Cavarena, piccolo è bello: la Valpolicella Classica senza compromessi
La sfida di Sergio Rama: vini di qualità in un’azienda di soli tre ettari e mezzo. “Si può stare in piedi anche con 8.000 bottiglie l’anno”
Ottomila bottiglie l’anno, una superficie vitata di tre ettari e mezzo, vitigni rigorosamente autoctoni. “Voglio dimostrare che un’azienda come la mia può stare in piedi, che si può fare vino in una certa maniera, ricercando davvero la qualità senza compromessi”, dice Sergio Rama, titolare di Cavarena, dal nome della località in frazione Mazzurega del Comune di Fumane, piena Valpolicella Classica.
Terreni di famiglia
Di professione agronomo, dopo una vita a scandagliare terreni in giro per il mondo per conto di grandi aziende, nel 2019 ha deciso di dedicarsi al suo, di terreno, quello familiare da sempre piantato a uliveti (e infatti l’olio, buonissimo, lo produce ancora), su questa terrazza a 450 metri sul livello del mare. Qui, tra gli antichi muri di pietra bianca chiamati marogne, Rama ha messo a dimora ben 9 varietà di vitigni autoctoni, dalla classica triade Corvina-Corvinone-Rondinella a quelli più rari, quasi dimenticati, come Turchetta e Oseletta, Corbina e Spigamonti.
La filosofia
Forte delle sue conoscenze in campo agronomico, ha impostato un lavoro in vigna ben definito i cui frutti si vedono già in queste prime vendemmie, grazie anche al contributo in cantina di un enologo d’esperienza come Armando Vesco. L’approccio è assolutamente rispettoso dell’ambiente ma non biologico, per una precisa scelta del produttore: “Il biologico è una certificazione di documenti e carte – spiega Rama – parlare di biodiversità è diventato un trend, il concetto di bio è ormai più uno strumento di marketing che di tutela dell’ambiente. Così ho deciso di aderire al protocollo internazionale Biodiversity Friend, la cui certificazione avviene attraverso campionamenti veri nel terreno, così da affrontare il tema della sostenibilità in agricoltura in maniera oggettiva e dimostrabile”.
I vini
Venendo ai vini, nonostante i numeri ridotti sono ben cinque le referenze, tutte in rosso. L’entry level è il Vinrosso, un Rosso Verona Igt a base Corvina-Corvinone-Rondinella che affina in acciaio. Il suo fratello maggiore è il Quara Alta, stessa denominazione e stessi vitigni ma impreziosito da un passaggio in legno (botti di rovere). Vini di freschezza e acidità, che restituiscono nel sorso tutta l’altitudine a cui nascono, di piacevole beva ma anche di sorprendente longevità, soprattutto per il Vinrosso che non può contare sul sostegno del legno.
Troviamo poi un big della denominazione come il Valpolicella Ripasso e anche qui un suo ‘fratello’, il Loa Rossa, la cui rifermentazione anziché sulle vinacce dell’Amarone avviene su quelle uve antiche di cui abbiamo detto, acquisendo così caratteristiche uniche. Caratteristiche che possono anche non piacere, e in tutta sincerità non ci hanno convinto del tutto, ma che danno una cifra stilistica e una peculiarità alla cantina. Un vino, il Loa Rossa, che si distingue dalle bottiglie standard della Valpolicella e che, con il tempo, potrà trovare maggiore pulizia e bilanciamento. Da riprovare più avanti, senza dubbio.
Infine c’è lui, l’Amarone della Valpolicella Docg, che è invece già un piccolo capolavoro. L'annata in commercio, la 2019, coincide con la prima vendemmia di Cavarena e difficilmente si trova un vino così completo ed equilibrato al primo tentativo, a maggior ragione un vino come l’Amarone. Quello di Cavarena risponde perfettamente agli standard moderni del re della Valpolicella: residuo zuccherino non eccessivo, rinuncia a una quota di austerità a favore di maggiore bevibilità e versatilità, il tutto senza andare a compromettere l’intensità del frutto che resta il marchio di fabbrica dell’Amarone. Ne nasce così un vino dall’intenso bouquet rosso, di prugna e ciliegia, che al palato si fa strada lentamente, rilasciando terziari quali cuoio e pepe, per poi chiudere con una rinnovata sapidità e freschezza che suggerisce ancora una lunga vita a questo Amarone Cavarena 2019.