si possa considerare un albero. 

"Record degli alberi: tutto è relativo"

Montecchio smonta anche uno dei luoghi comuni più abusati, quello sui record (veri o presunti). "Cerchiamo l’albero più vecchio, il più grande, il più solitario o quello più malformato. Invece dovremmo uscire da questa logica. Perché altrimenti passano in secondo piano gli altri miliardi di alberi che violentiamo quotidianamente con la certezza che tanto ne rimangono ancora". In altre parole, "bene alla salvaguardia degli alberi monumentali ma questo non ci deve portare alla sottovalutazione di tutti gli altri".

Il pino Matusalemme e altre storie

Per fare un esempio concreto: "Il pino Matusalemme in California ha 4.800 anni, lo possiamo definire l’albero più antico. Ma a me stupisce che a tutti gli altri alberi si impedisca di arrivare a questa età. Non solo. Ci dobbiamo chiedere: davvero lo possiamo considerare vecchio? Non lo so, se tra 5.000 anni ci sarà ancora, l'età di oggi non lo identificherà più come tale". Nel frattempo, una certezza: gli alberi che in tutto il mondo arrivano a quei traguardi "sono quelli più scomodi, di sicuro i più lontani da una segheria". 

Il segreto di restare giovani per sempre

Che poi, ragiona Montecchio, "il concetto di età nell’albero è molto strano. Mentre gli animali ogni 24 ore sono più vecchi di un giorno, l’albero ogni anno in primavera produce un suo involucro esterno, quindi la sua parte attiva è sempre giovanissima. Ogni anno un albero ricopre se stesso di un nuovo guscio fatto un po' come un guanto, per capirsi. Così possiamo misurare la sua età da quando il seme è caduto per terra. Ma la parte vitale dell’albero ha sempre non più di 3-4 anni”.

Qual è l'errore peggiore che l’uomo commette verso gli alberi?

"Il problema - risponde il professore - è che magari li piantiamo in giardino per motivi ornamentali senza saperne niente. E purtroppo ci facciamo bastare questo. Li piantiamo poi ce ne dimentichiamo, non abbiamo neanche l’umiltà di capire il loro stato di salute. Se si trova in un contesto inadeguato, l’albero inizia a deperire. Questo può aumentare la suscettibilità a parassiti, tra questi ci sono quelli letali, ad esempio da quarantena che lo uccidono. In sintesi, il nostro vero problema è che non ci accorgiamo degli alberi, anche se li abbiamo accanto".