«Il nostro tesoro»
La Vernaccia non è solo un vino, ma è un tesoro da tutelare. «Per questo – dice Stefano Graidi, titolare dell’azienda vitivinola Terre di Serrapetrona – e vista l’unicità del prodotto stiamo ragionando se farlo riconoscere come patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco». Da dove proviene la scelta del nome della vostra azienda? «Terre di Serrapetrona richiama direttamente il territorio del vitigno autoctono che coltiviamo, la Vernaccia Nera di Serrapetrona e la specificazione Tenuta Stefano Gradi rende la nostra cantina individuabile nella sua unicità e mette la firma sui vini da noi interamente prodotti». Quali vini presentate al Vinitaly? «Perno centrale, attorno al quale si sviluppa la filosofia aziendale, è l’utilizzo della Vernaccia Nera, vitigno autoctono, a vegetazione tardiva che completa la maturazione con il tradizionale appassimento. L’azienda nasce a fine anni novanta con l’obiettivo di valorizzare la Vernaccia Nera nella sua declinazione di vino fermo. Dal 2016, quando la tenuta è stata rilevata dalla famiglia Graidi, la stessa si è impegnata a proseguire nell’obiettivo inizialmente definito. Aggiungendo al tradizionale appassimento l’attenzione artigianale nel lavoro quotidiano, in vigneto ed in cantina nascono i due Serrapetrona Doc Collequanto e Robbione, ed il Vino Passito Sommo, affiancati dalle versioni, secca e dolce di Vernaccia di Serrapetrona Docg; il vitigno viene declinato anche nella versione spumante». Qual è il vostro principale canale di vendita? «È quello horeca. Sono sempre più i ristoratori che propongono i nostri vini ai clienti. La nostra è una cantina da circa 80 mila bottiglie. Il nostro mercato principalmente è l’Italia, esportiamo principalmente in Svizzera, Svezia, Gran Bretagna e Stati Uniti».