Casina Bric, il culto del Nebbiolo secondo Gianluca Viberti

di MICHELE MEZZANZANICA
25 maggio 2023

Gianluca Viberti e i suoi vigneti

A Gianluca Viberti piace correre, ma non piace andare di corsa. Ascolta e rispetta i tempi della natura, che sono tempi lunghi. Quando si dedica al running sulle amate montagne così come in cantina, dove i suoi vini maturano lentamente. Macerazioni che raggiungono anche i 50-60 giorni, affinamenti in bottiglia che durano anni, metodi Charmat lunghi che si spingono fino a 18 mesi. Langarolo doc, dopo essersi fatto le ossa nell’azienda di famiglia decide di mettersi in proprio, fondando nel 2010 Casina Bric, 12 ettari nella parte più elevata del comune di Barolo, a un’altitudine di 460 metri. Qui si dedica al culto del Nebbiolo, il vitigno autoctono per eccellenza, protagonista in purezza di circa metà della produzione aziendale (20mila Baroli e 20mila spumanti su 80mila bottiglie totali). La sublimazione del concetto di terroir, che per Viberti si declina in una viticoltura “logica” ancora prima che biologia. “Oggi va di moda l’altitudine – spiega – e noi abbiamo la fortuna di avere i vigneti sulla dorsale più alta di Barolo, una zona un tempo più bistrattata rispetto a cru storici come Cannubi o Sarmassa e che ora viene invece presa in considerazione. Ma non si può salire all’infinito e in ogni caso il concetto importante, sul quale insisto, è il mantenimento della tranquillità del suolo, a prescindere dall’altezza cui si trova. Tutti gli estremi climatici, dalla siccità all’abbondanza di piogge, portano all’impoverimento dei suoli: bisogna lavorare in modo adeguato a seconda di dove ci troviamo, apportare sostanza organica”. Un approccio rispettoso e rigoroso che dalla vigna si trasferisce in cantina, dove Viberti adotta una serie di piccoli accorgimenti in grado di fare poi grandi differenze, come la steccatura delle vinacce o l’utilizzo del cemento accanto a legno e acciaio, perché “devi essere bravo in vigna ma anche molto bravo in cantina, per non rovinare quello che hai fatto in vigna”. Il risultato, per quanto riguarda il Barolo, l’espressione più nobile e alta delle uve Nebbiolo, è un vino “in realtà molto più tradizionale di quello che si può immaginare, ma con quel pizzico di modernità che si traduce in una maggior morbidezza e bevibilità”. L’ultimo tassello di quest’impostazione perfezionista è il lavoro sulle annate, sull’esempio dello Champagne, per cui il vino resta in bottiglia quanto il vignaiolo pensa debba restare, anche ben oltre i dettami del disciplinare. “Per quanto mi riguarda il Barolo dopo tre anni non è ancora un gran vino – sentenzia Viberti – a maggior ragione se facciamo estrazioni importanti, come a Casina Bric dove lavoriamo molto sul frutto. Bisogna essere grandi interpreti a livello di annate, perché ogni anno è diverso, e soprattutto bisogna essere molto veloci e molto preparati ad agire, di fronte a eventi climatici estremi e improvvisi”. Il cru aziendale, il Barolo Bricco alle Viole, è adesso sul mercato con l’annata 2016, ben sette vendemmie indietro. In lavorazione ci sono già i due nuovi cru, Fossati e Serra Denari, quest’ultimo frutto di vigne che si spingono oltre i 500 metri. L’annata è la 2020, l’uscita sul mercato, ovviamente, non è stata ancora decisa: valuterà l’enologo. Ma a caratterizzare Casina Bric forse ancor più del Barolo è la produzione spumantistica, rigorosamente a base Nebbiolo. “Purtroppo pochi sanno che Nebbiolo d’Alba Spumante è la terza doc spumantistica più antica d’Italia – sottolinea Viberti – dopo Franciacorta e Prosecco Conegliano-Valdobbiadene. Il Nebbiolo ha nel Dna questa capacità di invecchiare e il risultato è pazzesco, anche nelle bollicine”. E qui però l'altitudine aiuta, ci permettiamo di aggiungere, garantendo quella giusta acidità che è prerequisito fondamentale di ogni buon spumante. Due le versioni prodotte da Casina Bric: un metodo classico fino a 60 mesi e uno Charmat lungo (12-18 mesi) rosé. “Due spumanti varietali, espressione del territorio e non copia di qualcos’altro, ennesima produzione a base di Chardonnay e Pinot Nero”, conclude Viberti, con una neanche troppo velata stoccata all’Alta Langa Docg.