Vino, quei rossi da urlo con la Toscana dentro al bicchiere

di PAOLO PELLEGRINI
9 marzo 2022

vini rossi toscana

Madamina, il catalogo è questo: grande arte uguale grandi vini. E’ la cifra del fil-rouge, che con un itinerario di grande suggestione, può portare gli appassionati e gli enoturisti a farsi un viaggio attraverso emozioni raddoppiate, tra l’assaggio – e perché no, magari anche l’acquisto – di rossi davvero fuori dal comune e l’approccio a un particolare sentire dell’arte contemporanea. Rossi, ed è perfino ovvio: si viaggia attraverso la Toscana, lo stile è decisamente rossista. Almeno per i vini-bandiera, perché poi ognuna delle aziende che si occupano anche di arte contemporanea ha altre frecce nel proprio arco: bianchi di ottimo spessore ma anche di beva pronta e fresca, rosati che sembrano essere sempre più apprezzati dal pubblico, soprattutto per le cene d’estate, qualche spumante che ovviamente dalle bacche rosse traggono l’anima per bollicine rosé sempre più apprezzate, poi vinsanti e grappe. Ma la cifra che domina, il colore del Vigneto d’Artista rimane il rosso. Con diverse sfumature, perché la Toscana non è una, e se nell’interno predomina sua Maestà il Sangiovese, la costa – in particolare Bolgheri – avrà invece un taglio più internazionale: anche se, diciamocelo, i vitigni ‘bordolesi’ con i relativi tagli di uve in cantina ormai hanno assunto anche qua il carattere del territorio. Ma in questo viaggio, che abbiamo fatto partire proprio da Bolgheri e da una delle sue bottiglie-icona, l’Ornellaia battuto nelle aste internazionali e gettonatissimo anche nel grande giro dei fine wines e nel mondo dei supercollezionisti, vedremo che pur nello stesso angolo di orizzonte ci sono sfumature. Perché non c’è solo il territorio: c’è anche il ‘terroir’, quella magica parola che appunto non significa solo e semplicemente il suolo, ma coinvolge il sole, l’anima, le facce, in una parola il genius loci. Quello che alla fine ha ispirato (e dichiaratamente, se ascoltate le confessioni di Lorenza & Marco, al Castello di Ama) la voglia di votarsi alla bottiglia, manche all’arte contemporanea. Così ecco, come nelle trascrizioni di un brano musicale, di una stupenda sinfonia, le variazioni sul tema. Per Antinori abbiamo scelto il Tignanello, nell’ampia gamma offerta dalla griffe: fu un antesignano, il primo rosso prodotto nel Chianti senza uve bianche, con il suo corpo formato da Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Con Nittardi cambia il panorama, siamo sui galestri della Vigna Doghessa ai 450 metri del crinale di Castellina in Chianti, un Sangiovese in purezza che riposa per 14 mesi in legni di media grandezza. Castello di Ama, una Gran Selezione dai vigneti storici dell’azienda, tra i più alti del Chianti Classico, con un po’ di Merlot e Malvasia Nera. E infine Il Borro, alfiere del Valdarno vinicolo, che Cosimo III comprese nelle quattro terre a denominazione ante litteram