«La Ue promuove il consumo responsabile»

di BEPPE BONI
11 aprile 2022
Decastro

Decastro

Da anni protegge e promuove l’Italia dell’agroalimentare dall’alto del Parlamento di Bruxelles facendo il pendolare fra la sua Puglia, Bologna e l’Europa. Paolo De Castro, eurodeputato Pd, primo vice presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale, docente universitario e due volte ministro dell’agricoltura in Italia, fra le tante cose segue da vicino anche le vicende del vino italiano. Il vino Made in Italy ha scampato definitivamente il pericolo di venire annacquato per decreto dall’Europa? «E’ stato un dibattito che ha trovato ampia eco sulla stampa, ma in realtà non c’è stato un pericolo reale. La discussione era centrata sui vini dealcolati. Si era parlato di un processo tecnico volto a ridurre il tasso di alcol e acqua con la reimmissione di quest’ultima nel prodotto. Ma non se ne è fatto nulla». Cos’è il Nutriscore? «Chiarisco in premessa che non c’è nessuna ipotesi di Nutriscore da parte della Commissione europea. Il Nutriscore rappresenta una posizione della Francia secondo cui utilizzando dei colori sulle etichette si potrebbe indicare la pericolosità potenziale del prodotto. Ma non è la posizione italiana». Qual è la nostra? «L’Italia propone eventualmente il concetto di Nutrinform in base al quale non si deve condizionare con i colori il consumatore ma lo si deve informare. Deve essere un aiuto che porti all’acquisto con una scelta responsabile». Cosa si può fare? «Si possono, per esempio, indicare gli ingredienti come zucchero, grassi e sale affinchè chiunque possa avere cognizione della struttura del vino. Chi compra non deve essere spaventato. Al contrario deve essere guidato. Ognuno di noi deve essere messo al corrente degli elementi per poter decidere». A quando la decisione? «I gruppi parlamentari stanno lavorando su questo tema e a fine anno contiamo di arrivare ad una proposta condivisa presso la Commissione europea». L’Unione europea aveva reso nota una campagna informativa contro l’abuso di alcool correlandolo a diverse malattie, fra cui il cancro. E il tema era poi stato accostato al Nutriscore. «E’ passato un mio emendamento che ha corretto il concetto di consumo responsabile differenziandolo dall’abuso di alcol. Federvini e Unione vini stanno lavorando insieme per chiarire meglio questo aspetto verso l’opinione pubblica». Come è finito il braccio di ferro con la Croazia che vuole applicare il nome Prozek ad un proprio vino passito scimmiottando quindi il nome del Prosecco? «Ad oggi non c’è nessuna proposta di accettazione del riconoscimento della Commissione europea su questo fronte. Sta solo raccogliendo proposte e pareri. Diversi Paesi membri sono con noi per evitare che sia varata questa denominazione troppo simile alla nostra e che indurrebbe in confusione il consumatore. Va salvaguardato il principio anche se parliamo di una produzione di 20mila bottiglie contro la nostra di 600 milioni di prosecco». Possibilità che passi? «Penso scarse, sarebbe un precedente molto pericoloso per il mercato del vino». Il mondo enologico beneficerà dei fondi del Pnrr? «Ci sono risorse per 1 miliardo e mezzo dedicate all’Italia solo per quanto riguarda i progetti della filiera agroalimentare. Quindi anche per le imprese vinicole si possono sviluppare opportunità importanti». E’ vero che i francesci sono più forti di noi nel marketing? «Hanno certamente una tradizione più aggressiva. I nostri vini sulla qualità possono competere bene. Sul marketing possiamo e dobbiamo migliorare». Come possiamo migliorare? «I francesi per esempio sono abituati a promuovere il loro prodotto complessiavamente. Troppo stesso in Italia invece ci sono attriti di campanile e lotte fra produttori. Bisogna imparare a fare più squadra e a lavorare tutti insieme». Quali sono i Paesi esteri dove il vino italiano è più apprezzato? «Sicuramente l’Europa con in testa la Germania. Ma gli Stati Uniti sono un mercato ottimo e sempre in grande crescita». Come si può applicare il concetto di sostenibilità al vino? «Gran parte dei nostri prodotti sono già sostenibili per il rispetto applicato verso l’ambiente. Si riduce sempre di più la chimica e si aumenta la lotta alle malattie della pianta per via genetica. L’Italia del resto è il regno del biologico. Infine, è allo studio una etichettatura ambientale per sottolineare meglio la sostenibilità. Anche sotto aspetto non siamo secondi a nessuno in Europa».