Via degli Abati, la Francigena di montagna: 200 chilometri tra fede, storia e natura

di MARINA SANTIN -
21 gennaio 2024
Bobbio

Bobbio

La Via degli Abati, conosciuta anche come Francigena di montagna, è un antico itinerario che, lungo la Val Trebbia, attraversa luoghi di fede particolarmente suggestivi, borghi dal fascino senza tempo e paesaggi unici dalla natura incontaminata.

La storia

Il percorso risale all'epoca alto-medievale, più precisamente al periodo della dominazione Longobarda, ed era utilizzato principalmente dai monaci del monastero di San Colombano di Bobbio per arrivare a Roma e dai pellegrini nord europei e irlandesi che nel loro viaggio includevano un sosta a Bobbio per visitare la tomba di San Colombano, abate irlandese fondatore dell’abbazia. Questo, prima che la Via Francigena di Monte Bardone (oggi Cisa), rimasta per molto tempo sotto il controllo bizantino, prendesse il sopravvento sulle antiche vie di commercio e pellegrinaggio. Inoltre, fu anche un’arteria di comunicazione tra Lombardia e Toscana, favorendo legami economici e politici, come testimoniano ancora oggi i resti di torri, castelli e altre architetture difensive.

Il percorso

La fortezza di Bardi

Lungo i suoi 190 km complessivi (piuttosto impegnativi e con un notevole dislivello), la Via degli Abati attraversa parte del territorio provinciale di Pavia e l'Appennino tosco-emiliano nelle province di Piacenza, Parma e Massa Carrara e si snoda tra mulattiere, carrarecce e sentieri che solo in piccoli tratti lasciano il posto a strade asfaltate. Riconosciuta come Cammino nell’Atlante dei Cammini Mibact (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo), è nota anche per la manifestazione sportiva 'The Abbots Way', una delle più importanti ultra-maratone nella natura (con solo il 10% circa del percorso asfaltato), istituita per la prima volta nel 2008 e tuttora esistente. LEGGI ANCHE - Dall’Oltrepò alla Liguria attraverso la Via del Sale

Bobbio

La cattedrale di Santa Maria Assunta a Bobbio

Si parte da Bobbio, uno dei borghi più belli d’Italia, che merita davvero di essere visitato. Conosciuto fin dal Medioevo come la 'Montecassino del nord' per la fama della sua abbazia fondata nel 614 da San Colombano, fu uno dei principali centri culturali e spirituali della penisola. Dei fasti di un tempo conserva ancora l’atmosfera medioevale, fatta di viuzze stette, case in sasso e palazzetti signorili che, assieme ai paesaggi suggestivi della Val di Trebbia, ne fanno una delle principali località di vacanza del Piacentino. Da non perdere, il Ponte del Diavolo, un antico ponte “gobbo” dal profilo irregolare che attraversa il fiume Trebbia, legato alla leggenda dello scontro tra San Colombiano e il diavolo; l'Abbazia di San Colombano, uno dei più importanti centri monastici d'Europa che, caratterizzata da uno splendido mosaico pavimentale, nella sua cripta custodisce il sarcofago di San Colombano; il Museo dell’Abbazia, con reperti che spaziano dai primi secoli dell’era Cristiana alla metà del XVI secolo; la cattedrale di Santa Maria Assunta, documentata già nel 1075; la piazza del Duomo, con i suoi palazzi signorili; e il Castello Malaspina, che domina la parte alta della città. Prima di mettersi in cammino, d’obbligo assaporare i piatti della gastronomia locale: i maccheroni alla bobbiese, ancora oggi preparati con il ferro da calza e cucinati con il sugo di stracotto, le lumache alla bobbiese, il bracchettone di Bobbio e il croccante, tutti con certificazione De.Co (Denominazione Comunale) che ne attesta l’origine locale e la genuinità. Non mancano poi le specialità tipiche emiliane come i Salumi Dop Piacentini (la Coppa Piacentina, la Pancetta Piacentina e il Salame Piacentino), da assaporare in abbinamento con gli ottimi Vini dei Colli Piacentini Dop.

