Valle Isarco, quei vini dalle terre fredde culla dei grandi bianchi 'tedeschi'

Un recente consorzio impegnato a valorizzare vitigni dal grande carattere e dal gusto unico. E poi c’è l’innovazione dei giovani vigneron, come Carmen Augschöll della Tenuta Röckhof

di PAOLO PELLEGRINI
15 novembre 2023
il Monastero di Sabiona

il Monastero di Sabiona

Ci pensa l’Acropoli del Tirolo, lassù sul Monte Sacro, a vegliare sulle "terre fredde del Kerner". Già, perché in effetti un senso di quel mistico che sconfina nel magico un po’ si avverte, nel rapporto stretto e forte che lega il Monastero di Sabiona con la cittadina di Chiusa, che gli sta sotto da tre secoli e mezzo, e con tutte le 'terre fredde' della Valle Isarco.

Un’ottantina di chilometri, dal Brennero fino alle porte di Bolzano, lungo tutto il corso del fiume che si butta nell’Adige: ma a noi ne interessano una trentina, le “fredde terre del Kerner”. E del Sylvaner. E del Riesling. E del Grüner Veltliner. E del Müller-Thurgau. I Grandi Bianchi Tedeschi, e attenzione a snobbarli: con il Gewürztraminer re degli aromatici e il fin troppo abusato Pinot Grigio formano la ricchezza delle vigne di una vallata stretta e fresca che si presta così bene ad allevare l’acidità elegante e spesso minerale e profumata di questi vini succosi e fruttati. Una storia lunga e importante, sfociata qualche anno fa in un consorzio, EisacktalWein, che allestisce ad esempio ’Il vino va in città’, nel centro storico dell’antica Bressanone, che di quest’area vitivinicola, la più settentrionale d’Italia, è un po’ la capitale.

Anche perché nei pressi della città sorge la più antica Kellerei dell’area, l’Abbazia di Novacella, con gli 881 anni di storia delle sue vigne; sotto le possenti mura di Sabiona sta invece la Cantina Valle Isarco, la più grande con i suoi 130 soci. Entrambe ricche di un’ampia gamma di etichette, tra cui spicca anche la tentazione della nuova frontiera, lo spumante metodo classico. Entrambe in stretta sinergia con gli altri produttori della Valle, i 18 giovani vigneron innovativi che si autodefiniscono Vignaioli dell’Alto Adige. Diciotto prodi e coraggiosi campioni di una viticoltura che non è esagerato definire eroica.

Carmen Augschöll

"I nostri terreni sono tutti in pendenza": così presenta l’azienda della sua famiglia, la Tenuta Röckhof (’la casa del guerriero’) di Villandro, la giovane e bellissima Carmen Augschöll, vignaiola e maestra di yoga, e poi capiremo il nesso. Un po’ un emblema nella viticoltura della Valle Isarco: la stessa famiglia che abita il maso e coltiva le terre da 4 secoli. Con Carmen c’è nonna Maria, che di anni ne ha 94, e i genitori: la mamma Frieda e il padre Konrad, «"è lui – spiega Carmen – che ha convertito tutto il focus sul vino, e comunque fino al 1998 l’uva era tutta conferita alla Cantina Valle Isarco". E c’è Hannes, fratello minore di Carmen: sono loro due la rivoluzione di casa, il ricambio e la nuova frontiera, "lui – racconta ancora Carmen – è stato molto tempo in Germania, io ho lavorato nel vino in Austria, ho bevuto, ho visto realtà diverse".

E da una giovane enologa maestra di yoga – ecco il nesso: lei esercita in vari spazi, anche in mezzo alla natura, tra Villandro e Chiusa – non potevano che nascere vini naturali. "Lo stile attuale – racconta ancora Carmen – parte nel 2019, quando abbiamo creato questa linea naturale, biologico nel campo senza interloquire con le viti in modo che ogni annata sia diversa e ogni vino diverso, insomma la massima espressione del terroir, senza interventi di chimica di sintesi in cantina: abbiamo capito che se non lavoriamo così non c’è futuro". Tre ettari di vigne nuove, sovescio con segale e trifogli, uve nuove come Souvignier Gris e Bronner della famiglia dei ’piwi’, le viti resistenti ai funghi "per uno sviluppo superdinamico capace di trattenere anidride carbonica", potature delicate e le api di Hannes come spie biologiche nella vigna.

Tre ettari per 13mila bottiglie di vini affinati in legno "perché dà più vivacità dell’acciaio", bianchi da uve autoctone, il VielAnders che è un orange wine elegantissimo, un PetNat, bollicina naturale fermentato in bottiglia senza nessuna aggiunta, "e in valle ce n’è solo un altro", dice orgogliosa la maestra di yoga, "perché la nostra filosofia resta quella, non si aggiunge nulla". E non vi spaventate se i vini sono torbidi, non filtrati. Non si aggiunge nulla.