Pievalta, pazienza e biodinamica valgono la massima espressione del Verdicchio

La cantina nata 20 anni fa su iniziativa del franciacortino Silvano Brescianini, vendemmia dopo vendemmia è diventata una realtà di alto profilo. E il Castelli di Jesi Verdicchio San Paolo ‘19 è Bianco dell’Anno del Gambero Rosso

di DAVIDE EUSEBI
23 novembre 2024
L'enologo Alessandro Fenino con il ceo Silvano Brescianini

L'enologo Alessandro Fenino con il ceo Silvano Brescianini

San Paolo di Jesi (Ancona) – C’è un po’ di Franciacorta nella contrada di San Paolo, collina dove si produce una delle massime espressioni del Verdicchio. E quando diciamo Franciacorta diciamo nettezza, finezza, verticalità e pulizia nel calice.

Elementi che scandiscono le etichette di Pievalta, azienda biodinamica marchigiana, capace di esprimere nelle diverse annate del ‘San Paolo’ la Riserva della casa, tutta la biodiversità del territorio. Così si può passare dalle sensazioni di calendula smaltata e sidro di cedro dell’annata 2008, al giallo saturnino vergato di senape selvatica della selezione 2013, alla mineralità sulfurea che richiama il profumo di distillato di rosa gialla dell’annata 2016, per continuare con gelsomino, zenzero, fiore di ginestra e tannino agrumato di arenaria che scandiscono l’etichetta 2019, e con la speziatura di fiori di zagara della 2021.

Castelli di Jesi Verdicchio San Paolo ‘19
Castelli di Jesi Verdicchio San Paolo ‘19

Un mondo per capire il quale bisogna fare un passo indietro. È un po’ come un romanzo questa storia della piccola Pievalta, nata per la caparbietà di Silvano Brescianini, tra i più importanti produttori di Franciacorta, che voleva misurarsi con una grande uva autoctona bianca italiana e che dopo 20 anni celebra il riconoscimento di Bianco dell’Anno del Gambero Rosso con un Castelli di Jesi Verdicchio San Paolo ‘19, dall’omonimo comune dove sono situati i 5,3 ettari di vigna a 350 mt di altezza sul livello del mare dai quali nascono le sole 13mila bottiglie ad ogni anno, e che ha conquistato anche la critica internazionale per la straordinaria capacità di evolutiva dei millesimi sin dal 2004, la sua prima vendemmia. Ed è quindi come se Silvano Brescianini l’avesse sempre saputo che su quelle colline dolci e colorate a tinte pastello, dove i campi di girasoli danno spettacolo tra una vigna e l’altra, il vino lo si facesse buono per davvero.

Un paesaggio che attrae e dal quale Pievalta prende il nome e immagine, rappresentata dall’iconica figura stilizzata in tutte le etichette, dalla pieve che dalla cima del poggetto svetta sovrastando la cantina, capace, in un certo senso, di trasmettere la bellezza e dell’Infinito perfettamente descritto dal Leopardi. Il legame di Brescianini con le colline dei Castelli di Jesi è profondo, quasi viscerale: “Dico spesso a mia moglie che un giorno potremmo anche andarci a vivere” racconta, aggiungendo: “C’è un patrimonio inespresso pazzesco che diverrà sicuramente mainstream: i Castelli esistono per davvero e questa terra magica fa nascere un’uva che può dare un vino armonioso, elegante, potente e senza dubbio affascinante. C’è cultura di cibo e dell’accoglienza. Abbiamo sempre creduto nel potenziale di questo vitigno, tra gli autoctoni più importanti d’Italia e l’abbiamo fatto continuando ad investire nelle eccellenze di Cupramontana e Montecarotto. Vent’anni dopo dico ancora che abbiamo fatto bene a puntare sul Verdicchio e su queste colline, ma ammetto che non è stato facile”.

All’inizio in modo particolare anche per la necessità di modificare lo status quo. “I vigneti soffrivano molto, diventavano gialli, avevano un suolo duro come il cemento. Quando li abbiamo acquistati non si vedeva, perché il suolo era coperto da concime chimico. Dovevamo cambiare tutto anche stravolgendo una cultura ingabbiata dal si è sempre fatto così, ma anche noi dovevamo imparare e capire un territorio diverso, un’uva autoctona che in pianta e in cantina si comportava in un modo diverso rispetto ad altre tipologie. Abbiamo sperimentato e avuto pazienza permettendo alle piante di riabituarsi ad andare da sole. Poi ovviamente pian piano lo stile dei nostri vini è cambiato, diventando vendemmia dopo vendemmia più legati al vigneto che ad oggi ha per la maggior parte una trentina d’anni, più veri, più autentici. Ad un certo punto sembrava anche diverso da quello degli altri, ma proprio perché era il Verdicchio più autentico” ricorda ancora Brescianini.

