Un giorno da pescatore di cozze: il turismo lento sul Delta del Po

di MONICA GUZZI
24 giugno 2023
deltacopertina

deltacopertina

Un grande orto di mare tutto da gustare, in barca, in bicicletta e soprattutto a tavola. Protagonisti i frutti di un territorio unico, quello del Delta del Po, dichiarato nel 2015 riserva di biosfera Mab Unesco e ormai meta imperdibile di chi ama il turismo lento, nella quiete della laguna, fra tramonti mozzafiato e  animali da cartolina. Se i fenicotteri rosa sono il biglietto da visita della Camargue d’Italia, non tutti sanno che qui si possono trovare 384 specie di volatili diversi, dall’aquila imperiale all’ibis egiziano, fino alla ghiandaia di mare. Non per niente siamo sul 45esimo parallelo, a metà strada fra Polo ed Equatore, e la laguna diventa un facile e comodo autogrill per le traversate dei volatili dal freddo al caldo.

Andamento lento

Un paesaggio che trascolora dalla laguna alle valli da pesca, dalle risaie al canneto, dal mare e la spiaggia alle pinete e al fiume. Qui si può fare cicloturismo lungo gli argini, su lunghe strade disegnate nel paesaggio, con la laguna su un lato e il territorio coltivato, rubato all’acqua dalle pompe idrovore, sul lato opposto. Un paesaggio da visitare in barca, o pedalando, o ancora da conoscere facendo birdwatching.

Il campo di lavanda

C’è persino un campo di lavanda di tre ettari, un sogno diventato possibile grazie alla visione di Micaela Friso, che ha acquistato nella zona di Ca’ Mello, vicino a Porto Tolle, un campo coltivato a grano, trasformandolo nel marchio “Lavanda polesana”. “Qui respiro emozioni di pace, ho pensato subito alla lavanda”, racconta lei. Una coltivazione impegnativa che la impegna undici mesi l’anno (tranne dicembre) a lottare contro le erbacce e che ora dà i suoi frutti: sacchettini profumati, olii essenziali, cosmetici, ma anche esperienze come lo yoga tra la lavanda e altri eventi.

I prodotti tipici

La Sacca di Scardovari è un grande orto dove si producono vongole, cozze e ostriche, autentiche eccellenze  allevate fra la laguna e il mare da un consorzio, quello dei pescatori del Polesine, che riunisce 1500 addetti per un fatturato annuo di 60 milioni di euro. Se le vongole veraci, “l’oro bianco” del Delta, rappresentano il 70 per cento della produzione, l’ostrica rosa è l'eccellenza della miticoltura moderna, grazie a un sistema di allevamento, Tarbouriech, che simula le maree e sfrutta le energie rinnovabili attraverso pannelli fotovoltaici che garantiscono l’immersione e il ritorno all’aria e al sole delle ostriche.

La Dop della laguna, la Cozza di Scardovari

E’ la prima ad avere ottenuto dieci anni fa la certificazione della Denominazione di origine protetta, un prodotto dal sapore inconfondibile grazie alla bassa salinità delle acque in cui viene allevato e particolarmente appagante a tavola, poiché per disciplinare il 25 per cento del suo peso è tutto polpa. I numeri lo rendono ancora un prodotto di nicchia: il ciclo vitale dura un anno, ma il prodotto fresco si raccoglie solo in due mesi (quando l’acqua supera i 30 gradi la magia finisce), tant’è che nel 2022 su 25mila quintali di cozze prodotte solo un migliaio ha avuto il marchio Dop. Una prelibatezza che viene venduta nelle pescherie e che si può gustare sulle tavole dei ristoranti. Proprio in questi giorni il Consorzio tutela della Cozza di Scardovari Dop ha annunciato l’inizio della commercializzazione della nuova annata. Chi vuole gustare la cozza italiana al 100 per cento deve correre, perché   il tempo rema contro. “In un momento in cui è sempre più difficile preservare gli ecosistemi, con le difficoltà dovute al cambiamento climatico che ha modificato notevolmente la stagionalità del prodotto, la nostra comunità è costantemente impegnata nella salvaguardia dei fattori naturali e della biodiversità, dando vita a un prodotto di qualità ma anche sostenibile, con la minore impronta di carbonio”, dice Paolo Mancin, presidente del consorzio.

L’ittiturismo, un giorno da pescatore

Esperienze a contatto con l’acqua: ittiturismo e pescaturismo sono un’occasione per conoscere il territorio staccando la spina dalla routine quotidiana, contro il logorio della vita moderna. Basta rilassarsi e imparare, per esempio affiancando i produttori, a cominciare dall’arrivo in barca ai vivai, dove i pescatori seguono l’evoluzione dal seme alle larve, che si trasformano poi in filari e in grappoli, fino alla raccolta tra maggio e giugno. Da qui le cozze vengono portate nelle cavane, le palafitte sull’acqua, per una prima lavorazione, per poi finire all’impianto di depurazione del consorzio, dove i molluschi vengono purificati, puliti, selezionati e confezionati per la cucina e la tavola.

Dall’acqua alla tavola

Quest’anno il consorzio ha prodotto anche un ricettario della Cozza di Scardovari Dop, disponibile online (www.scardovari.org). Il consorzio ha chiesto allo chef Marcello Leoni, che ha iniziato il suo percorso 40 anni fa al Trigabolo di Argenta fino a conquistare la stella Michelin al ristorante Il Sole, di realizzare una raccolta di ricette semplici ma originali, con trucchi e idee utili anche ai dilettanti dei fornelli, spaziando dall’impepata di cozze agli spaghetti. Chi preferisce invece mettere subito le gambe sotto il tavolo, può  gustare i tesori della laguna all’Ittiturismo Santa Maria o al Porticciolo, sulla Sacca di Scardovari.