Il Pratello, vini da collezione da ‘legni dimenticati’
Rossi d’autore, in larga parte da Sangiovese, prodotti nel territorio di Modigliana, antica capitale della ‘Romagna Toscana’
Emilio Placci, classe 1953, vigneron bio da sempre su 3 ettari di vigna a 600 metri, pioniere del territorio di Modigliana (antica capitale della ‘Romagna Toscana’, fino al 1923 provincia di Firenze) nel 2018 lascia la sede storica della sua azienda, Il Pratello, per spostarsi in una nuova casa, a pochi passi da lì.
Nella vecchia cantina sono rimasti nel buio e nel silenzio 120 legni’, barriques e tonneaux, pieni di vini prodotti dal 2006 al 2017, in gran parte dalle vecchie vigne di Sangiovese. Intanto, dal 2018 ad oggi, il territorio di Modigliana è diventato il simbolo di un rinascimento del Sangiovese romagnolo di montagna, fatto su terreni di marne e arenarie, uno stile nuovo di interpretare il territorio. Dove una volta si facevano solo basi spumante con lo chardonnay, oggi un gruppo di produttori (riuniti nell’associazione Stella dell’Appennino) fa un racconto di territorio con vini figli dell’altitudine e del bosco, dalle acidità spiccate, grande sapidità, freschezza e longevità. Rossi atipici, molto lontani dal modello toscano.
Nell’agosto 2022 Emilio Placci e il giornalista-produttore Giorgio Melandri assaggiano i vini, uno per uno, e selezionano i 19 ‘legni’ che saranno imbottigliati single barrel per dar vita al progetto ‘Il Pratello Collezione’, una lettura enoica che rende omaggio alla storia dei primi 30 anni di questa incredibile azienda. Trovano un distributore, Velier di Genova, pioniere nei vini di nicchia, naturali e artigianali, che crea una collezione di 21 bottiglie, tutti rossi, ma non tutti Sangiovese, da vendere a ristoranti ed enoteche.
Una collezione di vini unici, imbottigliati nel giugno 2023, che adesso vanno sul mercato nel catalogo Triple A (Agricoltori, Artigiani, Artisti) di Velier (20 € a bottiglia, totale 420 €). Operazione raffinata, un po’ eccentrica, come le fantasie cromatiche delle etichette disegnate dalla illustratrice Francesca Ballarini: le bottiglie – ognuna con ‘tiratura’ molto bassa da 240 a 590 pezzi - hanno nomi che evocano sogni e atmosfere rurali e appenniniche: Crepuscoli, Ruggine, Burrasca, Nuvole, Fuoco, Faccia al cielo, Silenzio…
“I vini di Emilio – spiega Giorgio Melandri, ideatore del progetto – sono figli dell’uomo e del suo speciale rapporto con il terroir. La sua sfida è stata duplice, un territorio alto, al confine con la possibilità di coltivare la vigna e vini prodotti con i tempi e le regole della natura. La prima sfida è stata affrontata con istinto e generosità, un atto d’amore per quei terreni “impossibili” che il padre gli aveva lasciato. Una sfida vinta. La seconda, meno visionaria e più difficile da comunicare, è quella di vinificare senza usare nessuna delle scorciatoie che la tecnica e la chimica mettono oggi a disposizione delle cantine”. Emilio – conclude Melandri – “è una figura rara in Romagna di vignaiolo che coltiva e vinifica le sue uve con un’idea di vino che è anche un’idea di mondo, uno stile di vita, una testimonianza preziosa”.