di Stefano Marchetti
Essere una stella significa essere capaci di incantare anche oltre gli anni. Da ieri il tenorissimo Luciano Pavarotti ha (finalmente) una stella lungo la Walk of Fame, la celebre passeggiata di Hollywood dove si allineano – lungo quindici isolati – più di 2700 nomi di celebrità. Alle 11.30 del mattino di Los Angeles, quando in Italia era ormai sera, la posa ufficiale della stella ha suggellato il tributo dello show business al grande tenore: a quindici anni ormai dalla sua scomparsa, la sua voce continua a emozionare tutto il mondo.
Hollywoodiana, ma anche molto italiana la cerimonia al 7065 dell’iconico boulevard, con rappresentanze istituzionali, colleghi e amici di Luciano, e la figlia Cristina, intervenuta a nome di tutti gli eredi Pavarotti. C’era Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, la città dove big Luciano trascorreva tutte le estati, con Cristian Della Chiara, direttore del Rossini Opera Festival, mentre da Modena il primo cittadino Gian Carlo Muzzarelli ha inviato un videomessaggio dal teatro cointitolato al tenorissimo e a Mirella Freni.
"Conoscere e lavorare con lui, con Pavarotti, è stato uno dei viaggi più importanti che io abbia mai intrapreso", ha detto Cinzia Salvioli di Albedo Production che ha curato gli appuntamenti celebrativi dedicati al tenore a Los Angeles (la seconda parte a metà novembre).
Il Maestro James Conlon, direttore musicale dell’Opera di Los Angeles, ha rievocato i suoi esordi proprio accanto a big Luciano negli anni ‘70: "La vocalità di Pavarotti ha incarnato la scuola classica del Bel Canto. In tante occasioni, alle prove, ho notato che tutti gli altri interpreti lo prendevano come modello e iniziavano a cantare meglio, quasi per osmosi. Ancora oggi io porto Pavarotti come un esempio per i giovani cantanti". Conlon ha ricordato anche le ‘mitiche’ cene da Gino, il concierge dell’Opéra Garnier di Parigi: "Dopo ogni spettacolo, Luciano voleva cuocere la pasta. Il teatro era deserto ma si stava a tavola fino a notte fonda".
Toccante e profondo l’intervento di Cristina Pavarotti, l’unico in italiano: "Se penso a mio padre, al valore e alla quantità delle cose realizzate, provo ancora oggi un senso di vertigine. E non so dirvi quanto desidererei che fosse qui", ha esordito. Cristina ha sfogliato l’album dei ricordi: le serate in cui suo papà firmava autografi per ore, oppure i concerti in cui sapeva corteggiare un pubblico poco avvezzo all’opera, portandolo all’entusiasmo. O quando in camerino era circondato da pastiglie per la gola e da una distesa di umidificatori, perché era afono, eppure poi cantava meravigliosamente come un funambolo sul filo.
"Sono sempre stata anche una fan di mio padre, una fan senza dubbio molto fortunata e ormai senza pudori", ha ammesso Cristina Pavarotti che ha ringraziato il papà "per tutte le volte che, con le tante sfumature del suo canto, con una frase struggente, con un pianissimo o un acuto squillante, mi ha acciuffato al volo e mi ha sollevato in alto in alto". Fino a toccare le stelle.