«Il Verdicchio è un bel vino perché ti permette di osare»

di DAVIDE EUSEBI
10 aprile 2022
Family (1)

Family (1)

Maurizio Ceci della cantina Vignamato di San Paolo di Jesi, come è cominciata la sua avventura nel mondo del vino?  «I miei genitori non volevano che lavorassi la terra, farlo negli anni 50 e 60 era sinonimo di fatica. Io di lavoro facevo il progettista, ma passavo il mio tempo libero in campagna. Ho sempre avuto una grande passione per il vino. I miei genitori lo producevano sfuso dagli anni ’50. Io sono entrato in azienda nel 2000 e con mia moglie ho cercato di dare un volto diverso all’azienda, puntando sulla qualità». Qual è stato il primo vino-simbolo della vostra cantina? «Il primo vino che abbiamo imbottigliato si chiamava Vignamato nella versione bianco e rosso, dedicata al babbo Amato. Il nostro primo vino è stato il Verdicchio superiore. Tra l’altro al Vinitaly portiamo due bottiglie del ’98, ancora strepitose». Quali altri vini presentate? «La Riserva Castelli di Jesi 2018 del Verdicchio, forse il nostro vino più rappresentativo, in commercio da novembre 2021. Un’ etichetta che è l’espressione autentica di questo vitigno, dove batte il cuore nostro. Questa Riserva è giovane ma ha già ottenuto grandi riconoscimenti dalle guide. Fa due anni di affinamento in cemento. Il Verdicchio è bello per questo, perché ti permette di osare». L’anteprima? «Avremo l’anteprima del Verdicchio Classico superiore 2021 Versiano che nonostante la siccità estiva ha un buon equilibrio grazie anche alla pioggia di fine agosto con relativa escursione termica. Un vino strutturato, di buon corpo e discreta acidità. L’annata 2020 tra l’altro sarà servita in volo nella classe top della compagnia aerea Ita con la nostra bottiglia da 0,75». Il vino sorpresa? «Forse il nostro Incrocio Bruni 54 che molti definiscono il migliore nella sua tipologia, che si chiama Versus, da uve Verdicchio e Sauvignon. Ma voglio citare anche il nostro Campalliano, Igt Marche rosso 85 per cento Montepulciano e 15 per cento Sangiovese con affinamento di dieci mesi in botte». Vini dolci? «Produciamo un passito di Verdicchio che va a ruba e si chiama Antares, e poi il vino e visciola fatto con i nostri frutti come si faceva cento anni fa». Quante bottiglie producete e dove commercializzate i vostri vini? «Siamo passati dalle 8000 bottiglie degli anni Duemila a circa 150mila su venticinque ettari vitati dislocati tra San Paolo, Maiolati, Castelplanio e Cupramontana. I nostri vini vanno in Europa, Olanda, Belgio, Danimarca, Gran Bretagna e Germania. Vendevamo anche molto bene in Ucraina, ma siamo anche in Polonia, Estonia, Lituania e anche in Russia dove avevamo un importante cliente e dove dovevamo spedire migliaia di bottiglie. Ma con l’attuale situazione le destineremo in Italia».