Alta Langa Docg, la nobiltà vinicola piemontese fatta spumante

Denominazione relativamente giovane, questo metodo classico vanta un disciplinare particolarmente rigido e punta sulla forza di un territorio alto-collinare

di LORENZO FRASSOLDATI
1 ottobre 2024
Mariacristina Castelletta e Paolo Rossino, presidente e direttore del Consorzio Alta Langa Docg

Mariacristina Castelletta e Paolo Rossino, presidente e direttore del Consorzio Alta Langa Docg

Piemonte, non solo grandi rossi base Nebbiolo o Barbera. Nel panorama enoico della regione sta crescendo il peso delle bollicine metodo classico Alta Langa Docg, sostenute da uno dei disciplinari più rigidi del settore. Solo due vitigni ammessi, i classici Pinot Nero e Chardonnay, almeno 30 mesi di affinamento, solo bottiglie millesimate, territorio ‘alto’ diviso tra tre province (Cuneo, Alessandria ed Asti), comprese le Langhe, terra di Barolo e Barbaresco.

Denominazione giovane (nata nel 2001), dopo molti anni di ricerche e studi approfonditi, riunisce viticoltori (90) e produttori (80) appassionati e lungimiranti animati da un profondo orgoglio piemontese, uniti da una scommessa: produrre un vino necessariamente importante, che non sarà pronto prima di sei anni dall’impianto dei vigneti. Con l’Unità d’Italia i piemontesi esportarono anche l’arte spumantistica. E questa arte spumantistica – sotto il claim “Alta Langa DOCG: Anima di un Territorio” – ha fatto tappa a Bologna in un road show che interessa le città d’Italia più ‘assetate’ di bollicine top di gamma.

“Siamo qui – ha detto la presidente del Consorzio Alta Langa Docg, Mariacristina Castelletta – per far conoscere a un pubblico qualificato e attentamente selezionato di professionisti del settore Horeca i vini della denominazione in abbinamento ai sapori veri e autentici delle terre alte di Langa”. In tavola le specialità della cucina di Piermassimo Cirio della trattoria Madonna della Neve di Cessole, nell’alta langa astigiana, tra cui gli agnolotti del plin ‘alla curdunà’, cioè serviti appena scolati su un tovagliolo a centro tavola. “L’Alta Langa, per la sua struttura e complessità – spiega la presidente Castelletta - ha una vocazione gastronomica e una grande versatilità di abbinamento, dall’antipasto fino al dessert. Sono grata ed entusiasta del fatto che ci siano sempre più persone interessate alle Alte Bollicine Piemontesi, così speciali e uniche”.

Lo stile comune è la verticalità della beva, stimolata da sapidità e mineralità. Il direttore del Consorzio, Paolo Rossino aggiunge: “Con Alta Langa DOCG si promuove un territorio dove non si faceva viticoltura, ricchissimo di tradizioni, storia, biodiversità, con prodotti di eccellenza da gustare nelle osterie storiche”. L’ambizione della denominazione è di competere ai massimi livelli con i territori di élite del metodo classico italiano, Franciacorta, Trentodoc, Oltrepò Pavese. Per farlo gli 80 produttori si sono dati un disciplinare rigorosissimo: rese bassissime, solo Pinot nero e Chardonnay, almeno 30 mesi sui lieviti, solo millesimati cioè frutto di un’unica vendemmia: ogni bottiglia riporta sempre in etichetta l’anno della raccolta delle uve, legandosi alle particolari caratteristiche dell’annata.

I prezzi di uscita sul mercato si adeguano: minimo 20-22 euro a bottiglia più Iva. Il territorio è tutto alto-collinare, oltre i 250 metri, rimasto intatto nei decenni, dove oltre alla vigna si coltivano le nocciole e si fanno formaggi di pecora e capra. La produzione sta crescendo: nel 2023 ha raggiunto i 3,2 milioni di bottiglie su 455 ettari di vigneti (che arriveranno a 600 nei prossimi 2 anni). Export ancora basso, 10-15%, “ma cresceremo”, assicura il direttore Rossino.