Venerdì 10 Gennaio 2025
MANUELA SANTACATTERINA
Magazine

“Acab“, la serie tv: "Polizia tra ordine e caos, persone sotto la divisa"

Su Netflix da domani i sei episodi ispirati al romanzo di Bonini e al film di Sollima. New entry Adriano Giannini: "Un agente progressista che rifiuta la violenza".

Su Netflix da domani i sei episodi ispirati al romanzo di Bonini e al film di Sollima. New entry Adriano Giannini: "Un agente progressista che rifiuta la violenza".

Su Netflix da domani i sei episodi ispirati al romanzo di Bonini e al film di Sollima. New entry Adriano Giannini: "Un agente progressista che rifiuta la violenza".

"L’abbiamo sentito immediatamente come un progetto estremamente necessario e urgente perché affronta un tema universale e attuale: quello della dialettica tra ordine e caos che ha accompagnato lo sviluppo della società da sempre e che parla dei nostri tempi". È Tinny Andreatta, vicepresidente per i contenuti italiani di Netflix, a spiegare cosa abbia spinto la piattaforma a realizzare Acab, serie – disponibile da domani 15 gennaio – tratta dal romanzo omonimo di Carlo Bonini che nel 2012 ha dato vita anche al film diretto da Stefano Sollima, qui nelle vesti di produttore esecutivo.

"Ci sembrava un terreno ancora molto fertile per il tema che affronta: la società civile conferisce allo Stato il monopolio della violenza e ha una forza che deve applicare negli ambiti delle leggi", riflette Riccardo Tozzi, fondatore di Cattleya – parte di ITV Studios –, a cui fa eco Sollima: "L’aspetto meraviglioso del progetto è di essere sempre attuale, motivo per il quale doveva andare avanti. Con il film già soltanto il titolo fece arrabbiare chiunque. Immagino sarà lo stesso anche adesso". L’acronimo Acab sta per “All Cops Are Bastards“, tutte le forze dell’ordine sono bastarde.

"La prima volta che ho letto la sceneggiatura sono rimasto colpito dalla possibilità di costruire due mondi, uno privato e uno pubblico, quello in cui i personaggi indossano la divisa" spiega Michele Alhaique il regista dei sei episodi: la storia segue una squadra del reparto mobile di Roma che, dopo un pesante scontro con i manifestanti in Val di Susa, perde il suo capo, rimasto gravemente ferito. Gli agenti Ivano "Mazinga" Valenti (Marco Giallini) – unico personaggio del film a tornare nella serie che l’attore ha interpretato "decontestualizzandolo" dalla pellicola –, Marta Sarri (Valentina Bellè: "Ho lavorato sull’assenza di femminilità") e Salvatore Lovato (Pierluigi Gigante: "È devoto al reparto mobile, ma c’è un vuoto che prova a colmare in modo ambiguo"), si ritrovano sotto indagine per quella trasferta e con una nuova guida: il comandante Michele Nobili di Adriano Giannini. Un uomo che, a differenza loro, è figlio della polizia riformista che non tollera violenza ingiustificata. "Il suo pensiero più progressista e democratico sulla gestione dell’ordine lo esilia", analizza l’attore.

L’attualità del progetto passa dalla cronaca proprio di questi giorni, come testimonia il caso di Ramy Elgaml, il giovane morto a Milano dopo un inseguimento dei carabinieri. "Ogni volta che si presenta un problema di ordine pubblico c’è un riflesso pavloviano che porta a dire: “Sto con la polizia o sto contro la polizia“. Non è che una persona stia o meno con l’arma. Il problema è capire se chi quella notte ha inseguito quel ragazzo si è comportato secondo le regole oppure no", riflette Bonini, anche ideatore della serie insieme a Filippo Gravino. "Per altro Acab affronta esattamente questo punto. Chiunque appartiene alle forze dell’ordine si trova quotidianamente davanti al tema di rispettare il confine che separa l’uso legittimo della forza dall’uso illegittimo. Penso che lo Stato debba essere rigoroso nel perseguire e punire l’esercizio illegittimo di questo monopolio. Spesso l’idea dell’omertà che protegge è la peggiore condanna per chi fa quel mestiere in modo corretto".