Viaggio controcorrente nella Marche del vino: i grandissimi rossi nella terra dei grandi bianchi

di DAVIDE EUSEBI
19 giugno 2023

Gianluca Mirizzi della cantina Montecappone

Si può fare un viaggio di-vino controcorrente, navigando nelle Marche dei grandi bianchi e scoprendo che lì, nella vigna di fianco, nascono anche grandissimi rossi. Vini insospettabili, di eleganza rurale, veri. Mettetevi dunque in automobile e prendete l’autostrada A14 uscendo al casello di Fano. Qui risalite la superstrada direzione Piagge e al casello prendete per la collina fino a raggiungere la cantina Guerrieri. Vi accoglierà Luca con la sua famiglia e con i suoi valori: la campagna, il lavoro solidale (dipendenti tutto l’anno, anche da generazioni e non stagionali), riconversione energetica dell’azienda e poi i vigneti da cui oltre a Bianchello del Metauro e Igt Marche bianchi conosciuti in tutto il mondo, come il Guerriero del Mare, il Guerriero Bianco o il Celso, nascono anche grandi vini rossi. Uno di questi è il Guerriero della terra, una sorta di amarone delle Marche per la sua esplosiva piacevolezza. Il calice è rosso porpora. Il profumo ci porta subito a terra, humus di zolla bagnata in cui giacciono frutti rossi macerati che liberano il loro sangue che poi si svela all’assaggio dove alla mora di bosco e all’amarena si accompagnano anche note balsamiche freschissime di foglia di menta e cespuglio di bosso. E’ un vino penetrante, profondo, avvolgente con la sua vena speziata croccante di cardamomo e corbezzolo schiacciato che suona al palato. Un vino insomma da mangiare, da masticare, un cibo che va oltre la materia e chiude con un ricamo floreale di rosa rossa e ciliegia pendula. Un vino del pensiero. Non perdetevi la visita al frantoio, con selezioni di leccino, raggiola, frantoio che danno oli eccellenti. Qui l’olio extravergine è un culto, così come la pasta prodotta con grani dell’azienda. Riprendete l’auto e l’autostrada in direzione Jesi, solcando due valli con le vigne che si stagliano sul mare mano a mano che guadagnate la terra del Verdicchio. A Barbara, frazione di Senigallia, la cantina Santa Barbara produce uno dei più grandi vini bianchi italiani, lo Stefano Antonucci Verdicchio dei Castelli di Jesi doc classico Superiore, dove mineralità e balsamicità si incontrano, ma anche uno dei cinquanta vini rossi più buoni d’Italia: il Mossone, Merlot di gran classe. Il suo colore è rubino intenso, l’impatto aromatico è ossigenante e altissimo, con note che ci portano subito a essenze di alpeggio: pino cembro con la sua aromaticità orizzontale rigenerante, quindi abete bianco con la sua resina tagliente, e ancora freschezza con nuvole pure di eucalipto, arnica montana e pungenza di genziana che eleva il calice. Il quale va inseguito a lungo perché capace di svelare molto altro: ad esempio rosa muschiata, liquirizia, menta. L’assaggio è non meno complesso. Qui si assapora un frutto rosso assimilabile alla ciliegia grossa, al mirtillo montano, sensazioni amplificate da una nota acida altissima di assenzio. Una vera opera d’arte. Poco distante potrete fare la terza esperienza mistica di grandi rossi in terre di grandi bianchi. Sempre a Jesi c’è la cantina Montecappone, dove Gianluca Mirizzi produce, oltre a oli extravergini di Ascolana, Leccino e Raggia vivi e puri, anche Utopia Verdicchio dei Castelli di Jesi doc dalla doppia formidabile anima (polposa e di bellissima acidità): bianco ai vertici delle guide. Ma non da meno sono i suoi rossi. Uno è dedicato a papa Giovanni Paolo II e si chiama TT (Totus tuus) Igt. E’ un vino di rara finezza. Il colore è porpora con riflessi granato. I profumi spaziano tra fruttato primordiale di ribes e ciliegia, ma si inerpicano subito ad altezze inusitate spinti da arie speziate di nigella, rooibos a ricordarci la terra minerale, quindi l’asparago marittimo con la sua bacca rossa e ancora note aromatiche di garofano fresco, muschio, mirra. L’assaggio è finissimo, una seta di vigna tra abbagli di acerola su tannini vellutati, e amarena. Una trama segnata da lame taglienti di argilla e calcare che spingono in alto, molto in alto il calice, traversato da note speziate di bacca di cipresso, pungente e profonda, agrifoglio, barbaforte ovvero la radice di rafano dal sapore dolce leggermente piccante, aromatico e balsamico. Uno vino da meditare, una dimostrazione di come, nel cuore delle Marche, nascano rossi sorprendenti. Un viaggio tra emozioni nuove e insolite, per chi, andando controcorrente, vuole scoprire l’infinito leopardiano delle Marche del vino.