Chianti Rufina Docg, il Sangiovese di montagna orgoglio d'Appennino

di LORENZO FRASSOLDATI
26 settembre 2022

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Quattro passi, vacanza slow in un Chianti ‘diverso’, meno morbido di quello ‘classico’, più rustico, più appenninico. Ma con le stesse suggestioni enogastronomiche, il vino innanzitutto, ma anche l’olio extravergine, i salumi, i formaggi, le carni, il pane. E un paesaggio che più ‘toscano’ non potrebbe essere, le geometrie dei filari di vite che si alternano a piantagioni di ulivi interrotti qui e là da campi di grano o foraggere e viali alberati di cipressi. In un continuo  rincorrersi  di colline verdi che diventano boschi su per i crinali delle montagne. E' la Rùfina, territorio-denominazione del Chianti docg più alto, ‘di montagna’, come si dice. Denominazione piccola ma di grande storia se è vero che le prime testimonianze storiche sui vini di Rufina risalgono ai primi anni del XV secolo. Nel XVIII sec., con l’Editto del Granduca di Toscana, arrivò il riconoscimento ufficiale, e Cosimo III, nel Bando del 24 Settembre 1716, classificava il vino prodotto in questa zona, tra i migliori quattro della Toscana. Dal 1984 il Sangiovese di Rùfina (circa 1.000 ettari di vigneti divisi in 5 comuni per poco più di 3 milioni di bottiglie) reca il sigillo di qualità più alto, la Docg (origine controllata e garantita). A due passi da Firenze percorrendo questo comprensorio attraversato dal fiume Sieve, tra la valle dell’Arno e il Mugello, sembra di entrare in un mondo a parte. Le folle, il grande turismo internazionale sono lontani. Piccoli borghi silenziosi si alternano a ville e castelli che spuntano oltre ordinate schiere di cipressi, gli insediamenti umani  raccontano le alterne vicende delle nobili famiglie fiorentine che tra questi boschi  scelsero la loro dimora principale o quella estiva, per sfuggire il caldo della città. La produzione di vino e olio per le esigenze domestiche, e poi per la vendita, furono il lavoro prezioso che casali e fattorie si tramandarono di generazione in generazione, patrimoni di famiglia che tennero vivi questi luoghi , migliorando col tempo tecniche colturali e tutelando il territorio e conservando l’ambiente e le strutture. Oggi questa eredità preziosa, sottratta al degrado del tempo, si rinnova nel segno di un turismo interessato e intelligente , davvero ‘sostenibile’ , che ama la Toscana e scopre questo ‘Chiantishire’ appenninico, appartato e discreto. Nei 5 comuni del comprensorio (Rufina, Dicomano, Pontassieve, Londa e Pelago) gli escursionisti possono visitare ville e castelli medicei, la strada dei vini,  chiese, conventi e pievi di antica memoria. Le fattorie si sono adeguate per una accoglienza di qualità, rinnovando le strutture per attirare un turismo che chiede discrezione e relax in mezzo al verde. E investendo massicciamente nella cura dei vigneti e della produzione vitivinicola, “perché - ricorda Cesare Coda Nunziante, ex presidente del Consorzio Chianti Rùfina - siamo in una delle zone di più antica tradizione di produzione di vini di eccellenza in Toscana e sicuramente una tra le zone più alte e più fresche dal punto di vista climatico”. Vigneti che grazie all’orografia della Valdisieve e all’incombente schermo dell’Appennino godono di piogge ‘quanto basta’ e di temperature estive mitigate dalle notti fresche. Quindi profumi, bei tannini e grande longevità. E per esaltare ulteriormente la qualità dei vini è nato il marchio collettivo volontario Terraelectae con le prime 8 bottiglie appena in commercio del millesimo 2018. Un super-cru che esalta la selezione in vigna delle migliori uve, che rispondono a un disciplinare più restrittivo di quello della denominazione: Sangiovese 100%, rese massima uve 70 q.li/ettaro, alcol non meno di 12,5°, 30 mesi di affinamento di cui 18 in legno e almeno 6 in bottiglia, e vini già della categoria ‘Riserva’. Col marchio Terraelectae ogni produttore individua la propria vigna simbolo, il fazzoletto di terra nel quale il Sangiovese esprime tutte le proprie caratteristiche nel modo migliore, con la massima qualità e con la maggior continuità possibile, anno dopo anno. “Il consorzio - ricorda ancora Coda Nunziante - è fortemente unito nella visione del Sangiovese in purezza. Una nicchia che rappresenta 55 mila bottiglie rispetto agli oltre 3 milioni della denominazione. Un posizionamento di mercato certamente alto che vuole esprimere il meglio che il nostro territorio può dare”. La prima annata di Terraelectae è la Riserva 2018 proposta dalle cantine: I Veroni vigneto Quona, Marchesi Gondi vigneto Poggio Diamante, Grignano vigna Poggio Diamante, Fattoria Lavacchio vigneto Casanova,  Cològnole vigna Le Rogaie, Villa Travignoli vigneto Colonneto, Frescobaldi vigna Montesodi, Frascole vigna Alle stelle. Col millesimo 2019 altre 5 cantine aderiranno al marchio. Diverse cantine offrono ospitalità di qualità, tra cui Cològnole, Frascole, Fattoria Lavacchio, Castello del Trebbio.