Era logico che a Pievalta la cultura della sostenibilità e del biologico facessero capolino: la matrice è quella della Barone Pizzini che è la pioniera da 25 anni in Franciacorta di queste pratiche agronomiche. Però non è bastato, si è andato oltre: “La scelta della biodinamica si è rivelata giusta, perché ci ha dato unu’identità. Semplificando, la biodinamica punta alla salute del suolo e della pianta. Le radici entrano in connessione con la parte minerale del terreno e la riportano nel grappolo. Per questo il sapore del vino dipende dal luogo in cui la vite cresce. Produciamo 150mila bottiglie: siamo piccoli, ma il biodinamico ci ha aiutato a posizionare il vino, proprio perché non eravamo della zona” racconta Alessandro Fenino, enologo milanese, che sin dal primo giorno è stato la lunga mano di Silvano Brescianini nella conduzione di questa realtà. “Qui è tutta argilla, le radici fanno più fatica a sopravvivere, soprattutto nelle annate difficili. Il padre della biodinamica, il filosofo austriaco Steiner diceva che l’azienda è un organismo vivente, perciò per funzionare bene deve riuscire a fare tutto da sé. Esattamente il contrario dell’agricoltura moderna, che è molto parcellizzata. Ma questo è il sistema più sostenibile, un’azienda agricola completa che ha frutteto, cereali, seminativo, come l’azienda della mezzadria, ha una biodiversità assoluta e ovviamente si autosostiene. Ha gli animali e quindi anche il letame. Noi quindi usiamo le vinacce per produrre il nostro compost che possiamo usare in alcune parti del vigneto” racconta Fenino, mentre ricorda che “nel 2005 abbiamo iniziato ad applicare queste pratiche biodinamiche e, a poco a poco, questo vigneto ha iniziato a rinascere. E da lì è andato sempre a migliorare. Nel 2007 ci fu un’annata molto calda ed è stato un primo test, ci ha fatto capire che il nuovo modo di lavorare funzionava, perché le vigne stavano bene. I vini stavano diventando più buoni e quella seconda parte di bocca pian piano iniziava a venire fuori”.

Il percorso è lento, ma inesorabile: con la vendemmia 2009 arriva l’Oscar Qualità-Prezzo e con la 2010 il primo 3 Bicchieri al vino fatto con le uve del solo vigneto di San Paolo sul lato nord-est, che guarda quindi verso il mare Adriatico, del Monte Follonica dove il terreno è arenaria anche se con non trascurabile presenza calcarea. Il crescendo è inarrestabile e costante: la sperimentazione porta, dal 2019, ad abbracciare cemento e legni grandi per le vinificazioni e le successive maturazioni. È questa l’autentica chiusura del cerchio verso la qualità assoluta nel rigore dell’eleganza sobria che nel tempo evolve diventando un classico in chiave moderna: come quei romanzi che si rileggono continuamente, non stancandosene mai, cogliendone sfumature sempre diverse che sembrava non esistessero prima.

La proprietà è di 43 ettari, di cui 34 vitati e la produzione dellavantina è di circa 150.000 bottiglie l’anno. Oltre al già citato San Paolo Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Docg Classico, è d’obbligo ricordare: Dominè Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore, un vino vibrante, minerale, quasi gessoso, con rimandi agrumati, un’ottima persistenza e che nasce da una singola vigna del 1965; il Tre Ripe Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore, fresco, agrumato e con un buon finale sapido, il cui nome nasce dall’unione di uve provenienti proprio da tre versanti diversi; e infine il Perlugo Zero VSQ un Metodo Classico da uve Verdicchio con profumi di erbe aromatiche, elicriso e mallo di mandorla. Se c’è un vitigno bianco che reagisce alle condizioni pedoclimatiche in modo percepibile nel bicchiere questo è il Verdicchio. E lo dimostrano bene le diverse espressioni delle etichette di Pievalta che su questo ha puntato.

Prima azienda biodinamica delle Marche, adocchiata da Silvano Brescianini e acquistata dalla Franciacortina Barone Pizzini nel 2002, è condotta nel segno della caratterizzazione dei vini in base ai vigneti di provenienza - quasi 30 ettari in totale - diversi per suoli ed esposizioni. La storia di Pievalta inizia 21 anni or sono, quando Silvano Brescianini, alla ricerca del giusto territorio dove far nascere un vino bianco di grande qualità, scopre i castelli di Jesi dei quale si innamora perdutamente. Da quel momento, vendemmia dopo vendemmia, la proprietà si è allargata, tutti i vigneti sono stati convertiti rendendo Pievalta la prima azienda biodinamica delle Marche, e Cantina e sala degustazione sono stati ampliati. Il territorio ha varato il progetto Castelli di Jesi e la raffinata qualità dei bianchi sapidi, secchi e verticali di Pievalta ha conquistato gli stakeholder.