Abruzzo, la rivoluzione del vino incastonato fra mare e monti

di MICHELE MEZZANZANICA -
6 aprile 2023
CITRA_vigne_verso_adriatico_DJI_0695

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Si beve meno, ma si beve meglio. Un adagio che accompagna ormai da diverso tempo il mondo del vino, una massima che nel caso dell’Abruzzo racconta in modo calzante il paradigma di una regione che ha costruito le sue fortune sulla quantità, col rigoglioso Montepulciano che forniva anche i tagli per le cantine del nord Italia, e che adesso si ritrova catapultato tra le più rinomate rotte enologiche mondiali, come testimonia il premio Wine Region of the Year 2022 dell’autorevole rivista statunitense Wine Enthusiast.

Non solo Montepulciano

Un percorso di crescita qualitativa incoraggiato e accompagnato anche dal Consorzio di tutela, come spiega il presidente Alessandro Nicodemi (titolare, con la sorella Elena, dell’omonima azienda di famiglia): “Quest’anno abbiamo tolto il 20% della vendemmia dal mercato, anche per favorire una giusta politica dei prezzi. Si beve meno ma si beve meglio, lo certifica anche l’Osservatorio Nomisma sul mercato del vino: nel 2022 i volumi del Montepulciano d’Abruzzo sono scesi del 4% mentre il valore è salito del 7%”. La valorizzazione dei vini locali passa anche attraverso il riordino dei disciplinari, in una regione dove i vitigni simbolo, il Montepulciano ma anche il Trebbiano e il Pecorino, vengono coltivati ovunque, senza identificarsi con specifiche territorialità. “Abbiamo ristrutturato tutta la disciplina vitivinicola regionale - racconta Nicodemi - e con la vendemmia 2023 finalmente partiremo con l’identificazione in etichetta di quattro macroaree, che fondamentalmente ricalcano le nostre quattro province”.

Colline Teramane

Un indirizzo che riprende quanto fatto a suo tempo dalle Colline Teramane, la prima Docg d’Abruzzo che, fondata nel 2003, festeggia i vent’anni. Un percorso che ha permesso di valorizzare una specificità territoriale di una regione variegata come l’Abruzzo, stretto fra le vette più imponenti degli Appennini e il mare Adriatico, e allo stesso tempo scoprire nuove vocazioni. Una scelta, quella di allentarsi dall’abbraccio omnicomprensivo del padre-padrone Abruzzo, che a suo tempo venne criticata e osteggiata, ma che ora si rivela pionieristica. “All’inizio intendevamo caratterizzare in particolare il Montepulciano - dice Enrico Cerulli (nella foto), tra i fondatori e presidente del Consorzio di tutela delle Colline Teramane, oltre che titolare della Tenuta Cerulli Spinozzi – poi negli anni si è delineata un’altra vocazione, quella verso i bianchi e in particolare il Pecorino, un vino con importanti espressioni aromatiche che cambiano negli anni senza intaccarne la freschezza”.

Cantine sociali

Altro tema centrale in Abruzzo è il rapporto tra le aziende private e le cantine sociali, qui particolarmente numerose e forti. La svolta qualitativa alla fine ha portato benefici a tutti, anche a quest’ultime che, accanto alle bottiglie per la Gdo che rappresentano sempre il loro core business, già da qualche tempo hanno introdotto selezioni di alta gamma e linee bio. È il caso, ad esempio, delle teatine Citra e Cantina Tollo, colossi da centinaia di soci e milioni di bottiglie l’anno che vantano numerosi premi della critica e un florido mercato estero.

Altura

Tra le aziende private del nuovo corso abruzzese, invece, spicca Inalto, un nome che è un manifesto: si producono solo vini d’altura, tra i 400 e gli 800 metri. A fondarla, nel 2015, il giovane Adolfo De Cecco (nella foto), erede dell’omonima famiglia della pasta che al grano duro ha preferito gli acini. I vigneti, rigorosamente autoctoni con la classica triade Montepulciano-Trebbiano-Pecorino, sono in provincia de L’Aquila, in una delle poche zone d’Abruzzo senza una massiccia presenza della vite. Una grande scommessa per un grande obiettivo: “Voglio francesizzare il Montepulciano, ma senza spersonalizzarlo”. Per farlo, ha trascinato ai piedi del Gran Sasso Thomas Duroux, il celebre enologo bordolese che, in Italia, ha firmato anche alcuni Ornellaia. Al momento sono disponibili solamente i vini dai terreni di Ofena, rilevati e rilanciati da una preesistente azienda (“non riuscivo ad aspettare, volevo fare esperimenti”), mentre tra fine anno e inizio 2024 arriveranno sul mercato i primi cru.