La pandemia di Coronavirus ha svuotato i cieli e gli aeroporti del mondo, ma ci sono ancora aerei che volano, e ci sono ancora piloti e assistenti che permettono a questi pochi aerei di volare. Molly Choma, una hostess in servizio per Alaska Airlines, è fra quelli che hanno deciso di continuare a fare il loro lavoro, mentre migliaia di colleghi hanno preferito o si sono ritrovati costretti a rimanere a terra. Molly è anche una fotografa freelance e sta raccontando con i suoi scatti i dietro le quinte e la situazione surreale delle ultime settimane.
Il settore sta vivendo la peggiore crisi della sua storia. Secondo gli ultimi dati, nella settimana dal 14 al 20 aprile i voli di linea sono calati del 66% a livello globale rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, con picchi che hanno superato il 90% in molti paesi come Regno Unito, Francia, Spagna, Germania e Singapore (in Italia il calo è dell'81%). Ma non è solo questo: gli aerei che ancora decollano viaggiano semivuoti, trasportando pochissimi passeggeri.
Nei post su Instagram Molly tiene il registro: dieci persone su un volo da San Francisco a Washington, sei su uno da San Francisco a Seattle. Che senso ha allora, per le compagnie e per i dipendenti come lei, continuare a volare? Anche con il traffico ridotto ai minimi, gli aerei garantiscono i collegamenti fondamentali e intanto, vuoti di bagagli, trasportano rifornimenti e materiali vitali per affrontare l'emergenza.
Ma sono proprio le storie di questi sparuti passeggeri a motivare Molly e i suoi colleghi: medici e infermieri diretti verso ospedali in prima linea, figli che vanno ad assistere genitori in difficoltà, persone con gravi malattie costrette a spostarsi per ricevere cure speciali. Le sue foto documentano quindi non solo lo strano spettacolo di cabine vuote e aeroporti spettrali, ma anche l'abnegazione del personale di volo che ancora consente di viaggiare a coloro che non possono farne a meno.
MagazineCome sono gli aerei ai tempi del Coronavirus? Le foto di un'assistente di volo