Coli e la Val Trebbia

Lasciata Bobbio, si raggiunge Coli, un piccolo centro montano, arroccato su un promontorio tra la valle del torrente Curiasca e le pendici del monte S. Agostino, immerso nella natura tra il verde delle pinete e i boschi di castagni. Incastonato nel passaggio che si snoda tra la Val Trebbia e la Val Nure, una zona dal ricco patrimonio storico e artistico, è un luogo di grande suggestione. A partire dalla spelonca di San Michele, un anfratto roccioso dove San Colombano era solito ritirarsi e dove, secondo la leggenda, morì il 23 novembre 615. Meta di pellegrini sin dall’Alto Medioevo, dal 2003 è ridiventato un luogo di culto con la riconsacrazione ufficiale. Proseguendo nel percorso si raggiunge la Sella dei Generali, un altipiano tra le due valli che offre un panorama unico sull’Appennino e consente di svalicare sulla Val Nure, scoprendo una natura ancora incontaminata immersa nel silenzio e nella quiete.

Scollinando in Val Nure

Da qui si raggiunge Nicelli, con i resti di un’antica casa torre della casata che diede il nome alla località, perfetto esempio dell’architettura medievale. Proseguendo lungo la variante, si arriva a Farini comune particolarmente vivace nel periodo estivo, quando nelle frazioni si svolgono feste, fiere e sagre, soprattutto a sfondo enogastronomico. Qui infatti, oltre ai piatti tipici della tradizione piacentina si possono gustare moltissime ricette preparate con la patata di montagna di Mareto (prodotto De.Co. di Farini), come gli gnocchi, il pane e, soprattutto, la Torta di Patate De.Co., nata per riutilizzare le patate rovinate durante la raccolta. Molto laboriosa da preparare e quindi difficile da trovare, invece, la Mariola, un salame (presidio Slow Food), dal sapore intenso e dal ricco profumo, ottenuto delle parti nobili del maiale che deve stagionare per 6-10 mesi. Farini è un paese di origine recente, ma i suoi dintorni sono costellati villaggi, chiese, torri e castelli di origine medioevale, posti a dominio del territorio e delle antiche vie. LEGGI ANCHE - La Via dei Monti (o de Pontremolo): cammino storico tra Levanto e Pontremoli

Civiltà montana

Cavalli bardigiani al pascolo

Dopo Farini, passando per Groppallo, il percorso si snoda sull’Appennino piacentino fino al passo di Linguadà. Prima d raggiungerlo, è possibile scegliere di percorrere una variante panoramica e impegnativa che conduce al Monte Lama (1.345 metri), la più grande placca di diaspro dell’Emilia Romagna, sede di numerosi ritrovamenti di età Paleolitica. Dalla sua cima, nelle giornate terse si può godere di una splendida vista sugli Appennini e sulle Alpi e ammirare i cavalli bardigiani al pascolo. Proseguendo dal passo di Linguadà, si giunge a Bardi, un importante borgo di montagna a circa 60 km da Parma. Situato alla confluenza tra i torrenti Ceno e Noveglia, è dominato dall’imponente mole della sua fortezza, notevole esempio di architettura militare che si erge su uno sperone di diaspro rosso e che oggi accoglie il Museo della civiltà valligiana e il Museo del bracconaggio e delle trappole. Da visitare anche la Chiesa parrocchiale di Santa Maria Addolorata, costruita nel 1934 in stile ravennate, che custodisce una pala del Parmigianino, 'Lo sposalizio mistico di Santa Caterina', detta anche Pala di Bardi.

Borgo Val di Taro

Da Bardi si riprende il cammino lungo la Via degli Abati alla volta di Borgo Val di Taro. Il percorso che attraversa la Val Noveglia qui cambia nome e diventa Via dei Monasteri perché percorrendolo si possono incontrare molti edifici religiosi, come l’antico Monastero di Gravago, un maniero medioevale di cui oggi sono rimaste esclusivamente le rovine. Con la tappa a Borgo Val di Taro, spesso chiamato Borgotaro, i 190 km delle Via sono stati quasi interamente percorsi. Collocato a cavallo di tre regioni (Emilia Romagna, Liguria e Toscana), è considerato la capitale dell’alta Val Taro. Il suo centro storico accoglie i resti di un antico castello (di cui rimangono solo le mura), la chiesa romanica di Sant’Agostino, del 1200, che custodisce al suo interno un organo Serassi tuttora funzionante, e l’antico Palazzo Boveri, dove soggiornò la regina di Spagna Elisabetta Farnese, ma il vero vanto del paese (inserito nel circuito delle CittàSlow), è il fungo porcino, fregiato del marchio Igp e protagonista delle gastronomia locale. Da qui, attraverso il Passo dei Due Santi, si raggiunge Pontremoli dove la Via degli Abati finisce, ricongiungendosi al tracciato della Via Francigena.